Volare si Può, Sognare si Deve!

Una partita col diavolo – testo di Franco Simula


Il pallone. Una passione irrefrenabile. Una passione che a 16-18 anni ti pervade e diventa pensiero dominante, ossessivo, che non si placa se non sul campo da gioco, dal quale finalmente rientravi a casa soddisfatto, dopo ore di corsa, di stacchi aerei, di scatti brucianti, di richiami ai compagni, di sudore, di fatica. Stanco ma soddisfatto. La passione era così forte e propulsiva che ti spingeva ad andare oltre ogni limitazione di carattere ideologico, politico, religioso.

Anche il campo da gioco allora era un problema: mancavano gli spazi in grado di ospitare tutti i giovani che volevano praticare uno sport, e quelli che lo praticavano dovevano accontentarsi di un rettangolo in terra battuta che era l’unico spazio disponibile costruito qualche decennio prima dal regime fascista per la formazione atletica dei giovani. I campi verdi con l’erbetta facevano parte dei sogni per noi irrealizzabili, costituivano solo cronache sportive raccontate dai radiocronisti dell’epoca: per tutti ricorderò Nicolò Carosio. In quegli anni l’unico campo sportivo dell’epoca era di proprietà del Comune e conseguentemente soggetto alle “assegnazioni” politiche degli amministratori del momento che favorivano alcuni e danneggiavano altri; ma chi sentiva bruciare dentro il “sacro” fuoco, superava qualsiasi ostacolo.

A metà degli anni cinquanta – in un clima politico caratterizzato dalla contrapposizione fra comunisti e cattolici- a Ittiri giocavano due squadre di calcio a contendersi la platea dei tifosi: una era la squadra della RINASCITA che faceva capo all’UISP ed era sponsorizzata dall’allora Sindaco socialcomunista Leonardo Gambella; l’altra era l’U.S. ITTIRI voluta dal giovane vice parroco del paese don Michele Merella.

Allora a Ittiri due squadre di calcio erano forse troppe, tanto è vero che periodicamente qualcuna delle due perdeva dei “pezzi” o perché qualche titolare della squadra andava a lavorare fuori paese o perché addirittura erano costretti ad emigrare in paesi stranieri. Non sempre le due squadre riuscivano a mantenere a lungo 11 titolari stabili: il gioco del calcio per noi non era una professione ma puro diletto. Non di rado accadeva quindi che le due compagini si trovassero a dover gestire organici ridotti e che si rendesse necessario chiedere rinforzi agli “avversari” soprattutto se questi attraversavano un periodo di m agra e avevano qualche giocatore disponibile. In una di queste circostanze di inattività della mia squadra a me e ad altri due amici fra i migliori della squadra venne rivolto l’invito di giocare con la formazione avversaria. All’inizio la notizia venne appresa dagli amici con noncuranza ma anche con un po’ di invidia perché i dirigenti della Rinascita -accantonando un po’ dell’orgoglio di squadra che caratterizzava quei tempi da Peppone e Don Camillo – avevano deciso di rinforzare la formazione chiedendo il contributo atletico di alcuni fra i migliori dell’altra compagine. La notizia però, non aveva lasciato indifferente il vice parroco che era deciso fortemente ad impedireuna tale inaccettabile contaminazione.

Naturalmente il vice parroco mi contattò immediatamente per cercare di farmi capire quale cattivo esempio avrei dato alla comunità dell’Azione Cattolica paesana che sostanzialmente aveva sponsorizzato la squadra di cui ero “l’alfiere”. Il richiamo del pallone, però, era fortissimo mentre la mia disponibilità ad accettare l’invito alla rinuncia, nessuna.

Niente, d’altronde, era stato detto agli altri due che assieme a me stavano “tradendo” i colori della squadra, chi doveva dare l’esempio di attaccamento alla squadra e alla ideologia che l’aveva ispirata ero soprattutto io. Questo forte richiamo rivolto esclusivamente a me, era giustificato dal fatto che la mia famiglia .dal punto di vista dell’osservanza religiosa- era molto conosciuta nel paese e quindi io non potevo incautamente espormi ad essere “usato” dagli avversari.

Ma io pur di giocare a pallone ero disposto a giocare col diavolo. Il giorno della vigilia subii nuovi e più pressanti assalti di dissuasione che, però, interiormente ero sempre meno disposto ad accettare.

Arrivò finalmente il giorno della partita: io ero sempre più determinato a indossare la maglietta della Rinascita ed entrare in campo.

Sino a qualche momento prima dell’inizio mi erano arrivati messaggi di invito alla rinuncia che a tratti assumevano il sapore della minaccia.

Ore 15. inizio della partita. Io entrai in campo convinto ormai che la decisione fosse irreversibile e che per 90 minuti avrei potuto dare sfogo alla mia grande passione senza condizionamenti di chiese o di partiti.

Ma la partita per me non durò 90 minuti.

Il vice parroco – informato in tempo reale di quel che stava capitando – andò immediatamente dai miei genitori per informarli del turpe “tradimento” che stavo consumando contro i principi ai quali la mia famiglia si era sempre ispirata: e tutto per una banale partita di calcio. Per me quella partita non era né banale né trascurabile: era la mia passione, in quel momento della mia vita era tutto.

“Vostro figlio sta giocando coi comunisti e voi non fate niente per impedirglielo”. L’intervento del vice parroco non rimase inascoltato. Mio padre uscì di casa “caricato” per bene e si diresse al campo deciso ad interrompere in qualsiasi modo la mia intollerabile ribellione.

Arrivato al campo, mio padre entrò direttamente sul rettangolo di gioco per impormi di uscire immediatamente Il ventiquattresimo uomo in campo aveva destato grande meraviglia fra gli spettatori e fra i giocatori che non riuscivano a capire il motivo di questa imprevista e strana invasione di campo in un momento in cui l’incontro si svolgeva su un piano di estrema correttezza. L’approccio non fu né facile né di breve durata. Perché tutte le volte che mio padre stava per avvicinarsi a me l’azione del gioco si spostava da un’altra parte del campo e io, all’inseguimento del pallone, rendevo vani i suoi tentativi di approccio. Considerato, inoltre, che mio padre era uno dei miei “tifosi” più convinti, appariva chiaro che aveva dovuto svolgere questo mandato contro la sua volontà. Però però occorreva mettere riparo in qualche modo alla “vergogna” di cui avevo ricoperto la famiglia.

Finalmente mio padre riuscì ad avvicinarsi per impormi di abbandonare immediatamente il campo.”Vieni fuori” mi intimò. Riuscii ad ottenere la compromissoria concessione che avrei smesso di giocare alla fine del primo tempo. E così andò. Dopo soli 45 minuti, alcuni dei quali carichi di angoscia, si concluse la mia partita che, forse, avrebbe potuto designarmi come “il migliore” fra i giocatori delle due squadre.

E invece tutto andò a rovescio.

Nell’ambito sportivo era svanita per una discutibile presa di posizione l’opportunità di dimostrare alla generalità dei tifosi di sapermi battere lealmente in una gara sportiva prescindendo dai colori delle magliette.

Nell’ambito familiare andò anche peggio. La sera, infatti, rientrato a casa sembrava che ci fosse il morto: mi avevano accolto visi lunghi e tristi invece dei complimenti di incoraggiamento. Una partita di calcio (anzi mezza partita) era stata sufficiente a mandare in crisi una famiglia e i suoi rapporti con le istituzioni religiose: insomma un dramma. Per me tutto era stato molto più semplice: era stato l’appagamento di un desiderio straripante, riconducibile a una grande passione che era il gioco del calcio. Tutto qui: senza ideologismi o settarismi di alcun genere.

Franco Simula

3 aprile 2022 65 anni dopo l’evento


In ricordo di Salvatore Ferrante – testo di Franco Simula

Abbiamo conosciuto Salvatore Ferrrante qualche anno fa, quando era ancora attento, vigile, collaborativo.
Poi anche su di lui è andato gradualmente spegnendosi il sole della vita, sino al buio totale. La moglie Mariuccia, in un’amorevole simbiosi, ha fatto generosamente tutto il possibile per allungare la vita a un lumicino che andava consumandosi.
L’Associazione Parkinson esprime le più sentite condoglianze alla famiglia.

I mestieri scomparsi: le lavandaie – testi di Egle Farris

Andavano, meglio scendevano, scendevano per quello stradone polveroso di bianco.   Vidi correre diverse persone urlanti e poco dopo apparve una poveretta bagnata per intero di acqua e sangue. Dalle concitate parole ed urla, io piccola, capii che il fattaccio era avvenuto al lavatoio. La  protettrice delle donne, santa lavatrice, era di là da venire, tanti , troppi anni dopo, assieme ai primi detersivi in fustino, che venivano pubblicizzati due per uno, se acquistavi la marca migliore.                                                                                                         

Perchè allora un consistente numero di case non aveva neppure acqua corrente e ripenso così alla fatica delle nonne o bisnonne e non mi spiego come potessero , anche in pieno inverno , quegli inverni ! , fare tutto ciò. Lavoro pesantissimo , cenere bianca e saponi autarchici , derivati da soda e tutto il grasso animale che riuscivano a racimolare , bollendo l’ impasto nella strada in un infernale calderone , spandendo acri e maleodoranti afrori. Alternativa non ne esisteva .  Venivano giù, contratte per il peso, per quello stradone. Si ritrovavano la mattina presto , con vecchie e cigolanti carriole le lavandaie di professione,  cariche di panni, e “lamoni ” di latta zingata  quelle che accudivano la propria famiglia,  un incedere elegante e spavaldo che avrebbe fatto invidia a Naomi Campbell , dato da anni di  ceste tenute in bilico sul capo da un cercine e dalle mani a coppa sui fianchi.   Calzerotti di lana grezza , scendevano e , sotto le cannelle , si lavava , stropicciava, sciacquava , sciorinava , con le mani rosse di geloni grandi come noci e artritiche e che  a trenta  anni erano già intorcinate come fil di ferro arrugginito, dimenticato per sempre quell’andare   giovanile ed audace, spavaldo e baldanzoso ,intrepido e tosto. E con lo sporco si scaricavano tensioni ,malumori e rancori di una vita difficile. Luoghi di chiacchiere ,aggregazione,gossip ,pettegolezzi e ogni scusa era buona per litigare e far scorrere il sangue . Le notizie si diffondevano nei e dai lavatoi, centri sociali della comunicazione di allora  (face-book ante-litteram ?) . E quando il tempo migliorava era forse più facile ridere ,cicalare, e cantare a voce spiegata  mentre si stendevano al sole i bianchi panni . D’altronde. chi mai avrebbero disturbato, povere donne?    Ma si sbrigassero , si affrettassero con i canti e i cori e le risate e le ciance, parevano mormorare i lunghi , affusolati cipressi appena smossi dal vento leggero  , che  sussurravano e bisbigliavano che Il tempo , velocemente e  senza  aspettare nessuno, se ne va,   perchè il lavatoio ,  come  inganno  finale , si trovava all’estrema periferia  del paese , giù giù in fondo , dietro la curva , proprio di fronte   a quei cipressi che ,silenziosamente , come fantasmi leggeri , proteggevano il cimitero…….

Una signora col rossetto

Egle Farris

MISTER PARKINSON E CAPTAIN KIRK di Kai S. Paulus

Scienza, ultima frontiera. Eccovi il viaggio della pattuglia Microglia all’esplorazione di strani nuovi mondi, per arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima…

 

Tutto tranquillo nello spazio intercellulare.

Ma ecco, che il vascello della pattuglia ‘Microglia’ nota un insolito movimento nella via nigrostriatale. Verosimilmente si tratta di un neurone dopaminergico che non riesce a smaltire i propri scarti di alfa-sinucleina che adesso inquinano tutto l’interno della cellula. Se gli aggregati di questi scarti dovessero riuscire a giungere nello spazio intercellulare saranno guai seri, perché un singolo vascello nulla può fare contro l’aggressività di questa spazzatura tossica, e ciò che è ancora più grave, la sinucleina può diffondere ed attaccare altri neuroni.

Troppo tardi:

sciami di aggregati di sinucleina lasciano la povera cellula ormai spacciata e attraversano lo spazio in tutte le direzioni per attaccare più neuroni possibili. Ciò non deve capitare!

Allarme rosso!

A tutta velocità il vascello della classe macrofago, fornito della più moderna tecnologia di inglobamento e frantumamento di scarti, si precipita sul nemico, e consapevole che da solo non ha nessuna possibilità, manda segnali di soccorso alle altre pattuglie nelle vicinanze ed a tutta la flotta.

Intanto, il vascello ingaggia battaglia per distrarre il nemico e per guadagnare tempo e distrugge migliaia di aggregati che però arrivano sempre più numerosi e riescono a penetrare lo scafo del macrofago dirigendosi direttamente alle centraline energetiche, i mitocondri, danneggiandoli pesantemente e mettendo fuori causa il vascello.

Aggregati di sinucleina dentro il neurone; in lontananza si aggirano insospettite le pattuglie della Microglia. Crediti immagine: Nescens2021

Finalmente giunge sul posto l’intera flotta del Sistema Immunitario di quel settore e si dispone immediatamente in formazione di attacco: tutti i vascelli vengono uniti tra di loro da prolungamenti tipo tunnel che garantiscono il passaggio da un vascello all’altro formando una gigantesca rete nella quale il nemico finisce come pesci nella rete dei pescatori.

Per salvare il primo vascello in affanno e vicino a doversi arrendere, la rete lo aggancia con i suoi tunnel attraverso i quali lo libera di buona parte degli aggregati nemici spostandoli verso i macrofagi freschi e forti. Per di più, i vascelli più lontani dalla battaglia inviano tramite i tunnel i loro mitocondri, di cui hanno meno bisogno, che attraversano gli altri vascelli fino ad arrivare al primo, quello sfortunato, che ora viene fornito di nuovi mitocondri e può riaccendere i motori e buttarsi nella lotta.

La battaglia è presto vinta, ma la guerra è appena iniziata e tante battaglie attenderanno la flotta della Microglia.

(segue “La Microglia”)

LA MICROGLIA di Kai S. Paulus

(seguito di “Mister Parkinson e Captain Kirk”)

Mister Parkinson e Captain Kirk” racconta un po’ quello che accade in ogni momento in ognuno di noi, di come il sistema immunitario ci difende da ogni tipo di intrusione, germi, batteri, virus, e proteine alterate e tossiche.

La novità è che succede la stessa cosa anche dentro il nostro cervello e questa difesa del sistema immunitario, che nel cervello si chiama microglia, composta da cellule specializzate a fagocitare, a “mangiare” tutto quello che non ci deve stare, i macrofagi, simili ai monociti che troviamo in tutto l’organismo.

L’ultima, recentissima, scoperta, è la formazione della rete attraverso la quale la microglia può distribuire le sostanze nocive per smaltirle meglio, e soprattutto, ed è ciò che mi ha meravigliato tanto, la capacità di spostare i mitocondri, le centraline energetiche delle cellule, a seconda delle necessità dove servono di più. Incredibile! Da oltre 40 anni mi interesso di microbiologia e fisiologia cellulare ed ogni nuova scoperta mi affascina. Ma quando ho letto l’articolo di Hanna Scheiblich sono rimasto veramente di stucco. Roba così meravigliosa riguardante il funzionamento del nostro corpo e la collaborazione tra cellule non mi è ancora capitato e che fa venire in mente lo schieramento di un moderno esercito con l’avanscoperta, le falangi, e le retrovie che riforniscono le prime linee.

A differenza delle puntate della serie televisiva “Star Trek” il nostro racconto non finisce bene, anzi, non finisce proprio e prevede tante altre battaglie ed una guerra lunghissima. Allora, dobbiamo preoccuparci?

Per niente.

La microglia, scoperta nel 1856 dal patologo tedesco Rudolf Virchow, fu inizialmente considerata solo una componente di sostegno per i neuroni dentro il cervello, ma oggi si sa che è composta da cellule multifunzionali appartenenti al sistema immunitario e che interagiscono attivamente con le altre cellule del cervello, quali gli astrociti e oligodendrociti (la cosiddetta macroglia deputata al sostegno e supporto del cervello) e soprattutto con i neuroni.

Negli ultimi anni si è compreso che la microglia non è un osservatore passivo delle malattie nervose ma che è spesso coinvolta attivamente ed a volte in maniera determinante; esistono geni di rischio per diverse patologie, come l’Alzheimer, il Parkinson, la sclerosi multipla, l’epilessia, l’autismo, e la schizofrenia che si trovano non nei neuroni ma nella microglia. E siccome le mutazioni genetiche della microglia portano a severe microgliopatie che sono associate alle malattie sopraelencate, fa della microglia un formidabile bersaglio di promettenti approcci terapeutici per le grandi patologie del sistema nervoso centrale.

Pertanto, possiamo aggiungere al capitolo sulle nuove terapie in arrivo, “Malattia di Parkinson – Grandi Novità” (archivio 12/12/2021), anche questa parte che prevede lo sviluppo di terapie contro le ‘microgliopatie’.

 

Vorrei concludere con delle notizie positive:

  • dentro il nostro cervello lavora una squadra che lo protegge da tantissimi attacchi;
  • la ricerca sta indirizzando le sue forze verso tale squadra per rafforzarla e maggiormente utilizzarla contro malattie quali il Parkinson;
  • e nel frattempo possiamo fare molto anche noi nella vita quotidiana a rafforzare questa squadra:

Vi ricordate che nel capitolo “Il Sonno” (archivio, 03/01/2022) vi avevo scritto che il sonno buono, quello profondo degli stadi N3 e N4, serve per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Quindi, curando il riposo notturno, si rafforza la propria armata a resistere con più energia e veemenza contro su nemigu.

Ulteriori, ottimi modi per rafforzare le nostre truppe sono buone attività quotidiane, senza voler strafare ed a seconda delle possibilità della singola persona, una corretta e gustosa alimentazione, ed una buona salute intestinale.

Ma questo noi della Parkinson Sassari lo sappiamo già da molto tempo.

 

Fonti bibliografiche:

Cornell J, Salinas S, Huang HY, Zhou M. Microglia regulation of synaptic plasticity and learning and memory. Neural Regen Res 2022;17(4): 705-716.

Madore C, Yin Z, Leibowitz J, Butovsky O. Microglia, Lifestyle Stress, Neurodegeneration. Immunity 2020; 52(2): 222-240.

Scheiblich H, Dansokho C, Mercan D, Schmidt SV, Bousset Luc, Wischhof L, Eikens F, Odainic A, Spitzer JGriep A, Schwartz S, Bano D, Latz E, Melki R, Heneka MT. Microglia jointly degrade fibrillar alpha-synuclein cargo by distribution through tunneling nanotubes. Cell 2021; 184: 5089-5106

Spiteri AG, Wishart CL, Pamphlett R, Locatelli G, King NJC. Microglia and monocytes in inflammatory CNS disease: integrating phenotype and function. Acta Neuropathol 2022; 143(2): 179-224.

IL MIRACOLO DI MARI (recensione del romanzo di Glauco Di Martino)

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“Un centro diurno per disabili a Porto Torres” vorrebbe realizzare l’autore algherese Glauco Di Martino con il ricavato della vendita del suo romanzo, e già questa è una validissima ragione per comprarlo.

Dalla quarta di copertina si evince che Di Martino è impegnato come guida turistica e come autista di pullman Gran Turismo. Sorprende pertanto lo stile professionale della sua scrittura, fresca e diretta.

Non vi racconto la storia, ma posso anticiparvi che si stratta di una storia struggente, di un figlio che assiste i suoi genitori nell’ultimo periodo della loro vita, ed in particolare, di sua madre, Mari appunto, “una delle più grandi guerriere della storia”, che pur combattendo con tutte le sue forze, si deve arrendere ad un invincibile decadimento fisico e cognitivo.

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Glauco Di Martino

Il Miracolo di Mari

Susil Edizioni, 2021

157 pagine, € 14,50

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Il romanzo, autobiografico, come vengo a sapere dall’autore in occasione della presentazione del libro, racconta la storia del familiare, il nostro “portatore sano”, questa volta nell’inusuale veste del figlio maschio. Un figlio che vive la sua vita spensierata con padre e madre che fungono da fari, e tutto fila liscio. Ma poi invece, ad un tratto, si trova egli stesso, suo malgrado, prima faro, e poi assistente dei propri genitori, e deve attraversare tutto l’arcobaleno emotivo di un familiare sul percorso di formazione di un caregiver: sorpresa, incredulità, smarrimento, impotenza, senso di inadeguatezza, solitudine, rabbia, disperazione, …

L’Alzheimer è una malattia terribile, subdola e vigliacca ed è incomprensibile come si possano destinare così poche risorse umane ed economiche alla cura di quella che io ritengo essere la malattia del secolo. Nessuno gli ha teso la mano, nonostante la nostra casa fosse costantemente frequentata da medici di ogni specie, assistenti sociali, fisioterapisti e ogni altra sorta di personale specializzato.

… per finalmente trovare la sua strada e imparare una lezione fondamentale:

Con Mari ho imparato cosa vuol dire donarsi completamente ad un’altra persona senza aspettarsi niente in cambio.”

Ho letto questo libro da medico ed ho incassato le giustissime critiche e la rabbia verso la mia categoria, ma ho letto il romanzo anche da figlio, ed è stata una lettura molto edificante. Grazie, Glauco Di Martino.

Kai Paulus

Le botteghe svanite nel tempo – testo di Egle Farris

Noi non avevamo i banchi con le rotelle e la Dad ,la distanza veniva  sottomessa alle eterne e serrate ‘in fila per due’  e guai ad uscirne anche con un solo piede…..

I centri commerciali che avrebbero esposto il materiale scolastico , con grande felicità degli alunni, già dal primo agosto , dovevano ancora aspettare. In attesa dell’ingresso in classe al suono della campanella , guardavamo quella lettera “O”  di SCUOLA, molto più grande delle altre ,di puro stampo fascista e che ancora campeggia sui cancelli e mai abbiamo capito perché lo fosse ,così  grande.

Tutti gli alunni la chiamavamo così ,da Priulla , quella stanzetta-cartoleria col pavimento ad esagoni neri e grigi ,  immersa eternamente   al buio  in via  E. Costa , che era la meta di quasi tutti gli studenti dell’ appena nato  rione di S.Giuseppe  e che aveva anche una parte riservata alle mercerie e biancheria personale ,che veniva confidenzialmente esposta solo dietro precisa richiesta delle signore . Non si sa mai provocasse pensieri poco edificanti in bambini da elementari . Una vetrina alta e stretta che non cambiava mai , con tristissimi ,funerei grembiuli neri coi fiocchi celesti per i maschi e rosa per le femmine e le striscioline per segnare coi numeri romani la classe che si frequentava . Reggipetti  (allora si chiamavano così) e slip erano severamente banditi .  E una volta varcata la soglia entravi in quelli che oggi ci paiono tempi presi dalle maestrine con la penna rossa e piccoli scrivani fiorentini  e trovavi un bancone ad elle e altissimi scaffali ,mensole e ripiani di legno usurati dal tempo , che contenevano usatissime scatole di ogni tipo piene di carte ingiallite  e buste  color arancio e cartine mute , perchè ,allora ,la geografia si studiava così  ( e Google maps protettore degli alunni che proprio non la vogliono studiare, la  geografia ,era di là da venire), gomme rosse-blu , pennini “gobbino” e “lancetta” , la Coccoina dal profumo di mandorle amare, boccette di china ,cose semplici ed essenziali per scrivere e trascrivere . E due persone che facevano parte  di quel mondo ,tutto e per sempre il loro mondo ,le Priulla , da sempre vecchie ,da sempre secche come chiodi  che indovinavano cosa ti occorreva ,magari i quaderni che avevano la copertina nera con sottilissimi nidi d’ape ed il  taglio rosso .   La carta assorbente era un grande tampone  e l’astuccio di un legno, che ci volevano infinite passate di sapone marsiglia per farne  scorrere  il coperchio graduato e che conteneva penne e lucidi pennini dorati ,sempre macchiato di ditate d’inchiostro .                  I pastelli erano solo  Giotto e  Presbitero  .  Ma quello che dovevamo avere per forza erano i  famigerati “fogli protocollo ” , agghiacciante  terrore di ogni studente  , associati , per il resto dell’esistenza , ai terribili compiti in classe  con gli infausti voti, tracciati da implacabili matite rosso-blu . Le novità erano la gomma pane ,la stilografica con la quale ingaggiavamo lotte estenuanti  e che subì a lungo l’ostracismo di inflessibili insegnanti , le copertine colorate dei quaderni e più tardi i pennarelli……

Ma c’era una cosa che distingueva questo piccolo , oscuro negozietto . L’odore .  Era l’odore consolatorio della carta povera   ,di origine genuina e naturale ,tutte quelle buste e fogli  che facevano immaginare  carteggi lontani e  sentimenti amorosi,  quell’odore che sarebbe stato ben presto soppiantato dalle biro e  dalle gomme colorate  e olenti  aromi artificiali  e , ahimè , da  carte che emanano solamente  acuti  e malvagi effluvi  chimici …….   

Una signora col rossetto

Egle Farris                                                                                                         

Dopo circa 120 anni , il negozio ha cessato l’attività ,condotta da persone che si sono  succedute negli anni ,mantenendo sempre lo stesso stile iniziale .                                                                         

MALATTIA DI PARKINSON E SONNO di Kai S. Paulus

La malattia di Parkinson è notoriamente caratterizzata da rallentamento motorio, rigidità, instabilità posturale e tremore a riposo. Poi si possono aggiungere tante altre problematiche, quali disartria, disfagia, stitichezza, anosmia, scialorrea, dolori, ansia, depressione, insonnia e disturbi del sonno.

Personalmente ritengo che le alterazioni del sonno siano da collocare al primo posto in questo “bollettino di guerra” sia per frequenza che per impatto sul quadro globale.

E poi, se i classici segni parkinsoniani non sono contagiosi, l’insonnia invece lo è!

Inoltre, se le attenzioni della terapia del Parkinson sono rivolte principalmente ai sintomi più conosciuti e più invalidanti, logica vuole che il miglioramento di insonnia e disturbi del sonno, che più di ogni altro sintomo complicano la situazione individuale e familiare, deve per forza rappresentare l’obiettivo prioritario della gestione della patologia.

Ma procediamo per ordine.

Cosimo Rodio, “Pulcinella”, olio su cartoncino.

Il problema del sonno più diffuso nel Parkinson è l’insonnia, che sappiamo colpisce già il 6% della popolazione generale (vedi “L’insonnia”, gennaio 2022), ma nel Parkinson l’insonnia è molto più frequente per i seguenti motivi:

  • Ansia e preoccupazioni per la diagnosi di malattia di Parkinson, ed anche, lasciatemelo dire, per tensioni domestiche che inevitabilmente si creano
  • possibile sindrome ansioso-depressiva reattiva oppure causata dal Parkinson
  • Difficoltà a girarsi nel letto e trovare la giusta posizione a causa della rigidità
  • Dolori, crampi muscolari, tremore
  • Alterazione del ritmo circadiano
  • Riduzione di melatonina ed altre sostanze ipnoinducenti endogeni
  • Farmaci

Come potete notare, la maggior parte di queste problematiche si possono migliorare ottimizzando la terapia farmacologica, ma attenzione, a volte gli stessi farmaci anti-Parkinson possono essere fonte di insonnia.

Accanto all’insonnia si possono riscontrare anche i disturbi del sonno, vere e proprie malattie, di cui i principali sono la sindrome delle gambe senza riposo ed il disturbo comportamentale del sonno REM; per motivi di sintesi non considero altri disturbi, quali le apnee notturne, il sonnambulismo, il bruxismo ed altre parasonnie, che altrettanto causano insonnia, ma che sono decisamente meno frequenti.

La sindrome delle gambe senza riposo è molto frequente nella popolazione generale, e quindi niente panico, la sua presenza, come quella dell’insonnia, non rappresenta un maggior rischio per Parkinson, diversamente il 10 % della popolazione mondiale sarebbe affetta dal nostro Nemigu. Si presenta con una inquietudine e fastidio nelle gambe, specialmente durante la notte e comunque a riposo, che passa solo con il movimento, e quindi: addio sonno. Per fortuna, se correttamente diagnosticata, la cura sintomatica di questa sindrome è molto efficace sia nella popolazione generale che nel Parkinson, e quindi permette un buon riposo notturno.

(segue “Malattia di Parkinson e Sonno 2”)

MALATTIA DI PARKINSON E SONNO (2) di Kai S. Paulus

(seguito di “Malattia di Parkinson e Sonno”)

Il discorso del disturbo comportamentale del sonno REM invece è diverso. Vi ricordate che il sonno REM è la prima fase del sonno (vedi “Il Sonno“, gennaio 2022), in cui avvengono i sogni e durante la quale si osserva una viva attività oculare ad occhi chiusi, addormentati e senza che qualsiasi altra parte del corpo si muova. Invece, nel disturbo comportamentale, si è sempre addormentati, ma il corpo si muove, come se si vivesse il sogno. Per es., si muovono le gambe se si sogna di correre o di scappare, si muovono le braccia quando si sogna di doversi difendere; addirittura, si parla (sonniloquio), e si urla quando ci si spaventa nel sogno. Apparentemente niente di tragico, perché si dorme comunque ed al mattino non si ricorda nulla, anche se eventuali lividi del partner testimoniano altro…

Il grande problema di questa malattia è che rientra nelle sinucleinopatie, cioè è dovuta, come il Parkinson, all’accumulo della proteina alfa-sinucleina alterata che si raccoglie nei corpi di Lewy; tali corpuscoli intracellulari sono di per sé segno di sofferenza dei neuroni e si addensano nelle strutture dei nuclei della base nel Parkinson, mentre nel disturbo del sonno REM si trovano nelle strutture profonde ed inferiori rispetto ai nuclei della base. Secondo la teoria di Braak, la diffusione del processo patologico del Parkinson avviene in senso caudo-craniale, cioè prima vengono colpite le strutture inferiori del cervello, tronco dell’encefalo, poi i nuclei della base (centro motorio), ed infine la diffusione procede fino ad interessare tutto il cervello. Quindi, il disturbo del sonno REM è dovuto allo stesso meccanismo di sofferenza neuronale come nel Parkinson, anzi, ne fa parte, e soprattutto, colpendo delle strutture inferiori a quelle interessate nel Parkinson, lo precede!

Pertanto, il disturbo comportamentale del sonno REM può comparire anni prima di un eventuale esordio del rapace infingardo, ne è un segno preclinico cosiddetto prodromico, con cui si può fare diagnosi precoce e tempestivamente instaurare una terapia, ma anche introdurre tutte le strategie a nostra conoscenza per cercare di rallentare e modificare il decorso della patologia. Vi posso assicurare che, gestire l’insonnia o la sindrome delle gambe senza riposo, in confronto, è un gioco da ragazzi. Il disturbo del sonno REM è una malattia alla pari del Parkinson e necessita pertanto di monitoraggio costante e frequenti adattamenti terapeutici.

Concludendo, abbiamo individuato tre disturbi, l’insonnia, la sindrome delle gambe senza riposo ed il disturbo comportamentale del sonno REM, che ci pongono davanti a delle grosse sfide per la gestione del riposo notturno e della malattia di Parkinson in generale.

Migliorando il riposo notturno migliorano contemporaneamente i sintomi motori, il tono dell’umore e la qualità di vita di ammalato/a e familiare, ma succederà anche un qualcosa di assolutamente unico, che con i farmaci attualmente disponibili non è possibile ottenere: si modifica il decorso della malattia!

 

Cosimo Rodio, “Maggiolino”, tecnica mista su tela

Incredibile, vero?

Ma, a pensarci bene, per tutto quello che abbiamo detto sui benefici del sonno (vedi “Il sonno“, gennaio 2022), dal riposo e risparmio energetico fino alla neuroplasticità con i processi di riparazione e consolidamento di ciò che è stato appreso durante il giorno (per es., la riabilitazione), la conservazione o il miglioramento del riposo notturno deve rappresentare il principale obiettivo della gestione globale della persona affetta da malattia di Parkinson.

Rimane la questione del cosa e come fare?

(segue “Malattia di Parkinson e Sonno 3”)

MALATTIA DI PARKINSON E SONNO (3) di Kai S. Paulus

ritmo 4

(seguito di “Malattia di Parkinson e Sonno 2”)

Affrontare la terapia, o meglio la correzione, delle alterazioni del sonno nel Parkinson è indubbiamente molto complicato e mette a dura prova anche lo specialista più esperto.

Intanto dobbiamo tener presente diversi scenari:

  • Una persona ancora sufficientemente autonoma, attiva e motivata, oppure sedentaria e demotivata
  • Una persona con limitate autonomie, motivata oppure demotivata
  • Una persona allettata motivata oppure demotivata
  • Una persona non autonoma e/o con comorbidità mediche che complicano le terapie neurologiche.

Salta agli occhi la questione della motivazione, la medicina più efficace: la forza di volontà!

Vorrei escludere qui, sia la persona autonoma e motivata che non presenta problemi importanti, ma dove la conservazione del buon riposo è utile alla prevenzione ed all’allontanamento degli stadi di malattia più gravi, sia la persona non autonoma aggravata da altre problematiche (ortopediche, cardiologiche, psichiatriche) che necessita un continuo monitoraggio e adattamento della terapia farmacologica gestiti da un team multidisciplinare.

Invece, il “buco nero” di tutta la terapia del Parkinson riguarda la demotivazione, la scarsa forza di volontà, che comporta una vita sedentaria che porta inevitabilmente ad una accelerazione del Parkinson.

Come è possibile migliorare il sonno in una persona demotivata?

A questo proposito vorrei tornare al modello del ritmo circadiano di Alexander Borberly (vedi “Il Ritmo circadiano”, gennaio 2022),

ritmo 4

Il Ritmo circadiano (linea verde ondulante) ed il processo S, la molla che deve caricarsi durante il giorno per accumulare sonnolenza. (modificato da A. Borberly, 1984)

nel quale si intuisce che una prerogativa del sonno deve essere l’attività diurna che ci conferisce la “spinta del sonno” accumulando stanchezza; senza tale spinta, senza la “molla” che ci “catapulta” nel sonno, Morfeo si allontana e ci attende una desolata insonnia.

Quindi, prima di aiutarsi con fitoterapia (camomilla, melissa, ecc.), e sicuramente prima di qualsiasi approccio farmacologico, bisogna motivare la persona per maggiori attività diurne, che vanno dalle quotidiane faccende domestiche (valido non solo per Sig.ra, ma anche per Sig. Parkinson!), alle varie commissioni (spesa, poste, ecc.), fino alla riabilitazione.

E qui è il punto: sicuramente è difficile che si possa migliorare la motivazione con lo sbucciare patate o fare la fila alle poste. Ci vuole il divertimento! Intanto devo affrontare la quotidianità con il giusto spirito: sbuccio le patate perché mi rendo utile, posso aiutare il partner e miglioro anche la mia manualità, ecc.

E poi ci sono gli hobby, i passatempi: leggere dei libri belli e stimolanti, incontrarsi con amiche e amici (con le giuste cautele anti-covid), giocare a carte, dama, scacchi, passeggiate e gite, ascoltare musica, suonare uno strumento, e le arti-terapie, quali coro, teatro, ballo, ginnastica di gruppo, videogiochi attivi, ecc., sui quali non mi soffermo visto che in molti le praticate e ne abbiamo parlato tante volte in questo sito.

(segue “Malattia di Parkinson 4”)