Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

Il coro Volare si Può si esibisce a Tissi


Tissi, Piazza del Comune, 27/06/2024</p

2024© Maria Vittoria Tortu

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

Che c’entra F. Kafka? testo di Romano Murineddu

Che c’entra F. Kafka?

Ho visto un bambino gattonare da solo. Avanzava, si fermava, si voltava a guardare il padre dietro di lui, e poi riprendeva senza paura. Così, diverse volte, fino ad allontanarsi tanto che molti erano in apprensione, ma non lui né il padre.

Non ho potuto resistere a questa immagine. Forse perché mi sono sentito come quel bambino oppure per la curiosità di vedere dove l’autore voleva andare a parare. Ho subito avvertito che la cosa poteva riguardarmi. In prima battuta magari come padre, perché anch’io ho un figlio che “gattona” e non è né sarà mai capace di affrontare la vita senza paura. Ma, posso essere stato io, e sarò, il padre rassicurante che gli dà la forza e la spinta per proseguire nella sua strada? Il mio deficit neurologico è compatibile con questa funzione che il destino mi ha assegnato, coinvolgendo tutto me stesso al massimo delle mie capacità?

L’autore dello scritto (Alessandro D’Avena, cura una rubrica del Corriere di lunedì) è un professore-scrittore-sceneggiatore particolarmente impegnato nell’analisi dei disagi adolescenziali e nell’esplorazione delle strade per aiutare a superarli. Normalmente non sono molto attratto da questo tipo di argomenti, perché adolescente non sono più da un bel pezzo e il mio spazio nel mondo è chiuso in un orizzonte sempre più ristretto e ingrigito da nubi minacciose, e perché sono tendenzialmente portato a cercare verità e ristoro in altri campi di interesse più concreto e pertinente. Quindi un lettore della rubrica per caso.

Lo scritto ha per titolo “kafkiano” e, facendo riferimento alla ricorrenza del centenario della morte di Franz Kafka, espone il contenuto di un libro intitolato “Conversazioni con Kafka” di Gustav Janouch. Costui, da adolescente, conobbe lo scrittore e lo ebbe come amico e mentore.

Il fatto sorprendente è che il contenuto di queste Conversazioni, citate nell’articolo, ha subito richiamato alla mente le recenti ammonizioni del nostro mentore e terapeuta che, in pubblico e in privato, non perde occasione per richiamarci al massimo impegno e alla massima saggezza nell’uso dei mezzi di cura per il nostro male: che sono di tipo farmacologico innanzitutto ma anche, e in modo rilevante, di motivazioni che toccano la sfera emotiva e il sentimento.

La lettura di Kafka ha attratto l’attenzione di adolescenti, per lo meno così era ai miei tempi, per le tinte forti, surreali e fuori dell’ordinario dei suoi scritti. La sua visione della vita votata alla rassegnazione e al cupo pessimismo sono sempre stati cibo quotidiano di cui si nutre voracemente la mente giovanile. Cibo però di certo poco appetibile ed entusiasmante per le persone sofferenti di Parkinson le quali, in misura più o meno marcata, vivono nell’angoscia di un domani che può essere tragico e che comunque sarà greve di difficoltà. Eppure, sentite un po’:

Kafka lo spiega così a Janouch che aveva definito pieno d’amore un suo racconto: «“L’amore non è nel racconto, bensì nell’oggetto della narrazione, nella gioventù”, … “Sono i giovani a essere pieni di sole e di amore. La gioventù è felice, perché possiede la facoltà di vedere la bellezza. Quando si perde questa facoltà, comincia la vecchiaia, la decadenza, l’infelicità”. “La vecchiaia esclude dunque ogni possibilità di essere felici?”. “No. È la felicità che esclude la vecchiaia: chi mantiene la facoltà di vedere la bellezza non invecchia”

Dr K. Paulus docet…

Non so e forse non è dato sapere se Kafka abbia mai conosciuto la malattia di Parkinson, ma il suo acuto modo di mettere a nudo gli affanni dell’animo umano fa quasi pensare che stia parlando di noi: che i pensieri, che ci angustiano e addebitiamo al nostro stato di malati, non sono altro che le stesse angosce che sopravvengono quando si diventa vecchi.

La mia esperienza della malattia non è più vecchia di circa 4/5 anni e vale ben poco, e non sono certo in grado di suggerire a nessuno neppure un utile consiglio di valido comportamento. Quanti possono esserlo? Eppure una piccola esperienza  – in realtà grande nella sua tragicità – l’ ho vissuta: la dolorosa perdita di un amico, ammalato di Parkinson, avvenuta nel giro di pochi anni. Non so se ciò è avvenuto per la particolare gravità con cui la malattia ha colpito o per la concomitanza di altre complicazioni: il ricordo che resterà per sempre impresso è lo sguardo spento e la postura inerte che facevano trasparire quello che già all’interno era sopravvenuto. L’isolamento, l’abbandono e la rinuncia alla vita.

L’immagine del bambino che gattona richiama riflessioni che tutti conosciamo bene. Quando mi sono aggregato e ho conosciuto i compagni di viaggio dell’Associazione mi ha subito colpito un aspetto. Cosa ci fanno tutte quelle persone che la frequentano senza averne titolo, nel senso che non hanno la fortuna di godere della malattia di Parkinson? Molti sono famigliari o accompagnatori, necessari per il sostegno fisico dei malati che ne hanno bisogno, ma molti sono solo persone, generalmente anziane, che hanno piacere e desiderio di stare insieme.

Il genitore che osserva e vigila sul bambino in pratica è quella rete invisibile che ci unisce tutti e ci impedisce di cadere o di perderci. Ci spinge a comunicare tra noi, rivolgendoci l’un l’altro col nome di battesimo, accompagnando il discorso col contatto fisico di un braccio o di una spalla per far sentire anche fisicamente la vicinanza e l’empatia che ci lega. Far sentire la propria voce è una manifestazione di vita, il presupposto per non “morire dentro”. Che non riguarda solo il Parkinson, ma l’umanità tutta.

PREVENIRE IL PARKINSON. PARTE 2: FATTORI DI RISCHIO di Kai S. Paulus

(seguito di “PREVENIRE IL PARKINSON. PARTE 1: INTRODUZIONE“)

 

Nel suo celebre “Saggio sulla paralisi agitante” (An essay on the shaking palsy, 1817) James Parkinson raccomandava già da subito che “prima si inizia con le cure, maggiore sarà la probabilità di successo”. Assolutamente logico. Ma uno dei principali problemi della malattia di Parkinson è che al momento che la malattia si manifesta e spinge la persona a rivolgersi al medico, per iniziali sintomi quali un lieve tremore o un insolito rallentamento nei movimenti, in realtà la malattia è iniziata tanti anni prima, in maniera subdola ed apparentemente non individuabile. Ciò significa, ed è questo il nocciolo della questione, che al momento della diagnosi la neurodegenerazione è talmente progredita che non c’è più modo di modificare il suo inarrestabile declino.

Quindi, seguendo la raccomandazione di James Parkinson, dobbiamo intervenire prima ed essere in grado di riconoscere la malattia prima del tremore, cioè prima dell’esordio dei classici sintomi motori, ovvero nella fase preclinica (ne parliamo nella prossima parte), ma soprattutto, dobbiamo interrogarci sulle possibili cause del Parkinson, i suoi fattori di rischio.

Per fattori di rischio si intendono condizioni fisiche, chimiche, ambientali ed altro che possono favorire l’insorgenza di una malattia.

Per la malattia di Parkinson si conoscono allo stato attuali i seguenti fattori di rischio:

Fattori di rischio non modificabili:

ETA’: la malattia di Parkinson è correlata all’età, e con l’avanzare dell’età aumenta la probabilità di ammalarsi di Parkinson. Ci sono delle eccezioni come il Parkinson giovanile che esordisce prima dei 40 anni e dovuto a mutazioni genetiche, e sindromi parkinsoniane dovute a fattori ambientali che possono presentarsi a qualsiasi età.

SESSO MASCHILE: in tutti gli studi epidemiologici sul Parkinson viene riportata una lieve prevalenza degli uomini; questo fatto si spiega, da un lato, con la costituzione maschile del cervello con un maggiore sviluppo della parte deputata alle funzioni motorie, dall’altro, con un verosimile effetto protettivo degli ormoni femminili, in particolare gli estrogeni.

GENETICA: da molto tempo si sono individuate delle mutazioni genetiche che stanno alla base di alcune rare forme parkinsoniane, ma ci sono sempre più evidenze scientifiche che alcune mutazioni, quali quelle dei geni GBA, LRRK2 e SNCA, stiano alla base della predisposizione genetica di un notevole numero di casi, sinora creduti idiopatici, cioè senza causa.

DIABETE MELLITO TIPO 2: esistono molte correlazioni tra diabete e Parkinson e pare che il diabete di tipo 2, cioè quello acquisito, predisponga, o comunque aumenti la possibilità, a contrarre la malattia, a causa di una maggiore vulnerabilità all’iperglicemia dei neuroni dopaminergici nigrostriali, cioè quelli principalmente coinvolti nel Parkinson; d’altro canto, gli ipoglicemizzanti orali, tipo metformina, posseggono un effetto neuroprotettivo.

Fattori di rischio modificabili:

Tra i fattori di rischio del Parkinson che sono potenzialmente modificabili troviamo diversi fattori di cui ci occupiamo già da molto tempo:

INSONNIA: un cervello che non riposo bene non può difendersi contro un processo che lentamente ed indisturbato avanza

SEDENTARIETA’: essendo il Parkinson fondamentalmente un disturbo del movimento, scarse attività fisiche ed una vita sedentaria predispongono alla malattia, viceversa, il movimento e le attività fisiche sono tra le più efficaci strategie terapeutiche contro il Parkinson

FATTORI AMBIENTALI: sono ormai consolidate le conoscenze sui fattori ambientali che possono favorire la malattia di Parkinson, quali pesticidi, metalli (manganese, piombo, ferro, rame), prodotti chimici industriali (monossido di carbonio, metanolo), che spesso non possiamo evitare  a causa della sofisticazione alimentare e dell’allevamento intensivo del bestiame; anche alcuni virus responsabili di encefaliti vengono chiamati in causa, per non parlare di molti farmaci attualmente in commercio, quali alcuni psicofarmaci, antiemetici, antiepilettici, antidepressivi, e tanti altri.

STRESS: viviamo in un modo sempre più frenetico e veloce che ci pone quotidianamente a tante sfide e pressioni, che spesso possono agire come dei catalizzatori, cioè velocizzare potenziali eventi patologici.

CONFORMAZIONE DELLA CAVITA’ ORALE e delle vie aeree superiori: secondo recentissimi studi una cavità orale non ben occludente o vie aeree superiori ostacolate anatomicamente possono causare disturbi respiratori notturni (russare, apnee, ecc.) che compromettono il sonno ma soprattutto una minore ossigenazione del cervello, il che potrebbe aumentare il rischio di patologie neurodegenerative.

Individuati molti dei possibili fattori di rischio che, quando possibile, sarà opportuno evitare, ci occupiamo adesso dei cosiddetti prodromi, cioè le avvisaglie che possono metterci in guardia quando il Parkinson sta per iniziare senza ancora dare i tipici sintomi motori.

(Segue con “PREVENIRE IL PARKINSON. PARTE 3: I PRODROMI“)

IN MEMORIA di GIUSEPPE FIORI di Franco Simula

IN MEMORIA di GIUSEPPE FIORI
SABATO 14 OTTOBRE alle ore 21,30 Christian Luisi presenta

Concerto per TE GIUSEPPE FIORI

concerto LIVE con l’amichevole partecipazione di
BERTAS- LOS AMIGOS – SOLEANDRO
Massimo Melis- Mario Olivieri- Eugenio Romano – Armando Casu
Maria Speranza Russo – Mauro Fresi.

Giuseppe Fiori era un ragazzo spensierato innamoratissimo della musica del suo tempo che Lui rappresentava alla batteria col gruppo dei “Bertas”. Giuseppe era facilmente identificabile perché era contraddistinto dalla chioma verde dei capelli che , in un certo periodo della sua carriera di cantante -per necessità di copione- gli fece scegliere l’appellativo di “Green Tony”. La mutazione di colore peraltro, faceva parte di un’operazione discografica promossa da RCA ma che purtroppo non ebbe il successo sperato. Giuseppe tornò a fare il cantante e il batterista con i “ Bertas” con i quali collaborò per almeno dieci anni e riprese l’attività musicale anche col gruppo “Los Amigos” condividendo la sua passione con i più accreditati musicisti del periodo e riscuotendo grande successo di pubblico e critica.
L’incontro con Giuseppe era avvenuto qualche anno fa nell’androne della scuola elementare di Santa Maria dove l’Associazione Parkinson veniva ospitata regolarmente e dove Giuseppe era approdato perché qualche medico gli aveva rilevato una forma di parkinsonismo. In realtà Giuseppe soffriva di una grave cardiopatia che è stata poi quella che ha spezzato la sua pur forte fibra.
L’incontro era stato di reciproca simpatia a prima vista. Da poco col maestro di canto Fabrizio Sanna avevamo cominciato a cantare “Badde Lontana” e dunque venne spontaneo e naturale sintonizzarci su un argomento comune ad entrambi. -Giusé, cantiamo Badde Lontana ?
Detto e fatto, Giuseppe aveva immediatamente intonato la canzone mentre io cercavo di accompagnarlo facendo la seconda voce. A questo duo estemporaneo si unirono gradualmente due tre dieci degli amici presenti finché non ci trovammo a cantare tutti insieme, commossi, Badde Lontana. Giuseppe era anche questo: uno che si faceva entusiasmare dalle piccole cose come la condivisione della sua canzone con un coro di amici parkinsoniani sofferenti come lui.
Ci lasciammo con l’impegno di rivederci una volta la settimana ma Giuseppe non riuscì a mantenere la promessa perché le sue condizioni di salute andarono aggravandosi sempre di più sino al tracollo finale. In un successivo incontro, che poi fu l’ultimo, la moglie di Giuseppe, Mariuccia, sempre attenta a curare i particolari, si era preoccupata di donare all’Associazione due CD: uno, “Anima che sorride” contenente Badde Lontana e altre 15 canzoni degli anni ‘70 interpretate da Giuseppe; l’altro, invece, “Ammenti”, contiene 16 canzoni in dialetto sassarese sempre cantate da Giuseppe.
Grazie, Mariuccia.
Estroverso, buono, generoso sino a rimetterci del suo pur di rendere felice qualcuno. Rimane in noi la tristezza e il rimpianto di non aver potuto godere più a lungo di questa bella amicizia.

A tre anni di distanza mi piace ricordare che durante la cerimonia funebre, all’uscita del feretro,si era diffuso nell’aria un insolito suono di campane che fondendosi con il canto di Badde Lontana intonato inaspettatamente dagli amici, aveva creato una magica e suggestiva atmosfera di corale commozione.
Ciao Giuseppe, sarai sempre con noi tutte le volte che il nostro coro canterà Badde Lontana.

Lunedì 10 ottobre 2023

Franco Simula

Una domenica a Tissi – testi di Franco Simula


La location del  concerto era splendida.  In una serata caldissima e afosa di  questo luglio bollente il termometro oscillava intorno ai 40 gradi all’Ex-Ma, al momento del tramonto, quando un sole infuocato andava a tuffarsi a Capo Caccia, che si intravvedeva dalle ancora verdi colline di Tissi.  Lo spazio dell’Ex-Ma, già di per sé progettato anche per dare ristoro ai fortunati tissesi nelle belle stagioni, ieri 16 Luglio 2023, ha fatto da splendida cornice al concerto corale organizzato dall’Associazione Musicale Sing-Sing-Sing che annunciava la conclusione dell’anno sociale.   Sponsor dell’evento il Comune di Tissi.

Hanno aperto la serata i parkinsoniani proponendo cinque canzoni del loro repertorio ormai collaudato e hanno concluso la loro performance con “O’surdato nnamurato” che ha scatenato una marea di applausi. 

 Visibilmente emozionato e in difficoltà, è salito sul palco accanto a Fabrizio un giovane allievo che, guidato da un  maestro attento, sensibile, generoso è stato capace di un’esibizione eccezionale, ricca di intensità e pathos, degna di palchi più prestigiosi. La voce , prima incerta del ragazzo, si è fusa in una simbiosi così forte con la voce vellutata e potente del maestro da provocare una intensa partecipazione e  commozione  accolta da un fragoroso e meritato applauso. Forse neanche il maestro aveva previsto un risultato così eclatante e coinvolgente.

Una scelta d’amore, non solo musicale, ha saputo compiere un miracolo pensabile ma non impossibile.

 Di seguito si sono esibiti con esiti decisamente lusinghieri alcuni giovani dell’Associazione Sing, Sing, Sing, che proponendo brani impegnativi degli ultimi festival di S. Remo hanno dimostrato spiccato talento personale e possibilità  di utilizzo anche in ambito professionale locale.  

 Nel caldo e nella normale confusione della affollatissima serata  ha svolto il suo spontaneo, personale spettacolo una bambina di 6-7 anni , che per tutta la durata dell’evento canoro, alla base del palco,  non ha fatto che svolazzare come una libellula “infatuata”;  non faceva altro che mostrare inconsciamente il proprio talento.  Sarà opportuno che qualcuno sappia indirizzare correttamente queste qualità naturali.

. Un particolare ringraziamento è giusto riservarlo al Punto di Ristoro che è stato in grado di 

soddisfare tutte le richieste del numeroso pubblico, anche dopo la mezzanotte .                                                                             

E’ stata una calda ma bella domenica di festa.

                     Franco Simula