Volare si Può, Sognare si Deve!

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IL TRIANGOLO SI’ di Kai S. Paulus

(Pillola n. 62)

 

Immaginatevi una semplice visita medica:

si entra nell’ambulatorio speranzosi di essere aiutati.

Ovviamente, per essere compresi dal medico, bisogna riferire dettagliatamente il problema e raccontare ciò che ci affligge. Questo momento è cruciale e fondamentale, perché da quello che raccontiamo dipende tantissimo, perché il medico viene informato dalle problematiche, e su quel racconto baserà buona parte della diagnosi e delle cure. Quindi, più preciso ed esaustivo è il racconto (i medici lo chiamano “anamnesi”) meglio si potrà procedere con eventuali indagini.

 

Ma, raccontiamo sempre tutto?

Ovviamente no. Pudore, timidezza, disagio e novità delle circostanze ci impediscono spesso a “svuotare il sacco”. Allora viene in soccorso la persona che ci accompagna, che a volte però ci mette in imbarazzo davanti a medici ed infermieri; e poi, non è mica detto che il nostro familiare/caregiver dica per forza tutta la verità.

L’anamnesi ed il colloquio, da cui dipende buona parte del successivo procedere, e da cui dipende soprattutto la nostra salute (!), ha pertanto tante variabili e tre protagonisti: noi, il nostro familiare/caregiver, ed il medico.

Di questa situazione parla il gruppo di geriatri ed infermieri dell’Università del Colorado capitanato dalla dottoressa Hillary Lum nel loro studio, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “PEC Innovation” che si occupa di educazione e comunicazione in campo sanitario.

Titolo della ricerca: “Omissioni nella comunicazione con i medici: prospettive di pazienti e caregiver nella malattia di Parkinson”

Si parla soprattutto delle possibili conseguenze a causa di omissioni nel riferire un disagio. Il non riferire tutti i fatti importanti, dipende soprattutto dalla novità della situazione e spesso non si ritiene importante un dettaglio che invece per il medico potrebbe essere utile.

Per esempio, chi è affetto/a da malattia di Parkinson si rivolge al medico per il tremore, per l’equilibrio, per dolori, e per le difficoltà nei movimenti. Difficile pensare, quindi, che al medico possa interessare come si dorme o se si va di corpo regolarmente, e pertanto, non si fa cenno del nostro rapporto con Morfeo, o come funziona la nostra digestione.

Ovviamente, l’attento/a lettore/lettrice di questo nostro sito sa benissimo, che proprio il sonno e l’intestino rappresentano due pilastri importantissimi della cura del Parkinson, ed anche della sua prevenzione; ma chi si reca per la prima volta ad un ambulatorio sanitario per un sospetto Parkinson, ha in testa ben altre preoccupazioni.

Dallo studio dell’Università del Colorado emergono anche difficoltà nel riferire problemi della sfera cognitiva e di quella urogenitale, ritenuti intimi e non riferiti spesso per pudore.

Il problema è che il non raccontare fatti perché ritenuti secondari, potrebbero invece essere di vitale importanza, e che ci priva poi dell’opportunità di cure mirate ed efficaci.

Per questo motivo, concludono i ricercatori statunitensi, è importante coinvolgere familiari ed accompagnatori che conoscono bene le condizioni della persona ammalata, non per spifferare segreti, ma per integrare e completare il racconto, al fine di informare gli operatori sanitari su tutti gli aspetti della vita quotidiana a 360 gradi per dare loro la possibilità di intervenire nel modo più mirato ed opportuno possibile.

 

Fonte bibliografica:

Ayele R, Macchi ZA, Jordan S, Jones J, Kluger B, Maley P, Hall K, Sumrall m, Lum HD. Holding back in communications with clinicians: patient and care partner perspectives in Parkinson’s disease. PEC Innovation, 2024; 100255: doi.org/10.1016/j.pecinn.2024.100255

PET THERAPY E CAREGIVER AD ALGHERO di Kai S. Paulus

Ieri, sabato 29 ottobre 2022, si è tenuto in una soleggiata Alghero un convegno emozionante sul tema della “PET Therapy e Caregiver” nella sala conferenze Lo Quarter, che alla nostra Parkinson Sassari è già familiare per due nostre memorabili conferenze sulla riabilitazione non convenzionale [QUEL FANTASTICO INCONTRO AD ALGHERO] nel maggio ’17, e sui disagi della donna con Parkinson [La Signora Parkinson] nel settembre ’19, e quindi c’erano tutti i presupposti per un nuovo incontro che lascia il segno, questa volta organizzato dall’Associazione Parkinson Alghero con Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina insieme alla consigliera comunale di Sassari Patrizia Zallu che poi ha moderato la ricchissima mattinata.

Dopo i saluti delle autorità, la pedagogista Anna Maria Giulia Fozzi ci ha raccontato, con il suo inconfondibile stile divertente, l’utilizzo degli emotional pets (peluche robotizzati), essenziali quando le località o il grado di disabilità non permettono un animale vero.

Francesca Soggiu, del Progetto Serena Onlus APS, ha spiegato il difficile percorso di educazione e preparazione di cani molecolari impiegati nei pazienti diabetici, quelli affetti da morbo di Batten, ed i recenti ‘screendog’ impiegati nel triage del covid-19.

La Prof. Raffaela Cocco del dipartimento di Medicina Veterinaria, esperta in comportamento e IAA (Interventi Assistiti con Animali), ha illustrato, tramite una serie di video, alcuni momenti di educazione di cani caregiver, e la psicologa e referente di intervento IAA, Antonella Sircana, ha parlato degli interventi assistiti con gli animali, dell’importanza dell’èquipe e dell’importanza di prendersi cura dei caregiver per poter avere una relazione che cura.

Sono seguite tante testimonianze, tra cui Angelina Sassu, vicepresidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, accompagnata dalla giovane Sara Cocciu, insieme ai loro cani Rose e Faite. Hanno preso la parola anche Cinzia Madeddu, presidente dell’associazione Atto d’Amore di Cagliari e Patrizia Prisco con il suo cane Kent. Non potevano mancare in questa straordinaria mattinata i volontari della associazione culturale Angedras Eventi che hanno collaborato all’organizzazione dell’evento.

da sinistra: Marco Balbina, Patrizia Zallu, Antonella Sircana, Raffaela Cocco.

Un ulteriore momento molto emozionale è stata la presenza di Fabrizio Pinna con la madre Francesca Cavassa ed il cane Kira, venuti da Olbia, campioni d’Italia di para-agility (e terzi al campionato mondiale!) nel 2019.

Per la cronaca, erano presenti in sala anche rappresentanti della Associazione Parkinson Nuoro, il nostro ‘fac totum Antonello Soro, e l’esperta di movimento e danzaterapia Annalisa Mambrini.

Michele Pais, Mario Conoci e Gianfranco Ganau alle prese con un ‘emotional pet’.

Infine, le autorità presenti a questo straordinario evento erano davvero tante, tra cui il Sindaco di Alghero Mario Conoci, il presidente del Consiglio Regionale Michele Pais, il presidente del Consiglio Comunale di Sassari Maurilio Murru, on. Desirè Manca, sen. Ettore Licheri e on. Gianfranco Ganau, e tutti d’accordo di intervenire con poche parole per rispetto di fronte agli eroi in sala.

Complimenti a Patrizia Zallu, Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina: avete organizzato un evento di cui si parlerà ancora a lungo.

Alcuni dei protagonisti con al centro il campione d’Italia, Fabrizio Pinna, affiancato da, in prima fila a sinistra Francesca Soggiu, ed a destra, Patrizia Zallu.

Cosa aggiungere? Anch’io non avevo parole davanti a tanto coraggio, umiltà e volontà. Già qualche anno fa avevamo accennato all’aiuto degli animali per le persone affette da Parkinson (vi ricordate il barbagianni Lollo?), ma penso che dovremo approfondire la tematica al più presto possibile visti i molteplici utilizzi e benefici.

Ettore Licheri insieme ai campioni d’Italia, Fabrizio Pinna e Kira.

“IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO” di Kai S. Paulus

Ieri mattina, al Palazzo di Provincia, siamo stati tra amici: c’erano Giannella e Franco, Adelaide e Tonino, Graziella e Piero, Immacolata e Antonio, Giuseppina e Geminiano: ed ancora, gli amici di Alghero Cecilia e Marco, il nostro storico psicologo dai tempi delle Cliniche, dott. Giovanni Carpentras, e la presidente della commissione di disabilità del Comune di Sassari, Ermelinda Delogu, e tanti, tanti altri. Tutti per assistere ad uno straordinario incontro sulla tematica del “caregiver” con tante persone interessanti e competenti, promosso dalla consigliera comunale Patrizia Zallu, e che qui di seguito vorrei raccontarvi. (come richiesto per la campagna elettorale, non sono stati inseriti foto dei relatori intervenuti al convegno)

Già tante volte ci siamo occupati della figura del caregiver, del prestatore di cure, abbiamo parlato di solitudine, smarrimento, rabbia, disperazione, di sensi di colpa e di inadeguatezza:

Ma forse qualcosa sta cambiando…

Dopo i saluti delle autorità, del Vicesindaco e assessore ai servizi sociali ed alle politiche della casa del Comune di Sassari, avv. Gianfranco Meazza, del presidente del consiglio del Comune di Sassari, dott. Maurilio Murru, e del presidente del consiglio del Comune di Porto Torres, Salvatore Francesco Satta, la moderatrice Patrizia Zallu introduce l’incontro e dà la parola all’autore del fortunato libro ‘Il Miracolo di Mari’ ed ideatore di questi incontri sulla tematica del ‘caregiver’, l’amico Glauco Di Martino, che in sintesi ripercorre alcuni momenti della sua vita da ‘caregiver’ dei suoi genitori, e che presenta quindi Aurora Nucci e Chiara Delogu che leggono alcuni significativi brani di ‘Il miracolo di Mari’.

La consigliera Zallu dà quindi la parola alla pedagogista dott.ssa Anna Maria Giulia Fozzi che da molti anni si dedica alla stimolazione cognitiva, formazione e di supporto degli anziani, e riferisce in modo schietto delle criticità quotidiane dell’assistenza della persona non autosufficiente.

In seguito faccio un doveroso distinguo tra familiare e caregiver, ed esprimo il mio senso di colpa di operatore sanitario combattuto tra volere e potere, e poi la nostra moderatrice chiama in causa l’ex campione nazionale di rugby, Antonello Camerada, che lascia la sala in doveroso silenzio con la sua struggente testimonianza di ‘caregiver’ di sua moglie, ripercorrendo minuziosamente i percorsi ad ostacoli come illustrati anche nel libro ‘Il miracolo di Mari’, denunciando una volta in più la solitudine e l’isolamento sociale del familiare, assistente di un suo caro, ma anche la fortuna di avere con sé un prezioso amico a quattro zampe.

Fabrizio Pinna di Olbia, affetto da una grave malattia congenita e disabile, confinato in carrozzina, ci racconta la sua vita da sportivo insieme al suo cane approfondendo la pet-therapy e l’utilità degli animali, già accennata da Antonello Camerada, e poi meglio chiarita dalla vicepresidente dell’associazione Ichnos Project, Maria Luisa Piredda, che invita tutti, per venerdì prossimo, alla Giornata del Super Cane al parco di Baddimanna, per mostrare l’importanza degli animali nella vita delle persone non autosufficienti o in difficoltà.

L’onorevole Desirè Manca, ribadisce la necessità che la politica deve procedere coesa e rapida per intervenire sui bisogni di malati e famiglie.

Il senatore Ettore Licheri illustra alla platea un disegno di legge che dovrebbe dare riconoscimento sociale ed una qualifica al caregiver, a cui si associa l’onorevole Gianfranco Ganau, che però spiega anche le difficoltà regionali con quattro proposte per la sanità neanche calendarizzate, ma vanta la Regione Sardegna, unica regione italiana che offre ‘permessi familiari’ (legge 104) ed il ‘ritorno a casa’ (RAC).

Poi prende la parola il presidente dell’Associazione Stomizzati, Loreto Ciappeddu, toccando temi molto pratici, ma anche la desolazione e la tristezza della persona stomizzata, socialmente quasi non esistente.

Il consigliere comunale, avv. Daniele Deiana, riassume quanto esposto dai colleghi politici e si unisce alla volontà di lavorare tutti insieme, senza bandiera, per il bene di disabili e famiglie.

Interviene anche Franco Simula, vicepresidente della nostra Parkinson Sassari, esprimendo la sua perplessità sulle difficoltà di portare avanti in parlamento proposte di migliorie civili che riguardano tutti noi, politici compresi, e ricordando la fragilità della famiglia con una persona non autosufficiente.

Non può mancare il nostro “portatore sano” Tonino Marogna, che denuncia l’assenza di istruzione del caregiver, e ricorda la morte per soffocamento di una persona affetta da Parkinson perché il suo caregiver non conosceva la semplice manovra di Heimlich che gli avrebbe salvato la vita.

Infine, l’infermiere Andrea Tirotto provoca la platea con il suo dissenso al disegno di legge appena proposto, perché l’impegno dei famigliari dovrebbe essere implicito e doveroso senza necessitare di leggi e riconoscimenti ‘vuoti’.

Si conclude così un evento davvero riuscito, partecipato e costruttivo.

Sono rimasto piacevolmente sorpreso, che molte autorità, in particolare sen. Ettore Licheri e dott. Gianfranco Ganau, hanno seguito tutto l’incontro e si sono trattenuti anche dopo l’evento per ulteriori chiarimenti. Chapeau!

(segue IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO 2)

IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO 2 di Kai S.Paulus

noi tre

(seguito di “IL CAREGIVER: QUALCOSA STA CAMBIANDO”)

 

Ora, permettetemi una riflessione.

Concordo con Andrea Tirotto, quando afferma che non c’è bisogno di una legge che certifichi il ruolo del famigliare.

Qua bisogna definire bene cosa si intende per ‘caregiver’, cioè una persona che presta cure, che assiste una persona non autosufficiente.

A mio avviso bisogna distinguere tra il familiare che, quando si presenta la situazione, automaticamente, e senza scampo, scivola nel ruolo dell’assistente; lo fa perché è membro della famiglia, perché il suo caro ha bisogno di aiuto, perché moralmente obbligato. Il familiare certamente non ha bisogno di un pezzo di carta che lo qualifichi come ‘prestatore di cure’ del proprio caro, così come un genitore non ha bisogno di un encomio perché fa il genitore.

Invece, il familiare ha bisogno che il sistema sanitario funzioni, che sia immediato, qualificato ed efficace, che lui/lei abbia un punto unico di riferimento, e che non debba correre tra mille uffici dovendo esibire ogni volta le stesse certificazioni di malattia e disabilità, ogni volta in originale e, mi raccomando, ogni volta recente (come se una malattia, progressiva e degenerativa, come sottolinea Franco Simula, possa improvvisamente guarire); ed inoltre, che arrivino i presidi corretti, funzionanti ed in tempo utile, e soprattutto, il familiare necessita di tutela e di certezza e che possa contare su una comunità emancipata e socialmente evoluta.

Invece, il caregiver professionale, esso sì che necessita di regole, istruzione, compensi e riconoscimenti, che il suo lavoro possa addirittura rappresentare un’opportunità di formazione e di lavoro specialmente per i giovani. Ma per questo, il lavoro del caregiver deve essere attrattivo e necessita di una qualifica giuridica.

E chi paga l’istruzione ed i compensi del caregiver?

A questo punto rischiano di naufragare tutti i nostri buoni propositi: la sanità costa, costa tantissimo (nel 2020 il 7,5% del PIL nazionale, ovvero 135 miliardi di euro!) e quindi, non è possibile finanziare tutto.

Però, una via ci sarebbe, ed è quella del miglioramento della rete sociale stessa, innanzitutto con l’ottimizzazione delle risorse, e poi con la creazione di posti di lavoro per i caregiver professionali stipendiati, il che comporta un maggior numero di contribuenti e pertanto un maggiore gettito fiscale, ma anche meno disoccupazione, meno povertà. Ed ancora: più assistenza e più qualità di vita per la persona non autosufficiente e per i familiari, che poi non dovranno rinunciare al proprio lavoro potendo proseguire a produrre, creando reddito e contributi.

Infine, ogni soluzione, anche quelle proposte nel criticabile disegno di legge discusso ieri mattina, contribuiscono ad alleggerire il peso dei ‘caregiver’, il che, secondo il neuroscienziato Bartolomei, migliora la qualità di vita dell’assistito e riduce i costi sanitari (ricoveri, accessi al Pronto Soccorso, accertamenti strumentali, farmaci).

Credo che tutto ciò sia un ottimo investimento per rafforzare lo stato sociale. Inoltre, come abbiamo sentito durante il convegno, molti presidi sanitari sono obsoleti, e quindi un maggior coinvolgimento dell’industria italiana per l’innovazione tecnologica sanitaria ed assistenziale aumenterebbe ulteriormente l’occupazione, PIL, welfare, e soprattutto qualità di vita.

Ci sarebbe ancora molto da dire e siamo solo all’inizio. Ora speriamo che il disegno di legge sul caregiver, nonostante le sue criticità, possa essere approvato, e così anche le proposte regionali, ed in autunno, come concordato con gli amici catalani Cecilia Cuccureddu e Marco Balbina (presidenti della Associazione Parkinson Alghero), ci si rivedrà tutti ad Alghero per fare il punto della situazione e per non mollare.

Il ferro è caldo e va battuto ora.

noi tre

“I tre moschettieri dei caregiver” (insieme a me da sinistra, i miei amici Glauco Di Martino e Mary Fozzi)

 

CAREGIVER? di Kai S. Paulus

tesi caregiver

Conosciamo bene che cosa è un caregiver, un prestatore di cura: il nostro “portatore sanoTonino Marogna e tanti altri ce lo dimostrano da molti anni. E conosciamo bene anche le difficoltà che un familiare incontra nel voler assistere una persona non autosufficiente, la fatica, gli ostacoli burocratici, lo stress, ansia, l’insonnia, la depressione, e la solitudine; ne abbiamo parlato diverse volte nel nostro sito:

(Tra parentesi mese e anno dove si può consultare l’articolo nel archivio di questo sito)

ed il sito è colmo di testimonianze e commenti dei nostri ‘caregiver’, il vero pilastro della nostra Parkinson Sassari. Mi viene in mente anche il nostro primo convegno, con cui tutto iniziò: “La Famiglia e la malattia di Parkinson” nel maggio 2009 in una strapiena Camera di Commercio.

Ora si aggiunge un nuovo tassello:

Recentemente Glauco Di Martino, l’autore del fortunato romanzo-testimonianza “Il miracolo di Mari” ha invitato politici locali e regionali, operatori sanitari ed i caregiver, per un incontro nelle Tenute Li Lioni, per discutere sulle criticità dell’assistenza domiciliare delle persone non autosufficienti, ed in particolare le persone affetta da Alzheimer e Parkinson. In sala era presente anche la neolaureata in Servizio Sociale Elisa Palmas la cui tesi di laurea “Caregiver familiare e anziani non autosufficienti in Italia: come prendersi cura di chi si prende cura” dà tanti spunti di riflessione.

Quando arriva la diagnosi, inizia il faticoso percorso ad ostacoli della famiglia. L’inizio della ‘carriera’ del prestatore di cure è segnato quasi sempre da un senso di inadeguatezza e di smarrimento; e la lamentela comune è il difficilissimo accesso ai servizi pubblici dedicati all’assistenza, l’assenza di un punto di accesso per ottenere le informazioni necessarie, con conseguente acquisizione di conoscenze frammentarie e fumose tramite un ‘passa parole’ tra conoscenti ed amici con informazioni spesso aneddotiche.

Allora, cosa fare?

Elisa Palmas ci ricorda che in Italia si è iniziato il percorso di tutela giuridica della figura del caregiver a partire dal 2017 (Legge 27 dicembre 2017 n. 205) e che lo stato interviene a sostegno della famiglia con diversi interventi socioeconomici, quali l’indennità di accompagnamento che garantisce al portatore di invalidità totale un sussidio mensile di 522,10 €. Purtroppo, l’accompagnamento è egualitario e non tiene conto del grado di invalidità e delle reali necessità. Questa indennità, che rappresenta un enorme costo per la comunità, circa 0,8% del PIL nazionale, viene distribuito a pioggia, raggiungendo destinazioni dove spesso non serve e molte altre dove non è sufficiente. L’accompagnamento è unicamente un assegno con cui il destinatario deve arrangiarsi, senza includere servizi sociosanitari tanto meno accesso ad informazioni.

Poi ci sono altri aiuti nazionali e regionali, quali i permessi lavorativi (legge 104) ed il sostegno economico del ritorno a casa (RAC); inoltre esistono i servizi domiciliari, CDI (ex-ADI), con cui la sanità pubblica invia a domicilio diversi operatori sanitari (infermieri, terapisti, psicologi, assistenti sociali, medici specialisti) per ammalati gravi ed allettati. Ma l’accesso a questi servizi è minato da barriere burocratici incredibili.

Infine, la famiglia spesso rimane sola, con le preoccupazioni per il proprio caro, con la disperazione davanti agli ostacoli e mura di gomma burocratici, e con le difficoltà familiari e professionali che si complicano continuamente.

Tutti i presenti all’incontro sono convenuti sulla insostenibilità della situazione attuale e la necessità di aiutare concretamente chi rischia di perdersi nella giungla burocratico-sanitaria e di soccombere sotto il peso di un compito troppo grande. A questo proposito, il sogno di Glauco Di Martino potrebbe presto realizzarsi con il supporto del Comune di Porto Torres: un centro diurno per assistere i familiari di persone non autosufficienti a Porto Torres.

mari

Sabato, 11 giugno, si replica nel Palazzo di Provincia a Sassari. Penso che questo nuovo appuntamento possa essere un’occasione per affrontare le criticità dell’assistenza a Sassari e per sondare possibili soluzioni.

Una mia idea per migliorare i servizi sociosanitari in supporto alle famiglie è il tentativo di rendere il lavoro del caregiver attrattivo, socialmente rispettabile, ed appetibile all’industria biomedica. Una possibilità sarebbe la formazione professionale con titolo giuridico di caregiver, regolarmente stipendiato, persona informata che si occupa di tutto; un’opportunità per giovani con possibilità di arricchire il curriculum per future scelte professionali. Certo, la formazione e lo stipendio hanno un notevole costo, che però potrebbe essere controbilanciato dalla creazione di posti di lavoro e di reddito con contributi e tasse, non perdita di lavoro e reddito da parte del familiare, e incentivo all’industria biomedica italiana per lo sviluppo di apparecchiature mediche, tecnologia riabilitativa, soft- e hardware, comunicatori, protesi, ecc. Tutto ciò produce occupazione e reddito.

Inoltre, il familiare sarà un caregiver part-time senza eccessive rinunce alla propria vita, anzi, potrà dedicarsi con più serenità ed affetto alla persona bisognosa.

Parliamone, di questo e di tanto altro, sabato mattina, 11 giugno al Palazzo di Provincia.

TONINO E GLI ALTRI CAREGIVER

Caro Tonino,

Le scrivo, non per distrarmi ma perché c’è qualche novità per il ‘portatore sano’.

L’altro giorno mi è arrivato il nuovo numero di “Movement Disorders Clinical Practice” in cui ho letto un interessante articolo del gruppo di scienziati statunitensi, olandesi e canadesi intorno a Max Hulshoff sulle difficoltà e sui bisogni del ‘portatore sano’, il/la caregiver, nella gestione della malattia di Parkinson.

Il lavoro è una specie di riassunto di tutti i lavori riguardanti i caregiver pubblicati tra il 2004 ed il 2020. E qua subito una nota dolente: gli articoli scientifici considerati sono in tutto 27, e paragonati agli oltre 84.000 sulla malattia di Parkinson, sono davvero pochissimi, come per indicare che coloro che si occupano ed assistono le persone ammalate di Parkinson non vengano considerati dalla scienza ufficiale.

Dallo studio si evince che sembra molto difficile quantificare il peso, i bisogni e le capacità di affrontare [traduzione delle parole utilizzate dagli autori: burden=peso, needs=bisogni, coping=capacità di affrontare] le più variegate situazioni della persona che assiste un’ammalato/a di Parkinson, e specialmente nelle varie fasi della malattia, e solo una ricerca ci è riuscita sinora, quella di Pablo Martinez-Martin e colleghi nel 2019. Però sono proprio questi i parametri, cioè peso, bisogni e capacità, che bisogna comprendere per poter eventualmente intervenire ed aiutare i caregiver socialmente, culturalmente ed istituzionalmente.

Nell’articolo “Il Portatore Sano” pubblicato in questo sito, che potete trovare nell’archivio sotto ‘marzo 2020’, abbiamo ampiamente affrontato i tanti aspetti di questo ‘lavoro’, e quindi qui non vorrei soffermarmi sui particolari, però leggete anche le incredibili testimonianze nei commenti che descrivono molto bene la realtà quotidiana e le tante difficoltà nell’affrontare costantemente la sindrome parkinsoniana, con le sue continue fluttuazioni e volubilità, le sue improvvisazioni ed imprevedibilità.

Questa volta gli scienziati hanno osservato la qualità di vita dei caregiver e concludono che il sonno, il tono dell’umore ed il tempo dedicato a sé stessi sono messi in pericolo; questi ‘pesi’ ovviamente richiamano i ‘bisogni’, le necessità, gli aiuti, che a loro volta condizionano le capacità individuali nell’affrontare l’assistenza; d’altra parte, se non ci sono sufficienti capacità nell’affrontare le difficoltà, allora il peso e la fatica, non solo fisica ma anche mentale, aumentano enormemente portando l’asta dei bisogni, degli aiuti, a livelli non più raggiungibili.

Di conseguenza accrescono preoccupazioni, ansia, senso di inadeguatezza e di frustrazione; con l’ansia incrementano l’insonnia e la riduzione del tono dell’umore; alla fine prevalgono incomprensioni e difficoltà di comunicazione, ed anziché alleggerire i disagi di una persona, ora ci saranno due persone che necessitano di notevoli aiuti.

Gli autori concludono che ci vogliono più attenzione e più studi scientifici che esaminino approfonditamente la situazione dei ‘portatori sani’, coloro che gestiscono quotidianamente, e spesso giorno e notte, le persone con Parkinson, perché soprattutto da loro, gli eroi nell’ombra, dipende la salute e la qualità di vita dei loro assistiti.

Penso che questo articolo dimostri che qualcosa stia cambiando e che la sensibilità della comunità scientifica verso i caregiver stia migliorando. E’ questa la novità.

Cordiali saluti,

Kai Paulus

 

Fonti bibliografiche:

Hulshoff MJ, Book E, Dahodwala N, Tanner CM, Robertson C, Marras C. Current knowledge on the evolution of care partner burden, needs, and coping in Parkinson’s Disease. Movement Disorders Clinical Practice 2021; 8(4):510-520.

 

IL PORTATORE SANO di Kai S. Paulus

Un portatore sano di Parkinson” si definisce il nostro amico Tonino, ed in questo termine c’è tutto.

In diverse occasioni Tonino ha raccontato cosa intende lui per ‘convivenza’ con la malattia di Parkinson, a casa sua ha stabilito delle regole, tenendo conto che non esiste soltanto la malattia, il Parkinson, ma tutte le cose quotidiane, gli affetti, le responsabilità, gli impegni familiari e sociali, il lavoro, e che ognuno ha le proprie esigenze, la propria vita, le proprie energie; e rispettando queste regole, si può andare avanti a vivere come ‘Caregiver’, come partner, in coppia ed in famiglia.

Tonino ha perfettamente ragione ed il segreto sta tutto lì!

Come Tonino, mi vengono in mente anche altri “eroi da trincea quotidiana” come Anna, Annamaria, Assunta, Dora, Giannella, Giuseppina, Graziella, Nanna, Maria, Rosa, Gabriele, Gavino, Gian Paolo, Marco, Sauro, e tanti, tanti altri, mogli, mariti, figli, assistenti: i cosiddetti “Caregiver”, eroi spesso dimenticati dalla scienza, persone, anche loro con i loro acciacchi e problemi, che a volte, insieme agli ammalati, sanno più del Parkinson che non i medici e professori, coloro che si prendono cura di una persona ammalata e/o disabile, giorno e notte!

La nostra Parkinson Sassari sin dall’inizio ha sempre incluso i Caregiver nelle sue varie attività riabilitative e ludiche dedicando loro incontri, seminari e convegni con il supporto degli psicologi Iole Sotgiu e Giovanni Carpentras, e presto arriveranno nuove iniziative incentrate sull’importanza della figura del Caregiver.

Ma perché tanta attenzione sull’assistente e sul familiare, non dovrebbe essere la persona con Parkinson quella interessata intorno alla quale ruotano medici, specialisti di ogni ordine e grado, farmaci, parafarmaci, riabilitazione?

Scrive il ricercatore Bartolomei (2018) insieme ai suoi colleghi della Neurologia di Vicenza: “avere un Caregiver in buona salute è indispensabile per una migliore qualità di vita del paziente”, nell’incredibile lavoro sulla qualità del sonno del Caregiver (!) concludendo che, visti i frequenti disturbi del sonno dei parkinsoniani e gli sforzi effettuati per curarli, bisogna tener conto anche della qualità del sonno della persona che assiste l’ammalato ed ugualmente garantirle il buon riposo notturno, essenziale per il proprio benessere.

Gli scienziati inglesi Hiseman e Fackrell (2017) vanno ancora oltre e mettono l’accento sull’impegno, la responsabilità e lavoro, che pesano sul Caregiver con la comparsa ed il peggioramento dei sintomi non-motori del Parkinson, quali ansia, depressione e deficit cognitivi. Pertanto è facile intuire che con le crescenti difficoltà della persona malata, specialmente in termini di ansia, di depressione, di disorientamento e di memoria, la pazienza di un ‘portatore sano’ possa essere messa a dura prova.

Sorprendentemente, e dico io, finalmente, il gruppo scientifico brasiliano intorno a Camila Padovani (2018) si occupa anche delle emozioni del Caregiver, scoprendo termini quali tristezza, paura, sensazione di inappropriatezza, fatica, e rassegnazione.

In questo senso, i ricercatori tedeschi dell’Università di Hannover intorno a Martin Klietz (2020) si occupano di soluzioni per aiutare i Caregiver per gestire meglio lo stress psicofisico al quale sono sottoposti costantemente.

Infine, lo studio che mi ha colpito di più, è quello degli statunitensi Henry, Lageman e Perrin (2020) dove si rileva un progressivo peggioramento della qualità di vita del Caregiver con l’aggravamento del quadro clinico del parkinsoniano, e gli autori concludono in maniera affascinante che intervenendo sui sintomi della persona malata  migliora anche lo stato di salute psicofisico del ‘portatore sano’.

Insomma, tante ricerche sull’entità e le condizioni del Caregiver e su come sostenerlo nel difficile compito, di assistere giorno e notte la persona parkinsoniana.

A prescindere dalla malattia, in generale la convivenza di base, il reciproco rispetto e la collaborazione in tutte le attività quotidiane è già di per se compito arduo; ognuno all’interno di una coppia o famiglia ha necessità dei propri spazi, dei propri momenti da cui poter evadere, per conservare il proprio benessere psicofisico e ricaricare le pile. Poi succede che ad un certo punto un membro della famiglia necessiti di aiuto ed ovviamente tutti i membri di quel nucleo, generosamente, rinunciano ai propri interessi rendendosi disponibili al cento per cento.

Ma con il tempo l’assistenza diventa un vero e proprio lavoro e la prospettiva di cronicità finisce con l’accrescere lo stress e la fatica perché la rinuncia dei propri interessi per l’assistenza dell’altro diventa anch’esso permanente ed è così che il Caregiver rischia di ammalarsi a sua volta.

Succede un’altra cosa: si modificano gli equilibri e le dinamiche interpersonali. In un rapporto normale le persone si trovano in un rapporto di perfetto equilibrio dove ognuno riveste un proprio ruolo distinto e ci si aiuta reciprocamente affinché quell’equilibrio venga mantenuto nel tempo (con rimodulazioni varie). In presenza di malattia il rapporto si sbilancia fino alla perdita del ruolo del malato all’interno della famiglia costretto giocoforza ad assumerne uno nuovo (da genitore diventa figlio e viceversa) provocando a catena un riadattamento dei ruoli di tutta la famiglia. Ciò produce tensioni, incomprensioni, da genitore mi rivolgo al malato dando consigli o rimproverando e lo ignoro nel suo ruolo iniziale. Nel breve periodo non si producono effetti, ma a lungo andare non può funzionare.

Come dott. Giovanni Carpentras ci ha spesso ammonito, nella coppia asimmetrica saltano gli equilibri, spariscono i propri spazi, e non dura oltre un anno. Dopodiché stress, ansia, tristezza, ma anche rabbia, prendono il sopravento: ci si rinfaccia qualsiasi cosa e si litiga per cose futili. Alla fatica si aggiunge la frustrazione per non riuscire a fare abbastanza e una crescente paura per il proprio stato di salute e quello del partner da parte del Cargiver e, il nervosismo e la fragilità del malato dall’altro, rischiando un vortice di eventi difficilmente governabile.

E l’amore, l’intimità, le coccole? Dove vanno a finire? Lasciamo perdere.

Tonino ha ragione ed a casa sua hanno trovato la ricetta giusta: stabilire regole, conservare i propri spazi, adattarsi alla nuova situazione e proseguire la vita familiare nel reciproco rispetto.

Chiaro, non potendo camminare, non posso andare alle poste per pagare le bollette, ma posso sbrigare le telefonate oppure eventualmente i pagamenti online; magari non posso fare la spesa, ma posso lavare le verdure e sbucciare le patate (quante volte me l’avete sentito dire durante le visite ambulatoriali).

Ed una gentilezza no? Ed una battuta divertente no?

E se proprio non riesco a fare quasi niente e non posso rendermi utile? Allora devo concedere al partner di poter uscire, bersi un caffè con persone amiche, far shopping, seguire uno sport, ecc.

Ancora per citare dott. Carpentras: la malattia non deve riempire completamente la nostra vita: esistono anche il partner, i figli, genitori, amici, ecc. Bisogna anche occuparsi d’altro, se non altro, per distrarsi.

La persona che necessita di aiuto non deve essere l’epicentro, il soggetto intorno a cui ruota tutto, ma è parte integrante nel contesto familiare, con il suo ruolo, i suoi bisogni, le sue responsabilità, doveri e diritti.

Tonino ci dà una lezione importante: bisogna difendere prepotentemente il proprio ruolo all’interno della famiglia, con graduali riadattamenti, senza stravolgere la vita del coniuge, bisogna smettere di essere vittime, crearsi alibi inutili, ed invece supportare la famiglia con atteggiamenti positivi.

Per il momento mi fermo qui, ma l’argomento è troppo importante e penso che ne parleremo ancora molto nella nostra Parkinson Sassari organizzando nuovi eventi e seminari dedicati alla persona preziosa ed insostituibile che è LA PORTATRICE SANA ed IL PORTATORE SANO di Parkinson.

 

Fonti bibliografiche:

Bartolomei L, Pastore A, Meligrana L, et al. Relevance of sleep quality on caregiver burden in Parkinson’s disease. Neurological Science 2018,39:835-839.

Hiseman JP, Fackrell R. Caregiver burden and the nonmotor symptons of Parkinson’s disease. International Review of Neurobiology 2017;133:479-497

Klietz M, Drexel SC, Schnur T, Lange F et al. Mindfulness and psychological flexibility are inversely associated with caregiver burden in Parkinson’s disease. Brain Sciences 2020;10(2).

Padovani C, Casagrande de Lima Lopes M, pelloso SM et al. Being caregiver of people with Parkinson’s disease: experienced situations. Revista Brasleira de Enfermagem 2018;71(suppl 6).

Henry RS, Lageman SK, Perrin PB. The relationship between Parkinson’s disease and caregiver quality of life. Rehabilitation and Psychology 2020 (in press).