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COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (3) di Kai S. Paulus

tempio greco

(il seguito di COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA e COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2))

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, il disturbo la disfagia è un sintomo molto complesso e pericoloso. Ma è possibile curarla, o, ancora meglio, prevenirla?

Vediamo che cosa può fare la persona con disfagia:

Esistono delle regole comportamentali che ogni persona interessata può rispettare per prevenire, o comunque ridurre, le drammatiche conseguenze del disturbo della deglutizione:

Dopodiché c’è la squadra paziente-famiglia-medico che deve collaborare:

Con questi comportamenti possiamo già evitare tante problematiche e mantenere una soddisfacente qualità di vita.

Per i casi più importanti esistono delle terapie riabilitative e mediche:

Alla fine, se il rischio delle complicanze, quali soffocamento e/o polmonite, è troppo elevato, si può procedere, per un breve periodo, con il posizionamento di un sondino naso-gastrico, oppure, per tempi più lunghi, di quello della gastrostomia endoscopica percutanea, PEG. Queste procedure non sono sempre ben accettate e tollerate, ma, garantendo la corretta introduzione di cibo, liquidi e farmaci, prevengono importanti stati carenziali, quali malnutrizione e disidratazione, e consentendo anche il proseguimento della terapia medica, infine si evita una precipitosa progressione della malattia neurologica e di altre patologie. Però, sia il sondino che la PEG, non proteggono completamento dalla disfagia, in quanto rimane il rischio dell’aspirazione di saliva.

Un altro scenario drammatico è il soffocamento, quando all’improvviso un boccone va “di traverso” ed ostruisce le vie aeree superiori con conseguente emergenza respiratoria.

Illustrazione presa dal web

Per questa urgenza, che spesso avviene a domicilio durante un pasto, è necessario che il familiare e/o caregiver conosca la manovra di Heimlich, che consiste nell’abbracciare da dietro la persona in difficoltà appoggiando il pugno della mano non dominante subito sotto lo sterno e applicando con l’altra mano una serie di improvvise spinte sul pugno, con un movimento inizialmente dentro l’addome e poi verso l’alto, per fare pressione contro diaframma e polmoni facilitando l’espulsione dell’ostacolo.

Questa manovra non porta sempre al successo sperato anche se eseguita da mani esperte, per cui si raccomanda di non arrivare neanche a questa emergenza: una persona affetta da disfagia non dovrebbe neanche introdurre in bocca cibi di consistenza tale da poter ostruire le vie aeree.

Pur diviso in tre parti, non ho potuto trattare tutti gli aspetti della disfagia e ci sono tante difficoltà individuali che differiscono da caso a caso, per cui vi invito a dire la vostra con commenti, critiche e suggerimenti.

Fonti bibliografiche:

Cosentino G, Avenali M, Schindler A, Pizzorni N, Montomoli C, et al. A multinational consensus on dysphagia in Parkinson’s disease: screening, diagnosis and prognostic value. Journal of Neurology 2022, 269: 1335-1352

Gong S, Gao Y, Liu J, Li J, Tang X, Ran Q, Tang R, Liao C. The prevalence and associated factors of dysphagia in Parkinson’s disease: a systemic review and meta-analysis. Frontiers in Neurology 2022, doi 10.3389/fneur.2022.1000527

Schindler A, Pizzorni N, Cereda E, Cosentino G, Avenali M, Montomoli C, Abbruzzese G, et al. Consensus on the treatment of dysphagia in Parkinson’s disease. Journal of Neurological Sciences 2021, 430; doi 120008

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2) di Kai S. Paulus

tempio greco(seguito di COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA)

Avendo visto nel capitolo precedente quanto sono complessi e complicati i meccanismi della deglutizione, per la maggior parte involontari cioè automatici e non influenzabili dalla nostra volontà, possiamo comprendere a quali difficoltà si possono andare incontro quando questi meccanismi non funzionano correttamente; allora si parla di disfagia.

La disfagia si riscontra in tante malattie neurologiche (ictus, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, miastenia gravis, distrofie, e tante altre), ma qui mi limiterò alle problematiche del Parkinson; il meccanismo della disfagia è fondamentalmente identico nelle varie malattie, ciò che cambia è l’approccio preventivo e terapeutico, che è quello che ci interessa di più.

La disfagia è definita come difficoltà di deglutire con conseguente non corretto transito del bolo alimentare dalla cavità orale fino allo stomaco.

Si distingue una disfagia orofaringea, di cui parleremo qui, ed una disfagia esofagea, quando è disturbato il transito del bolo dentro l’esofageo a causa di ostruzioni, stenosi oppure alterazioni della peristalsi (contrazione ondulatoria del tubo esofageo dall’alto verso il basso che spinge il contenuto fino allo stomaco).

Perché dobbiamo parlare di disfagia?

La malattia di Parkinson non è una malattia mortale, se pur può diventare molto invalidante ed accelerare altre patologie concomitanti, specialmente cardiocircolatorie o dismetaboliche. La disfagia, però, rappresenta un sintomo con possibile esito fatale, quali soffocamento e polmonite ab ingestis (aspirazione di cibo che finisce nei polmoni dove causa una importante infezione difficile da curare). Ed è per questo che sia la persona affetta da Parkinson sia familiari e caregiver devono conoscere questo sintomo e collaborare nella sua prevenzione, diagnosi e terapia.

Quali sono i fattori di rischio della disfagia nel Parkinson?

Tra i principali fattori di rischio ci sono soprattutto l’età avanzata, dove si riscontra una riduzione della forza muscolare (ricordiamo che nella deglutizione sono coinvolti 55 muscoli); la durata di malattia (la disfagia raramente può presentarsi negli stadi iniziali del Parkinson, ma diventa molto più frequente negli stadi più avanzati); predispone ugualmente alla disfagia la gravità del quadro neurologico, sia riguardo allo stadio di malattia sia relativo alle continue fluttuazioni on-off e specialmente a rigidità e bradicinesia che in fase off sono molto più pronunciati.

Come si fa diagnosi di disfagia?

La diagnosi della disfagia è certamente clinica, avviene tramite l’osservazione ed il colloquio con paziente e familiari, dove curiosamente il problema viene spesso non riconosciuto nonostante domande dirette dell’operatore sanitario. Allora esistono dei questionari che il paziente potrà compilare da solo oppure somministrati dallo specialista. Un modo molto semplice ed efficace per scoprire un disturbo della deglutizione è il test del bicchiere di acqua che il paziente dovrà bere e che, in caso di disfagia, causerà tosse, rigurgito o perdita di acqua dalla bocca.

La Endoscopia esofagea a fibre ottiche, da: Labeit B. et al., Neurogastroenterol Motil., 2019

Per la conferma della diagnosi, e dopo aver escluso problematiche gastroesofagee (reflusso, tumori, stenosi, gastriti, ecc.) possiamo avvalerci della Endoscopia esofagea a fibra ottica (FEES) con cui si possono visualizzare le strutture faringee ed esofagee, l’Elettromiografia del muscolo cricofaringeo, parte principale dello sfintere esofageo superiore, e la Videofluorografia digitale (VFG), un’indagine radiologica con la quale si può seguire un bolo radioattivo nel suo tragitto fino allo stomaco ed individuare eventuali ritardi o blocchi.

Come già detto, le conseguenze della disfagia possono essere drammatiche, però, riconoscerla è importantissimo per poter intraprendere molte misure per ridurre i rischi e per trattarla, come vedremo nella prossima ed ultima parte, COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (3)

COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA di Kai S. Paulus

tempio greco(due settimane fa, alla 18° Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson, abbiamo parlato di uno dei sintomi più importanti e drammatici, la disfagia, insieme alla logopedista della ASL di Nuoro, dott.ssa Pina Frau, che ha suscitato grande interesse tra i presenti. Stamane, al V Congresso Polispecialistico della ASL di Sassari, si è parlato di nuovo della disfagia. Si inizia a parlarne di più grazie anche alle nuove tecniche di diagnosi e strategie terapeutiche. Vorrei pertanto riassumere la problematica di una deglutizione difficoltosa, la sua diagnosi, la sua terapia e, soprattutto, la sua possibile prevenzione. Un capitolo del Parkinson che merita una colonna del nostro Tempio, vedi LE SEI COLONNE DEL PARKINSON)

 

La Deglutizione:

Quando sono coinvolti 55 muscoli, innervati da 5 nervi cranici e due radici nervose cervicali, allora deve trattarsi per forza di un atto importantissimo: parliamo della deglutizione, meccanismo essenziale per la nostra nutrizione e la nostra salute in generale.

L’apparato complesso della deglutizione con la cavità orale, la faringe e l’esofago.

La deglutizione è essenziale per la nutrizione perché con essa viene trasferito il cibo assunto dalla bocca e trasformato tramite la masticazione in un impasto grossolanamente uniforme, il bolo.

Tutto sommato, molto semplice.

Ma la difficoltà sta nel fatto che il bolo deve attraversare una cavità posta sulla via respiratoria e quindi deve essere interrotto il flusso d’aria d’entrata, e per questo deve essere interrotta la respirazione. Roba mica da poco!

La deglutizione può essere divisa fondamentalmente in tre fasi: orale, faringea e esofagea.

La prima fase della deglutizione, la preparazione del bolo, è volontaria, le altre due fasi, quella faringea e quella esofagea, non sono soggette alla nostra volontà e quindi difficilmente influenzabili. Durante questa prima fase orale, e comunque sempre quando non si deve deglutire, lo sfintere esofageo superiore rimane chiuso per proteggere l’esofago (tubo muscolare che unisce la faringe allo stomaco) e per permettere il flusso d’aria attraverso la laringe dentro la trachea e quindi i polmoni.

Nella seconda fase (faringea), infatti, accade il momento più delicato: la lingua blocca posteriormente la cavità orale, il palato molle si alza e chiude la cavità nasale, mentre si abbassa l’epiglottide per chiudere la laringe permettendo in questo modo al bolo di giungere nell’esofago senza entrare nell’apparato respiratorio; subito dopo il palato molle si rialza, la lingua si abbassa e l’epiglottide si rialza, per permettere nuovamente la respirazione.

Alla fine (terza fase, esofagea), il bolo, giunto nell’esofago, viene spinto, un po’ grazie alla forza di gravità ma soprattutto attraverso la peristalsi (contrazione ondulatoria dall’alto verso il basso) fino allo stomaco chiudendo alle sue spalle il ‘cardias’, l’anello muscolare gastroesofageo, per evitare il reflusso; il palato molle si abbassa, l’epiglottide si alza, lo sfintere esofageo superiore chiude l’esofago, e la respirazione può riprendere.

Come abbiamo visto, la deglutizione è un meccanismo perfetto (ci avete mai fatto caso quando mangiate?). Ma cosa succede quando questo meraviglioso meccanismo si inceppa, si altera, e quando non garantisce più una corretta deglutizione, quando si presenta la disfagia?

Ne parliamo nella seconda parte, COLONNA DEL PARKINSON: LA DISFAGIA (2)