Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: assoparkss

Alcune testimonianze rese da donne parkinsoniane


Queste sono alcune delle preziose e straordinarie testimonianze rese da donne parkinsoniane sabato 21 Settembre 2019 durante il convegno tenuto ad Alghero dal titolo “La signora Parkinson”.
Le testimonianze hanno reso unico ed incomparabile l’evento.


Maria 

Buongiorno e buon lavoro a tutti. Sono molto emozionata, non é facile parlare dei propri sentimenti, dei propri affetti, delle proprie paure, delle proprie debolezze; con voi mi sento serena e ci proverò.

Io sono diventata Signora Parkinson ufficialmente circa quattro anni fa.

I primi dubbi iniziarono quando le mani di mio marito Paolo e le braccia tremavano compulsivamente e inspiegabilmente tra cambio e il volante dell’automobile. Vai dal medico, che fa la diagnosi e scatta l’incredulità; ti chiedi il perché ma ti proponi di reagire. Inizi a informarti, chiedi, cerchi tra i tanti dubbi e incertezze. Finalmente trovi il medico specialista di questa malattia sperando di aver subito risultati positivi. Per tutti noi dottor Paulus che, per quel che mi riguarda, é un punto di riferimento anche umano. E’ come se facesse parte della famiglia, ci sprona, incoraggia e, quando necessario, ci consola e anche ci sgrida. Un grazie sentito da parte mia.

Intorno hai tante persone care che ti consigliano, ti chiedono, ti aiutano e anche ti rimproverano. In alcuni momenti mi sento in colpa, inadeguata, incapace di reagire o capace di reagire in maniera sconosciuta, non consueta, ad esempio con rabbia; perché tu non sei più tu. Ti chiedi chi sei, dove sei, che cosa potresti fare ancora, le tue paure le chiudi in un angolino perché non hai più la forza e la volontà di condividere nulla, ti senti nuda.

Sai che l’ammalato é tuo marito, sai che la malattia inattesa ha vigliaccamente aggredito lui, ma anche tu, cioè io, mi sento preda di quel male.

In alcuni momenti ti vene di chiedere aiuto, di avere affetto, coraggio, mai compassione, di avere un pò di gratitudine per quello che fai e se non c’é, inconsapevolmente, ti viene da dire basta. Poi invece, ritrovi te stessa e ricominci a lottare, piano piano, si riesce a ritornare come prima o quasi. Si trovano nuovi equilibri, nuove forme di coinvolgimento fisico ed emotivo, di condivisione dei sentimenti, delle paure, delle gioie, come spesso per fortuna succede da noi, dentro l’associazione.

Certo la malattia, la stanchezza, la rabbia, il sentimento di malinconia sono costanti insieme alla paura di quello che sarà domani. C’é però sempre da parte mia la speranza che la ricerca, la scienza , le istituzioni sanitarie e amministrative diano una mano per lenire il disagio, il dolore che accompagna i nostri ammalati.

Cerchi comunque energie nuove, il tempo passa e tutto questo mi farà crescere e maturare dentro. Mi auguro che la malattia prima o poi subisca un grande ko.

Grazie a Tutti, buon lavoro, forza paris.

Maria


Adelaide 

Nel 2006 mi è stato diagnosticato il morbo di Parkinson. Si è manifestato con tremore alle mani e alle gambe ed una certa instabilità.

La mia prima preoccupazione è stata accertarmi che non fosse una malattia mortale ; una volta che sono stata tranquillizzata in merito, con l’impegno ad assumere quotidianamente dei farmaci, mi sono convinta che ci avrei dovuto convivere nel modo più tranquillo possibile.

Le preoccupazioni sono state tante, non ultima quella della cura del mio aspetto fisico . Ciò   può apparire poco importante, ma non per me, che ho sempre tenuto ad essere ordinata sia nei capelli che nel trucco ed ovviamente nell’abbigliamento.

Non volevo apparire la malata che suscita pietà, non fa per me e ho deciso di combattere con tutte le mie forze col mio nuovo nemico .

Inizialmente per queste esigenze mi sono venute in aiuto mia figlia e mia nuora che, dopo aver accompagnato i figli a scuola , venivano a casa nostra e si occupavano del mio trucco e parrucco; del resto si occupava mio marito.  In questo modo io mi sentivo a mio agio e ciò mi ha aiutata tanto ad affrontare i problemi legati alla malattia.

Mio marito, però, non si è perso d’animo e osservando le manovre delle ragazze ha imparato ed oggi è lui il mio truccatore e parrucchiere di fiducia.  Naturalmente lui è contento di rendersi utile  anche in questo oltre che in tanti altri bisogni quotidiani.

Posso  dire che abbiamo raggiunto un certo equilibro e collaboriamo reciprocamente nella  nostra quotidianità .

Devo ringraziarlo molto per la tranquillità e la sicurezza che sempre riesce a darmi.


Josè

Quando ho cominciato a frequentare il gruppo dell’ Associazione mi sono trovata subito bene. E’ un piacere vedere che negli anni l’associazione è cresciuta arricchendosi di attività interessanti e molto utili ed efficaci per chi soffre di questa patologia.

Per me in particolare il canto mi fa bene. Il canto è stato una sorpresa! Ho fatto parte della corale dell’ UTE e successivamente anche di un’altra corale per più di 20 anni, dalla quale ho deciso di ritirarmi quando la malattia ha iniziato ad essere più aggressiva. Quindi mi ha fatto piacere poter riprendere la mia passione! Nonostante la mia voce ora vacilla…..

E’ entusiasmante cantare insieme al gruppo, alcune canzoni in particolare come ad esempio Dimonios. Anche grazie alla guida del bravo e paziente ( e per di più bello!!! ) maestro Fabrizio.

Per alcuni di noi il ballo è un vero toccasana, alle prime note di un liscio si vedono persone

che si alzano e danzano leggere mentre nella quotidianità quasi non riescono a camminare.

Nel gruppo c’è una bella intesa!

Il supporto della famiglia è importante e ringrazio di avere due figlie ( una delle quali vive con me e mi SUPPORTA/SOPPORTA 24 ……. ehm anzi 36 ore su 24!!!) che mi aiutano.

Ho 5 nipoti e 6 pronipoti che mi chiamano Nonna-Bis e anche se non li vedo spesso quando li sento per telefono e mi dicono “ Ciao nonna-bis” sento la dimostrazione del loro affetto.

Nella mia esperienza personale è molto importante fare cicli regolari di fisioterapia e logopedia che aiutano a muovermi e a comunicare meglio. Nelle nostre condizioni si spera che la medicina raggiunga livelli superiori di cure!

Mi dispiace non poter essere presente a questo convegno…. purtroppo i miei attacchi forti di agitazione e ansia non mi permettono di stare a lungo fuori di casa!

Un cordiale saluto, Josè.


Ninetta

In riferimento all’incontro con Mr. Parkinson ognuno di noi ha la propria storia da raccontare, infatti, la malattia non colpisce tutti allo stesso modo e anche l’età varia. Non sempre si manifesta nell’età adulta, ma una cosa è certa, quando il morbo aggredisce, la strada diventa sempre più in salita.

Il mio primo sintomo fu la perdita dell’olfatto che, però, sottovalutai; non avrei mai potuto immaginare che potesse essere un segno premonitore della malattia. Per quasi due anni ignorai il problema; poi arrivò il tremore e la rigidità muscolare e, solo allora, venni sottoposta ai controlli necessari il cui risultato evidenziò la terribile patologia.

– Ce la farò! – mi dicevo

Passavano le settimane, i mesi ma, nonostante i farmaci, i progressi erano minimi. Ero avvilita, divorata dal senso d’impotenza, mentre avrei avuto bisogno di rilassarmi ed avere un atteggiamento più ottimista. Dopo qualche tempo entrai a far parte dell’associazione: la fisioterapia, il canto, l’attività teatrale, nonostante la persistenza dei sintomi, mi furono di grande aiuto. Stare con gli altri mi dava la possibilità di cogliere ogni segnale positivo, pur nella consapevolezza dei numerosi disagi che accompagnavano me e gli altri. Condividevamo il nostro stato d’animo, soprattutto, quando accadeva di sentire notizie su un sistema sanitario inadeguato che metteva in difficoltà il medico ma soprattutto  il paziente.

A compensare, in parte, le mancanze del sistema sanitario c’ era lo spirito di condivisione che ho verificato fin dal primo momento nell’associazione e che continuo a sperimentare anche ora. Una condivisione, la nostra, non solo nella sofferenza e nei disagi, ma soprattutto nella voglia di andare avanti.

Perciò ognuno di noi si riconosce negli altri e trova in questa vicinanza lo stimolo a non arrendersi. Come dire, è la nostra, una famiglia allargata, stare insieme ci aiuta a trascorrere ore serene e a farci coraggio a vicenda. Tutto ciò contribuisce alla produzione della dopamina, la sostanza responsabile del  controllo dei movimenti.

Questo ci aiuta ad andare avanti, ad avere fiducia nella ricerca che speriamo possa, quanto prima, debellare Mr. Parkinson.


In memoria di Giovanni Maresu :: Franco Simula


Sembrava vendere salute quando spuntava dalla porta d’ingresso del

salone dei nostri incontri, accompagnato dalla moglie Maddalena

vigile custode, care-giver fedele di ogni suo spostamento. Perché il

Parkinson, nel suo infido polimorfismo, aveva aggredito Giovanni

interessando il centro dell’equilibrio e costringendolo a rovinose

cadute all’indietro. Il suo fisico era tozzo e forte ma non poteva

reggere a lungo al ripetersi di tali dannose cadute: infatti l’ultima gli è

stata fatale.

Da tranquillo impiegato nella 4° circoscrizionale del Comune di

Sassari è transitato direttamente alla malattia: senza ferie, senza

sereno periodo di meritato riposo

Giovanni aveva una maniera originale tutta sua personale di

esprimere la sua simpatia che manifestava soprattutto nell’ora del

canto che gli piaceva tanto. Spesso, quando nessuno se

l’aspettava, con voce possente e appassionata intonava la canzone che

certamente riscuoteva il suo più alto gradimento:” No potho reposare

amore ‘e coro”. Qualcuno lo seguiva nel canto, qualche altro sorrideva,

e Giovanni si meravigliava che tutti gli altri non si unissero al canto

facendo coro con la canzone d’amore più bella di Sardegna.

Spontaneo e innocente in alcune sue manifestazioni nei rapporti

sociali. Una sera mi notò addosso un paio di bretelle:”Che belle queste

bretelle le vorrei anch’io”. Nel giro di ventiquattro ore venne

accontentato con grande sua soddisfazione. Una soddisfazione

ingenua da bambino.

La scomparsa di Giovanni ci ha profondamente commossi anche

perché avvenuta in maniera inaspettata e tragica.


ANCORA DALLA MURAGLIA :: Franco Simula


A uno slargo dei Bastioni di Alghero, occupati in parte da desueti cannoni e catapulte spagnole, non approda solo Barabba per deliziare i passanti con le gradevoli note della sua chitarra che il prossimo mese, esporterà con le sue melodie in quel di Barcellona; ai Bastioni, o meglio alla “Muraglia”,così denominata dagli algheresi, confluiscono molti altri personaggi, amanti della musica, che si esibiscono per il solo piacere di rendere meno insopportabili a sé e agli altri queste calde giornate di afa agostana.

I più assidui frequentatori della ormai nota “postazione ” musicale della Muraglia sono: il versatile Louis Doppio che sa suonare e cantare qualsiasi tipo di canto in lingua sarda; è una guida turistica poliglotta che incanta i passanti cantando soavemente in spagnolo, in napoletano in romano Ma non è solo. Spesso lo accompagna Pietro, meglio noto come “il Conte” per il suo portamento sussiegoso. Bravo chitarrista anche da solo, talvolta mal s’adegua a far da “spalla” a qualcuno e non già per carenza di talento ma solo perché arriva tardi all’incontro. La terza chitarra è Armando: l’osservatore silenzioso che quando si scatena sulle corde della chitarra è inarrestabile.

Il trio è stato ribattezzato “il trio delle meraviglie” per l’intesa e l’affiatamento che tre “prime donne” riescono a raggiungere quando sono motivati dall’ispirazione ritmica della musica, o quando riescono a “temperare” le corde vocali con qualche bicchiere di birra.

Al trio si uniscono anche Tore e Paolo con qualità artistiche più che accettabili certamente con meno pretese da prime donne, il che non guasta in un gruppo che ha necessità più di coesione musicale che di fughe solitarie. Tore e Paolo, entrambi caratterialmente tranquilli suonano rispettivamente le nacchere e la batteria e riescono ad ottenere un amalgama convincente con le tre chitarre guidate dall’estro libero dei chitarristi.

La notte del 24 agosto. la Muraglia e il suo popolo composto da residenti e “accudiddi”, ha vissuto una serata memorabile. Le tre chitarre, un po’ all’unisono, un po’ affidandosi istintivamente al personale caos ritmico accompagnate dalle calde e palpitanti cadenze di nacchere e batteria hanno creato un’atmosfera di così intenso coinvolgimento che un gruppo di ragazze spagnole si è lanciato in un ballo sfrenato che ha trascinato Louis ed altri in una improvvisata e bellissima coreografia da festa paesana. Il ballo tzigano scaturito spontaneamente da una musica che appariva caotica ma aveva un’efficacia così trascinante che molti spettatori incuriositi si erano improvvisamente trasformati in abili ballerini.Intanto Paolo, per un attimo, aveva ceduto la batteria a un batterista milanese – Alessandro che in men che non si dica era entrato in ” trance” suonando la sua musica prediletta, mentre Tore, dimenticando per qualche ora i suoi problemi suonava le nacchere con un ritmo e un’intensità da giocoliere. Come gli prescrive il suo medico curante.

Il tanto vituperato popolo della MURAGLIA si era preso la sua splendida rivincita suonando istintivamente – attraverso alcuni artisti da strada – bellissime musiche scaturite spontaneamente dal cuore.

E se questi giovani avessero avuto uno spazio adeguato invece della strada che cosa sarebbero stati capaci di fare?

Franco Simula


 

Barabba :: Franco Simula


BARABBA

27 Luglio 2019, ore 24. Piazza Santa Croce è deserta, silenziosa. Sembra offrire uno scenario irreale, completamente diverso da quello che si gode tutte le sere quando è animata da mille passanti che, come formichine impazzite si scontrano, si fermano, cambiano direzione, salgono sul bastione a “difendere le mura della città da possibili attacchi pisani o genovesi”. Mezz’ora fa si è scatenato un violento temporale che, come per incanto, ha ripulito tutto ciò che c’era di superfluo e di sporco stratificato. Cessata la tempesta, l’aria è diventata fresca, tenera, inebriante, amica, completamente diversa dall’afa opprimente dominante fino a poco prima. Nonostante il bel fresco, la passeggiata si era interrotta per la pioggia battente e improvvisa, annunciata ripetutamente nel corso della serata con tuoni e lampi in lontananza. Solo qualche coppia di amanti della natura aveva deciso di sfidare la possibile ripresa dell’acquazzone perché nel cielo non si vedevano stelle, e ogni tanto qualche bagliore brillava in lontananza. Intanto un signore, solitario, incede nella piazza e realizza in un attimo che gli appartiene tutta, tutta per sé, padrone della piazza. Tasta con la mano una sedia di ferro semibagnata, sembra che vada bene: si accomoda tutto soddisfatto, finalmente può iniziare il complesso ma piacevole rito del caricamento della pipa e della sua accensione. Occorrono effettivamente alcuni tentativi prima che l’uomo, finalmente soddisfatto, cominci a tirare lunghe boccate. Si intravedono ampie volute di fumo dissolversi lentamente nell’aria ancora umida di pioggia. In lontananza si sente la voce di qualche cameriere che smonta dal lavoro e passa frettoloso attraverso i vicoli. A mezzanotte, dopo un violento temporale, questa è la solenne quiete che regna in piazza Santa Croce. Intanto, non smette di attirare la mia attenzione l’uomo solitario che finalmente gode il fumo della propria pipa. Ma chi è? Mi sembra di conoscerlo, nella penombra. Mi sembra Pietro Ledda, alias “Barabba”. No, non è lui, anche se assomiglia.

Pietro Ledda “Barabba”

Il Barabba vero ha l’aspetto di un patriarca biblico: alto di statura, viso altero e squadrato, sguardo fiero, ammaliante e volitivo, tipico delle guide e degli uomini avvezzi al comando. Capelli lunghi raccolti a crocchia sopra la nuca, abiti bianchi e fluenti, come i mantelli dei tuareg del deserto. Nel suo complesso il fisico appare possente, anche se si appoggia ad un bastone nodoso, di ginepro, lavorato a mano, e formato da due rami intrecciati che sembrano due serpenti avvinghiati in un interminabile amplesso d’amore. Dove abita Barabba? In una casa di pochi metri quadri del centro storico di Alghero. Troppo piccola per un talento come il suo, che di una casa di dimensioni più ampie avrebbe fatto una casa del canto e del suono, dove certamente avrebbe offerto ospitalità alla voce dolce e garbata di Claudia Crabuzza, donna dal carattere mite che ben si lega col temperamento forte di Barabba.

Claudia Crabuzza

Come Diogene si accontenta di vivere in uno spazio poco più grande di una botte ma dove c’è di tutto: dall’arpa in restauro ai minuscoli vetrini ricuperati nel “solaio” che è la mini-spiaggia riservata degli abitanti della “muraglia”. Accanto al numero civico, una targhetta con la scritta “Aquì vive un mùsico”. Non basta scriverlo per esserlo, ma lui, Barabba, lo ha scritto perché lo è. Infatti suona con disinvoltura la chitarra e in contemporanea anche l’armonica, che -a tratti, però- deve accantonare per poter cantare con Claudia le belle canzoni algheresi. Suona anche l’ocarina e il violino, e quando avrà pronte le corde suonerà anche l’arpa. Un particolare che colpisce chi osserva Barabba è l’originale e fantasiosa foggia nel vestire: indossa con disinvoltura il saio del patriarca biblico o del pastore nomade del deserto, o una grande paglia nera, rotonda, a falde larghe, somigliante molto a Morgan, corsaro del Settecento. E tutto indossa con gran disinvoltura, come un attore consumato che sta interpretando la parte di protagonista dell’ultimo film. Invece Barabba sta interpretando spontaneamente sè stesso. In effetti leggere Barabba non è semplice, perché è in grado di interpretare oggi un personaggio e domani il suo contrario. Barabba. Da dove viene questo soprannome? Intanto gli è stato affibbiato per caso, come conseguenza di una delle sue trovate che nascevano nella mente vulcanica di Pietro. Durante il periodo dell’adolescenza Pietro frequentava, come tutti i suoi coetanei, d’altronde, la bella chiesa di San Francesco in stile gotico-aragonese. La frequenza della chiesa non era connessa a particolari devozioni da parte di Pietro, oh, manco per sogno!, ma alle svariate attrattive organizzate da Padre Simone, un frate del convento che aveva messo su un oratorio per ragazzi perfettamente funzionante. Non solo con ping-pong e calcio-balilla, ma soprattutto con una sala cinematografica. Il sogno di Pietro Ledda. Che a dire il vero era il più vivace dei ragazzi ma in tutti i sensi: non solo nell’architettare monellerie, ma nella scelta della varietà dei giochi. Un giorno Pietro ne combinò una grossa: mentre Padre Simone sorvegliava i ragazzi leggendo mezzo distratto una rivista, Pietro, approfittando di questo momento di rilassamento, con una funicella legò i sandali del frate a un banco su cui sedevano alcuni ragazzi, che a un tratto avevano cominciato a lamentarsi perché qualcuno aveva lanciato dell’erba puzzolente. La programmazione della serata prevedeva la proiezione del film “Barabba”. La puzza dell’erba aveva scatenato un parapiglia fra i ragazzi. A questo punto anche padre Simone provò ad alzarsi dalla sua postazione per ristabilire un po’ d’ordine, ma suo malgrado si trovò intrappolato con i sandali legati ad un banco. Padre Simone in un attimo capì tutto, e anche Lui perse la pazienza e andò in escandescenze: “Questo è stato Pietro Ledda! Barabba, maledetto Barabba!”. Così nacque un secondo Barabba, meno famoso del primo che se l’era giocata con Gesù Cristo e aveva vinto. Mentre Pietro Ledda aveva avuto la piccola soddisfazione di fare uno scherzo un po’ pesante al povero padre Simone. Dio l’abbia in gloria. Prima di morire chiese di parlare con Barabba. Venivano cancellate in un attimo tutte le marachelle che aveva combinato a padre Simone in tanti anni.

(franco simula)

L’Invettiva al demone ( Mr. Park ) :: G.B.

L’INVETTIVA

Nelle notti immote, quando  per la  TUA perfidia

non arriva il giusto riposo, con la mente,

ripercorro i sentieri aspri dove mi hai confinato,

così sgorga veemente la mia più feroce  INVETTIVA :

Da vigliacco quale sei , silenziosamente,

con movenze  feline,

ti sei insinuato proditoriamente

nelle pieghe profonde del mio essere

col  preciso scopo  di  devastarmi l’anima,

logorando le mie resistenze e straziandomi le membra,

rendendomi  succube del tuo insano progetto,

DEMONE  che sei !

Per riconoscerti ho dovuto faticare anni , subendo

umiliazioni  dal mio corpo che vagava incerto,

senza controllo, alla  tua sola  dipendenza.

Ho passato il tempo a chiedermi  perché ?!

Non trovando alcuna risposta,

ho imparato a conoscere il dolore e la sofferenza

ma non mi sono arreso,

Ti ho confinato nei recessi più remoti  della coscienza

incatenandoti al ceppo dell’ignavia , relegato in catene

per non sentirti e poterti ignorare.

Ma tu,  sei infido come una serpe,  e lo dimostri ogni volta

che le mie resistenze vacillano,  sento che le catene

che ti imprigionano  stridono  e si assottigliano

per il tuo furioso dibatterti,  sento che vuoi ritornare

al  tuo ruolo infame,  per essere ancora padrone del

mio tempo e rendermi giullare nelle tue mani.

Ma  ho imparato a combatterti e la mia volontà

è più forte del tormento che mi infliggi,  e  con  te ,

ingaggerò una lotta cruenta,  combattente armato

di sciabola tagliente per decapitare la tua infamia,

e  non darti vantaggi in questa disputa senza tempo.

Questo,   fino a quando avrò  vita !

Il tuo acerrimo nemico.

IO , Principe del tormento, sentendo i tuoi “finti” propositi,

rido …… e rido fino alle lacrime……Tu, non puoi nulla contro di ME !

Hai ragione,  sono infido, subdolo, infame , ma da RAPACE

quale so di essere, non ti darò tregua , mai ,  e che battaglia sia !

Il tuo odiato compagno !

Continui la tua ignobile  recita ,  stonata , becera,

consapevole di avere i giorni contati, perché  già sai …

che oltre alla mia incrollabile volontà a combatterti,

presto verrai annientato dalla SCIENZA !!!

Ho pronto il tuo epitaffio :  Qui giace l’ INFINGARDO,

che nella sua infame  esistenza   ” visse  seminando veleni”

e  alla fine ” raccolse solo improperi ”

AMEN.

g.b.

Ritorno a scuola :: Giannella Cossi

Sapevamo che sarebbero arrivati, ce l’avevano promesso e hanno puntualmente mantenuto l’impegno.

Sembravano uno stormo di uccellini variopinti decisi a occupare questa tarda primavera con i loro festosi cinguettii.

Erano i bambini della IV e V elementare dell’Istituto Figlie di Maria che nel parco, seduti ordinatamente all’ombra degli alberi, hanno accolto noi anziani Parkinsoniani recitando, emozionati, i propri componimenti poetici, che riportavano le loro riflessioni spesso profonde con la convinzione di interpretare un momento speciale della loro vita scolastica.

Questo era il secondo incontro tra noi e i bambini, che erano rimasti profondamente impressionati dall’incontro con vecchi malati ma pieni di vitalità ed energia, che avevano cantato e ballato insieme a loro, suscitando la loro curiosità a tal punto da chiedere un po’ sorpresi: “Siete vecchi e malati, sapete dirci da dove scaturisce questa vostra vitalità e allegria ?” -“La nostra terapia, oltre a quella farmacologica, è rappresentata dal movimento, dal ballo, dal canto, dallo stare insieme.

Stare con voi oggi ci riporta indietro nel tempo e ci fa sentire ancora giovani, ci contagiate la vostra allegria e ci regala momenti di vita.

Tutto questo, con parole difficili, l’abbiamo chiamato incontro intergenerazionale, ed è stato incoraggiato dal nostro medico e dalle vostre bravissime insegnanti”.

In questo secondo incontro, abbiamo potuto constatare come questa esperienza sia stata vissuta dai bambini: ci hanno accolto come vecchi amici, le loro poesie parlavano della gioia ,dell’allegria dell’aver condiviso con noi momenti giocosi; alcuni componimenti ci hanno commosso fino alle lacrime per la sincerità e profondità di contenuti; e li abbiamo applauditi calorosamente e lodati come meritavano, ricambiando con qualche nostra composizione.

Abbiamo chiuso in allegria, ripromettendoci di incontrarci ancora.

Grazie ai ragazzi, alle maestre e alla loro Dirigente, e arrivederci.

Giannella Cossi


 

Sing Sing Sing seconda edizione di Giannella Cossi

Domenica sera 26 maggio all’Auditorium di via Monte Grappa abbiamo assistito con vero piacere allo spettacolo organizzato dall’Associazione Sing Sing Sing a conclusione dell’anno Accademico degli allievi di canto moderno del Maestro Fabrizio Sanna accompagnati dalla band Black out.
Un gruppo dell’Associazione Parkinson Sassari ha voluto partecipare, numeroso, per assistere all’evento canoro; le esibizioni dei bravissimi cantanti, alcuni dei quali giovanissimi, hanno saputo coinvolgere un pubblico ampio e variegato con un susseguirsi di belle interpretazioni, frutto della guida paziente e appassionata di Fabrizio Sanna, che noi dell’Associazione conosciamo bene: infatti ha formato e diretto il nostro coro “Volare si può” ed è riuscito nell’arco di due anni a trasformare una moltitudine poco disciplinata in un gruppo ordinato ed affiatato.
A lui vanno il nostro affetto e la nostra gratitudine per la generosità dimostrata anche nel devolvere a nostro favore una quota dell’incasso dello spettacolo, ma sopratutto per averci regalato tanti momenti di aggregazione e di autentica allegria.