MODA PER CASO

(Questo è il mio intervento a “Notti Europee dei Ricercatori” del 26 novembre, nello spazio dedicato alla nostra Associazione, dove il nostro presidente Franco Simula è intervenuto prima di me con una emozionante relazione che troverete già pubblicata in questo sito; Prof. Pier Andrea Serra ha sottolineato l’importanza del nostro Ecosistema ed il suo impatto decisivo nel prossimo futuro sulla qualità di vita; e la neolaureata Sara Roselli ha presentato la sua tesi di laurea sul dolore, realizzata a tempi di record con interviste telefoniche a causa del covid-19; impeccabile la moderazione di dott. Giuseppe Demuro)
La malattia di Parkinson non è tremore
La malattia di Parkinson non è rallentamento motorio
La malattia di Parkinson non è rigidità muscolare e non è instabilità posturale.
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La malattia di Parkinson è Solitudine
La malattia di Parkinson è Disagio, Preoccupazione, Ansia, Depressione
La malattia di Parkinson è Dolore
La malattia di Parkinson è Insonnia
La malattia di Parkinson è non sentire gli odori, aver difficoltà nel parlare, nel deglutire e nel digerire
La malattia di Parkinson è difficoltà di convivenza in famiglia
La malattia di Parkinson è il Portatore sano
La malattia di Parkinson è Isolamento
La malattia di Parkinson è Sofferenza
La malattia di Parkinson è che per tutti questi sintomi e disagi non c’è cura farmacologica.
Allora, cosa fare?
Certo, per i sintomi motori (tremore, rigidità, ecc.) i farmaci possono aiutare ad attenuarli, ma i risultati spesso non sono soddisfacenti e molte cure comportano ulteriori complicanze.
No, il Parkinson non si cura con i farmaci!
La gestione globale della malattia, a mio avviso, necessita di quattro pilastri:
1) i Farmaci: per attenuare i sintomi e permettere il movimento
2) il Movimento: essendo il Parkinson un disturbo del movimento, proprio il movimento stesso, l’attività fisica, rappresenta una delle strategie principali per contrastarlo. Quindi, fisioterapia, riabilitazione ed una mirata educazione ad una condotta di vita attiva, sia fisicamente che mentalmente, vanno inseriti nella gestione globale sin dall’inizio.
3) il Sonno: Prof Pier Andrea Serra sottolinea già da molti anni l’importanza del sonno buono durante il quale il nostro cervello si resetta, si rigenera e si ripara il che è particolarmente importante nel Parkinson in cui la frequente insonnia, dovuta spesso alla difficoltà di girarsi nel letto e trovare la posizione giusta, ed i disturbi del sonno (agitarsi, parlare nel sonno, ecc.) non solo peggiorano la giornata con sonnolenza, fiacchezza, nervosismo, mal di testa, ecc., ma addirittura peggiorano lo stesso Parkinson.
4) le Emozioni: negli ultimi anni abbiamo posto l’accento particolarmente sulle emozioni positive, la gioia, il divertimento, abbiamo parlato recentemente della Biochimica delle Emozioni e negli anni 2014-16 abbiamo organizzato a Sassari un simposio internazionale triennale (“Brain and Music”) dove abbiamo discusso con esperti stranieri e nazionali l’importanza delle emozioni per il benessere del cervello e come, specialmente nel Parkinson, le emozioni stimolano processi di neuroplasticità (rigenerazione) ed aumentano la stessa dopamina e tutto il sistema dopaminergico, nigrostriatale e mesolimbico.
La nostra associazione si può vantare di aver già realizzato questi pilastri grazie al nostro Ecosistema del Parkinson a Sassari. Come ha ricordato il nostro presidente Franco Simula, esiste l’ambulatorio della ASSL Sassari dedicato ai Disordini del Movimento, ci sono le attività riabilitative motorie con Pinuccia Sanna e Annalisa Mambrina, canto e coro con Fabrizio Sanna, e solidarietà, amicizia, comunità e buon umore garantiti da tutti gli amici della nostra Parkinson Sassari.
Ed ora, grazie a Rita Lionetti e Dora Corveddu il nostro Ecosistema Parkinson Sassari diventerà anche virtuale, entrerà in rete, proponendo tutte le nostre attività e comunità a distanza, lontani da virus e solitudine.
NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI
Gentili ascoltatori, buona sera
L’incontro odierno è collegato alla Convenzione firmata con l’Università degli Studi di Sassari che ha creato e permesso l’interscambio tra pazienti e docenti specialisti di varie discipline, trasformandolo in tal modo in un rapporto proficuo per entrambi: i malati forniscono i dati e i contenuti clinici che gli specialisti utilizzano per i loro studi e le loro ricerche, che poi vengono divulgate e si rivelano di fondamentale utilità per i pazienti stessi. Così è avvenuto in incontri pregressi che hanno approfondito i problemi del sonno, la biochimica delle emozioni, l’efficacia terapeutica della musica.
Così è avvenuto in occasione della discussione delle due tesi di laurea sull’alimentazione e oggi sul dolore nel Park.
Tutto ciò rientra pienamente tra gli scopi dell’Associazione Parkinson Sassari, nata nel 2013 con i seguenti obiettivi:
1) Promuovere e informare sulle cure e i diritti dei malati di Parkinson;
2) Proporre attività di riabilitazione convenzionale e non convenzionale (teatro, danza, musica e canto).
3) Favorire momenti di aggregazione sociale con attività ricreative, incontri di studio, di approfondimento, di confronto sulla malattia di Parkinson e sulle problematiche connesse sia mediche che sociali.
Le attività che hanno caratterizzato la pur breve vita della nostra Associazione sono tantissime, per fornire un quadro complessivo di esse ci limiteremo a farne solo un elencazione sommaria:
è stato creato un ecosistema che ci ha consentito di usufruire del contributo professionale di una fisioterapista, di una logopedista, di una musico terapista, di esperti di canto, teatro, ballo, di uno psicologo anche per il sostegno alle famiglie. Gli incontri hanno avuto cadenza almeno trisettimanale, inframezzati da riunioni conviviali, visite a luoghi di interesse culturale, conferenze di esperti, esibizioni in pubblico del nostro coro con studenti delle scuole cittadine e in alcune RSA; insomma, siamo usciti dall’isolamento del dialogo solitario e deprimente di ciascuno con la propria malattia in un clima di solidarietà ed amicizia, sviluppato anche mediante contatti costruttivi con le altre associazioni Parkinson della Sardegna e numerose altre associazioni.
A ciò si aggiunge l’organizzazione, con una pluralità di esperti, di convegni annuali sul Parkinson a Sassari ed Alghero, dove per la prima volta si è declinato il Parkinson al femminile nell’ottica di una medicina di genere.
Abbiamo dovuto combattere una lunga e logorante battaglia per ottenere un ambulatorio Parkinson dedicato ai disturbi del movimento. A causa del mancato turn over dei medici nella clinica neurologica si era andata progressivamente chiudendo per i pazienti la possibilità della continuità assistenziale, obbligandoli o al ricovero o al ricorso al Pronto soccorso, con costi umani ed economici imponenti:
in virtù di una Convenzione tra ATS e AOU siamo riusciti ad ottenere l’ambulatorio Parkinson, grazie anche al sostegno della stampa e dei telegiornali locali.
Purtroppo da un anno a questa parte la disponibilità dell’ambulatorio è stata nuovamente ristretta, e ora che infierisce il Covid è ulteriormente ridotta. A ciò si aggiungono sia l’isolamento sociale imposto dal lockdown per un’utenza di pazienti anziani, portatori di patologie croniche e degenerative come noi Parkinsoniani, sia l’impossibilità di praticare le terapie complementari in presenza. Tutto ciò ha prodotto nella totalità dei malati danni fisici e psicologici devastanti.
Abbiamo quindi fatto ricorso alle moderne tecnologie di comunicazione a distanza attraverso videoconferenze e chat di gruppo, spesso supportati dall’Università.
Infine, dopo un colloquio con i massimi dirigenti dell’ ATS, abbiamo presentato una proposta di PDTA, cioè Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale sulle linee guida del Piano Nazionale delle Cronicità, che prevede la presa in carico a 360 gradi dei malati di Parkinson, senza nessun aggravio di spesa, perché gli specialisti sono già in carico al servizio sanitario nazionale, evitando la defatigante ricerca nel territorio dello specialista che di volta in volta è necessario Purtroppo, però, non abbiamo ottenuto risposte: siamo perfettamente consapevoli della gravità della situazione emergenziale venutasi a creare con il Covid, ma non vorremmo che tale congiuntura possa fungere da alibi per continuare a depotenziare il servizio sanitario territoriale già ridotto ai minimi termini.
Sembra che le altre, gravi patologie invalidanti e progressive come la nostra non abbiano diritto di cittadinanza. A questo non ci possiamo rassegnare, non ci stiamo e siamo decisi a combattere ancora per difendere i nostri diritti.
Grazie.
Dopo i due precedenti articoli “Congelati a tradimento” e “Congelati a tradimento: non ci siamo (ancora)”, con questa “Qualcosa si muove” vorrei concludere questa attualissima tematica presentando alcuni dei videogiochi più conosciuti e presi in esame da ricercatori internazionali.
Pensate, negli ultimi due anni sono stati pubblicati 270 articoli che si riferiscono a ricerche scientifiche incentrati sull’utilizzo degli “exergames” (videogiochi per attività fisica) nel campo della riabilitazione, di cui 41 articoli scientifici si riferiscono al solo Parkinson. Numeri impressionanti tenendo presente che tutti gli autori concludono che l’integrazione di questi giochi nella riabilitazione è fattibile, sicura, efficace, e consente l’assistenza ed il monitoraggio a distanza.
L’esercizio fisico nel Parkinson è fondamentale, specialmente per migliorare l’equilibrio: ogni anno si verificano circa 30 milioni di cadute accidentali che necessitano di cure mediche. Le terapie farmacologiche riescono solo in piccola parte, come noto nel Parkinson, ad impedire o prevenire le cadute.
Specialmente in questi tempi della pandemia del covid-19, che a causa del distanziamento sociale non permette le attività fisiche necessarie a contrastare i disagi causati dal Parkinson, ed in particolare l’instabilità posturale ed il freezing, tali videogiochi offrono la possibilità di esercitarsi comunque, a casa, giocando e ballando e soprattutto divertendosi; e sappiamo che il divertimento e le emozioni positive sono fonte di dopamina.
Ora vediamo alcuni tra i più popolari videogiochi adatti alla ginnastica ed all’esercizio fisico; l’unico punto debole è il costo perché tutti i giochi necessitano di console, quali Nintendo Wii e Switch, Playstation o Xbox, che costano dai 300 ai 500 euro (che però si trovano in molte case grazie a figli e nipoti) ai quali si abbinano i giochi che vanno dai 40 agli 80 euro.
Una delle idee della nostra Parkinson Sassari è quella di offrire un corso per spiegare i diversi giochi e per scegliere quelli più adatti alle proprie esigenze; inoltre, si potrebbero organizzare delle divertenti gare tra ‘atleti’ per favorire la socializzazione se pur a distanza.
Sognare si deve, ed un giorno Volare si può
Fonti bibliografiche:
Cikajlo I, Potisk KP. Advantages of using 3D virtual reality based training in persons with Parkinson’s disease: a parallel study. Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation 2019;16:119.
Garcia-Agundez A, Folkerts AK, Konrad R, et al. Recent advances in rehabilitation for Parkinson’s Disease with Exergames: a systematic review. Systematic Reviews 2019;16:17.
Pacheco TBF, de Medeiros CSP, de Oliveira VHB, Veira ER, de Cavalcanti FC. Effectiveness of exergames for improving mobility and balance in older adults: a systematic review and meta-analysis. Systematic Reviews 2020;9:163.
Prosperini L, Tomassini V, Castelli L, Tacchino A, Brichetto G, Cattaneo D, Solaro CM. Exergames for balance dysfunction in neurological disability: a meta-analysis with meta-regression. Journal of Neurology, online 23 may 2020.
Wollesen B, Wildbredt A, van Schooten KS, Lim ML, Delbaere K. The effects of cognitive-motor training interventions on executive functions in older people: a systematic review and meta-analysis. European Review of Aging and Physical Activity 2020;17:9.
My Angel vince. E vince ancora.
Vince la sua generosità.
Vince il suo contagioso messaggio di gioia.
Ricevere è bello
Ma donare conferisce la gioia immensa di aver fatto felice qualcuno che a sua volta donerà ad altri.
Domenica 15 novembre 2020 è stata celebrata in maniera festosa la cerimonia di consegna della somma raccolta dagli amici di MyAngelwin per offrirla all’Associazione Parkinson Sassari Onlus che l’avrebbe utilizzata per lezioni di canto: insomma, secondo la loro felice battuta, “cantiamone quattro al Parkinson”.
Abbiamo avuto modo di conoscere di persona, sia pure in video, tutto il gruppo Angel di cui abbiamo apprezzato la simpatia e la solidarietà manifestate in tanti scambi sul web in questo mese.
Tanti sono stati i protagonisti di questo incontro gioioso, da Stefania a Dora da Nicola a Fabio ad Adelaide a Paolo a Rosalba a Egle a Giannella a Cenzina: a tutti vada il nostro riconoscente ringraziamento.
Possiamo dire che la nostra generazione è stata fortunata perché ha potuto beneficiare facilmente di opportunità che ai nostri figli e nipoti sono purtroppo negate; ma questi stessi giovani, come voi, sono capaci di slanci e creatività straordinarie all’insegna della solidarietà.
Ma in questa circostanza permettetemi di ricordare affettuosamente colei che è stata il primo anello di questa lunga catena d’amore: Laura Piga.
Laura ha tante Associazioni da seguire; ma quando le sue idee entrano in fase creativa, pensa immancabilmente all’Associazione Parkinson.
Il felice e condiviso incontro con Fabrizio l’ha creato Laura; il legame con MyAngelwin lo ha stretto “fata” Laura: da vecchi abbiamo imparato di nuovo a credere nelle fiabe e nei sogni. Non per caso il nostro motto è:
VOLARE SI PUO’, SOGNARE SI DEVE.
Grazie, Laura.Grazie Stefania, Grazie Nicola, grazie, ragazzi.
Franco
Resoconto e informativa del Presidente
Cari amici, è ormai dal 28 luglio che non ci ritroviamo insieme fisicamente, e questo ci manca molto; ci sono stati incontri per videoconferenza, che però non hanno incluso la totalità dei nostri iscritti; alcuni sono venuti a conoscenza solo in parte di ciò che si stava organizzando, ma ci sembra giusto e doveroso informare tutti delle iniziative avviate e che in questo periodo abbiamo continuato a seguire come continueremo in futuro.
I problemi che aspettano una soluzione sono:
1) Reperimento di uno spazio ampio dove poter svolgere tutte le nostre attività;
2) Avvio in collaborazione con il dott. Kai Paulus, della proposta di P.D.T.A, cioè del Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale dedicato ai pazienti Parkinson sulla base delle linee guida nazionali del piano per le cronicità;
3) L’utilizzo del P.D.T.A. all’interno della realizzazione di un Centro Parkinson multifunzionale in grado di affrontare complessivamente le varie esigenze dei pazienti, (neurologo, fisiatra, nutrizionista, logopedista, psicologo, cardiologo, urologo, diabetologo, esperto amministrativo, figura di sostegno ai familiari) di facile consultazione a seconda del bisogno, e con particolare attenzione ai disagi e ai bisogni dell’attuale pandemia del covid-19.
Questi tre punti sono stati affrontati contattando e coinvolgendo via via diverse persone, a cominciare dal prof. Carlo Doria, senatore neoeletto. Ai primi di ottobre un nostro iscritto che ha con lui rapporti parentali ci ha procurato un contatto col senatore che ci ha convocato per conoscere le nostre problematiche ed esigenze. E’ stato gentilissimo e disponibile e a sua volta ci ha messo in contatto col dott. Flavio Sensi, direttore dell’Area territoriale dell’ATS di Sassari, che a sua volta ci ha convocati il 21 ottobre e ha immediatamente verificato se era possibile individuare un locale da adibire a sede dell’Associazione, ipotizzando che potesse essere San Camillo, salvo nostro gradimento. e la verifica della disponibilità.
Oltre ai locali, gli è stata inoltrata una ipotesi di P.D.T.A concordata col dott. Paulus in vista della possibile creazione di un Centro Parkinson Territoriale, come già ci aveva promesso a dicembre 2019 il dott. Nicolò Licheri, direttore dell’ATS territoriale, al quale è stata inoltrata la stessa richiesta.
Il dott. Sensi ha accolto le nostre proposte con entusiasmo, ipotizzando addirittura un Centro Park internazionale.
Prima di questo incontro, il 15 ottobre Tonino Marogna, Ermelinda Delogu ed io siamo stati ricevuti a Corte Santa Maria da una funzionaria del Comune di Sassari, sempre per verificare la possibilità di utilizzo di qualche locale del patrimonio comunale da adibire a nostra sede. La risposta è stata negativa su tutti i fronti, perché manca un regolamento aggiornato e nessuno si piglia la responsabilità di assegnare locali non adeguati alla normativa vigente.
A questo punto, ci è stata fatta un’altra proposta: la Fondazione Lorenzo Paolo Medas, che mette in atto tutta una serie di attività a favore dei disabili, ci ha proposto di condividere un locale di Predda Niedda situato sotto il Bandiera Gialla, sempre per interessamento di Ermelinda Delogu.
Con Dora Corveddu e Tonino Marogna abbiamo visto un locale bello, grande e adeguato alle nostre esigenze e valuteremo che cosa verrà fuori da tutte queste iniziative.
Per ora, purtroppo, è tutto bloccato per il Covid.
L’unico modo per vederci è attraverso i social.
A proposito, il 26 novembre (ore 17,00), sempre per videoconferenza, dovremo formalizzare la cerimonia di Convenzione fra il Rettore dell’Università di Sassari e il Presidente dell’Associazione Parkinson Sassari, già firmata qualche mese fa. Tale Convenzione prevede la formazione di una rete di iniziative congiunte per progetti di ricerca e formazione. Su questa base, sono state già discusse due tesi di laurea sull’alimentazione ed una sui dolori nei malati di Parkinson ed effettuate diverse videoconferenze.
Avremmo dovuto fare una cerimonia solenne nell’Aula Magna dell’Università insieme al Rettore e ai nostri iscritti, ma purtroppo la pandemia ce lo impedisce.
Questo è quanto abbiamo fatto in questi ultimi mesi, se ho dimenticato qualcosa ci aggiorneremo.
Grazie per la pazienza, vi saluto con affetto sperando che questa stagione così buia e triste si concluda al più presto.
Franco Simula
Venivano al mio paese quando cominciavano i primi freddi. Un mulo macilento e affamato che implorava una sosta, e un carretto, che una volta doveva essere stato dipinto di giallo, pieno di sacchi di castagne. Lui, lunga barba, piccolo e secco con pantaloni rattoppati con decine di ritagli di stoffe diverse, che probabilmente ed inizialmente dovevano essere stati di fustagno, lei con un vecchissimo costume dalla caratteristica cuffietta, forse di Desulo, ancora più secca di lui. Andavano di paese in paese , vendendo quelle castagne raccolte con fatica ,mangiando poco e dormendo meno, perché le tettoie e le stalle dove si accampavano la notte dovevano essere gelide e respingenti . Oltre che vendere castagne, riparavano ombrelli e, piatti rotti , smerciavano umili oggetti di legno, mestoli, colini. Lui aveva un sacco con fili di ferro, ritagli di stoffe, aghi, ombrelli vecchissimi da cui ricuperare pezzi di ricambio. Testardo, rattoppava. cambiava stecche ossidate, manici mutilati o amputati del tutto in ombrelli neri o verdi, quelli enormi allora usati dai contadini. E ai poveracci che gli davano lavoro riparava anche piatti, zuppiere, vassoi di terracotta. Univa i vari cocci, dopo aver fatto due buchetti col ” girabacchino “, con un mastice bianchiccio e una graffa che presto sarebbe arrugginita, rendendo quelle stoviglie ancora più brutte e deturpate.
E tutti si affollavano attorno, poveri da una parte, miseri dall’altra e seguivano gesti lenti, precisi e caparbi, fatti con serietà ed impegno che avrebbero reso quegli umili utensili ancora utilizzabili, perché allora nulla veniva buttato, tutto riciclato sino ad una fine non più rimandabile. Vita grama che si esauriva in ogni paese dove si fermavano dopo qualche giorno dall’arrivo, con un lavoro misero, spesso pagato solo con fieno per il mulo e una notte in una stalla o pane e formaggio che non rifiutavano mai e che veniva segnato da innumerevoli segni di croce. E se ne andavano, sfiniti e poveri come erano arrivati, umile vita itinerante per vie lontane e sparivano sino all’anno successivo, sparivano oltre quella curva della vecchia fontana, giù giù……. alla fine del paese……….
Una signora col rossetto Egle Farris
Cara Egle, mi sono sempre piaciute le storie d’amore, e i tuoi ricordi sono permeati di una dolcezza talmente struggente che destano in me una tempesta di emozioni perché mi riportano tutte insieme le stagioni della mia vita. Forse dovrei dire della “ nostra” vita, credo che molti dei nostri amici più o meno coetanei abbiano vissuto gli anni del dopoguerra, qualcuno anche gli ultimi del periodo bellico.
Sapessi che piacere ho provato nel leggere le testimonianze della vecchia Sassari fatte da Tore Faedda, come nel racconto dei blocchi di ghiaccio scaricati dai ragazzini a Porta Macello e inviati ai negozi o alle case dei fortunati che avevano il mobiletto per tenere il ghiaccio, le descrizioni di una vita semplice ma dignitosa di un’infanzia trascorsa nel cuore del centro storico di Sassari. Anche Tonino Marogna è una fonte inesauribile di quella stagione, in un quartiere diverso di Sassari, l’ho sentito raccontare a voce le sue memorie che abbracciano diverse età della sua vita, dall’immediato dopoguerra allo sviluppo della Petrolchimica e oltre.
I miei ricordi sono divisi a metà: da una parte la vita nel paese del mio cuore, Nulvi, dove sono nata nel ‘45, dall’altra il centro di Sassari, nella via del vecchio Ospedale di Piazza Fiume nel rione di San Giuseppe, dove i miei genitori si sono trasferiti dal paese quando io avevo tre anni e mio fratello Carlo era appena nato.
Per mia fortuna, tutte le estati della mia infanzia le trascorrevo in paese dai nonni, che si caricavano a turno di quattro nipoti, due per volta, aiutati dall’ultima sorella di mia madre, che faceva la sarta ed era rimasta “zitella”.
Ho conosciuto di persona quella che nei libri di storia viene definita “economia curtense”, cioè un’economia chiusa dove si dispone solo di ciò
che è autoctono, che si produce in loco.
Il cibo era semplice: pane e pasta fatti in casa, perchè tutti avevano la provvista di grano che all’occorrenza andavano a macinare al mulino, dolci alle feste, latte e formaggi oggetto di baratto, frutta, verdura e ortaggi di stagione, legumi essiccati; a ciò si aggiungevano una gallina o qualche pulcinotto, che di giorno razzolavano nei vicoli e di notte si ritiravano in una stia a forma di una rozza scala all’ingresso delle case più povere o nelle stalle dove si allevava il maiale con gli avanzi della famiglia.
L’uccisione del maiale era un momento di grande socializzazione perché amici e vicini partecipavano alla lavorazione e conservazione delle varie parti dell’animale, come il lardo sotto sale, la carne essiccata e le salsicce, mentre le parti molli e il sanguinaccio si consumavano in un gioioso banchetto.
Nel paese c’era una sola macelleria, e quando macellavano un bue o una mucca il banditore ne dava l’annuncio con la sua tromba per le strade.
C’era un solo spaccio dove si trovava un po’ di tutto, compreso lo zucchero e il caffè in grani da macinare; ogni tanto passava un uomo su un asino che gridava: “aiò assu sale e sa salippa” che ci portava il sale, e anche uno che vendeva “ bisaru, giarrette, saldina” . Ricordo un uomo che riparava le anfore, i vasi di coccio e le giare: praticava dei fori fra le due parti da congiungere e dopo averle assemblate col mastice le legava con dei punti metallici.
Infine, ogni tanto passava il venditore di stoffe e corredi per le ragazze da marito: fin da bambine si pensava a dotarle di biancheria da casa e da letto, che le ragazze ricamavano sedute sulla porta di casa. Gli uomini mettevano la casa e in qualche paese c’era l’uso di far sfilare le amiche della sposa col corredo.
Nel quotidiano, gli uomini erano vestiti di fustagno, i vecchi di orbace e portavano scarponi chiodati, le donne anziane il costume giornaliero, le più povere andavano scalze; le più giovani erano vestite “alla civile”con un cambio di scarpe e gli abiti belli per la domenica; tutti i bambini giocavano scalzi nelle strade.Una volta, un camion ha portato scarpe tutte uguali ma di misura diversa, con due occhielli e una fibbia , modello unico per tutti.
Ricordo che io arrivavo al paese come “cittadina” con le scarpe, ma alla fine dell’estate anche io correvo scalza sull’acciottolato che ricopriva tutti i vicoli che si dipartivano dallo “stradone”, cioè il tratto di strada asfaltata che tagliava in due il paese, dove la domenica dopo la Messa si svolgeva la passeggiata e i giovani intrecciavano gli sguardi e nascevano le storie d’amore.
Halloween non si festeggiava . Semplicemente, non esisteva. Chi, come me, ha oltrepassato le settanta primavere, aspettava Ognissanti che dovevano esserci proprio tutti, tutti, i santi, se c’erano due esse, e magari avrà dei ricordi simili ai miei . Ho ancora negli occhi e nella mente quell’attesa, l’attesa di quei dolci che, allora, non venivano preparati in tutti i periodi dell’anno ma solo ed esclusivamente per quella festa.
Cospiratori.
Come carbonari intriganti e cospiratori della notte ,con tutti i cugini, con indifferenza e dissimulata paura cominciavamo a salire quei gradini sbeccati che portavano nelle immense soffitte dei miei nonni (forse è solo il mio ricordo, immense, ma tant’è). La grossa chiave strideva nella serratura e, ssshhhh ssssssshhhhh, entravamo tutti. Toglievamo le scarpe, che non ci sentissero, per carità, ed i piedi diventavano ghiaccioli in un millisecondo.
E si cominciava a passare sotto le travi da cui pendevano ghirlande di pomodori rossi e succosi, grappoli di pere “antoni e ‘sale” dall’inebriante profumo che prometteva delizie , melograne che mostravano denti vermigli e si erano incoronate ed abbigliate da sole, grappoli di uve, torciglioni di bucce d’arancia che formavano colorati ricami e ghirigori profumati. E poi a terra, su uno strato di paglia, mandorle, noci, nocciole e sorbe e, in un cestino, fichi secchi con le foglie di alloro dall’aroma penetrante e prugne viola.
E profumi, profumi dappertutto. Ma la meta era un uscio chiuso con una chiave appesa lì vicino, (ma perchè chiudevano ,se le chiavi erano lì?) che non portava da nessuna parte conosciuta, ma nella grotta di Alì Babà, proibita per noi, dove le corbule contenevano brillanti trasformati in lucenti “copulette” coi diavolini d’argento, gli smeraldi erano i papassini coi colorati canditi e le “teriche” con la bianca pasta frastagliata e la nera sapa diventavano opali col castone d’agata. E il tesoro aveva ancora spille di amaretti e gateau di zucchero bruciato con le mandorle che sembravano ambre. E tutti , in profondo silenzio , congelati sino alle ossa ,sceglievamo un dolce, uno solo per non essere scoperti e lo gustavamo lì, al buio e al freddo, godendo del sapore di una chicca, senza sapere invece e senza immaginare che era quello di una vita che tanti, troppi anni dopo, non saremmo riusciti a dimenticare, cristallizzata dentro i confini di un’esistenza sempre troppo breve e di un tempo magico ed irripetibile.
Una signora col rossetto
Egle Farris
Lo scorso marzo avevo scritto un breve articolo sul freezing, cioè gli improvvisi blocchi motori (vedi “Congelati a tradimento”, archivio marzo 2020). Il “congelamento della marcia” o come lo chiamano gli anglosassoni “freezing of gait, FOG” è un sintomo molto particolare del Parkinson, perché porta a grave disabilità ed a cadute traumatiche; e quello che è peggio: non ci sono farmaci che lo possono evitare o prevenire.
Quando avevo scritte quelle righe, eravamo a marzo, appena all’inizio di ciò che poi sarebbe diventata una rivoluzione epocale in termini sociali e comportamentali. Conosciamo tutti i cambiamenti e disagi della pandemia del covid-19 e non mi soffermo su di essi. Ma è sotto gli occhi di tutti che le persone con disabilità motoria sono particolarmente colpite, sia per il distanziamento sociale (fonte anche di solitudine, ansia, depressione, insonnia, di cui parleremo un’altra volta), ma anche per lo stravolgimento dell’approccio alla indispensabile riabilitazione.
Come fare?
Ci stiamo lavorando, ed il nostro presidente Franco Simula, insieme ai nostri insostituibili “riabilitatori” Pinuccia Sanna, Annalisa Mambrini e Fabrizio Sanna, ed alle ‘Fantastiche Quattro’ Dora Corveddu, Laura Piga, Rita Lionetti e Elenia Maniero, vi informeranno appena possibile.
E nel frattempo?
Curiosando in internet, sono “inciampato” questo fine settimana in due interessanti articoli che possono benissimo essere aggiunti all’articolo dello scorso marzo e che possono servire come stimolo per trovare qualche divertente passatempo che contemporaneamente serve anche a tener testa a quel “rapace infingardo” (cit. G.B.).
I due articoli, scritti da due gruppi di ricercatori completamente diversi, in realtà trattano la stessa tematica: come rimanere in forma e combattere il Parkinson a casa. Quindi, esattamente quello che ci serve in questo periodo. Nel mio articolo “Congelati a tradimento” avevo accennato al Nordic Walking (passeggiare con le stecche da sci, per intenderci) che ritengo uno degli strattagemmi migliori per superare il FOG e per migliorare postura e passo. Un altro efficacissimo metodo, se non la riabilitazione migliore in assoluto, è il ballo, ma quello in questo periodo purtroppo non è indicato. Infine, avevo proposto la Realtà virtuale, cioè esercizi fisici eseguiti con l’ausilio di ambienti virtuali creati da software dedicati; questi utilissimi aiuti sono però costosi e necessitano comunque di un istruttore.
Invece, nei due articoli si parla di semplici videogiochi, utili o “giochi seri” (serious games) come li definisce il gruppo di Dauvergne, ed “giochi esercizio” (exergames) quello di Garcia-Agundez. Tutti e due considerano solo video giochi in commercio, facilmente reperibili e da usare a casa, iniziando da un semplice gioco da ‘touch screen’ dove si deve premere lo schermo al tempo di un dato ritmo o musica raccogliendo punti per la costruzione di un edificio. Con questo gioco ritmico si affinano appunto la percezione del ritmo e con essa, del movimento. Altri esempi, invece, si avvalgono dell’utilizzo di aiuti esterni, come console, controller oppure cyclette, per favorire la fisicità degli esercizi. In comune a tutti questi videogiochi è comunque la caratteristica del gioco, del divertimento che stimola la motivazione e la costanza, la dopamina appunto.
Con il Covid-19 il mondo, il nostro modo di vivere, è cambiato e ci dobbiamo adattare. Questo adattamento ora è indispensabile e dobbiamo familiarizzare con le opportunità tecnologiche, e che ci saranno utili quando torneremo ad una nuova normalità, potendoci nuovamente incontrare ed allenare in palestra, perché allora saranno parte integrante dei programmi riabilitativi contro “su nemigu” (cit. Peppino Achene).
Per chi ha dimestichezza con il computer, oppure familiari che possono aiutare, un bel videogioco per il Natale potrebbe essere esattamente ciò che ci vuole in questo momento per affrontare i disagi; in fondo siamo sempre bambini.