Volare si Può, Sognare si Deve!

I mestieri scomparsi: le lavandaie – testi di Egle Farris

Andavano, meglio scendevano, scendevano per quello stradone polveroso di bianco.   Vidi correre diverse persone urlanti e poco dopo apparve una poveretta bagnata per intero di acqua e sangue. Dalle concitate parole ed urla, io piccola, capii che il fattaccio era avvenuto al lavatoio. La  protettrice delle donne, santa lavatrice, era di là da venire, tanti , troppi anni dopo, assieme ai primi detersivi in fustino, che venivano pubblicizzati due per uno, se acquistavi la marca migliore.                                                                                                         

Perchè allora un consistente numero di case non aveva neppure acqua corrente e ripenso così alla fatica delle nonne o bisnonne e non mi spiego come potessero , anche in pieno inverno , quegli inverni ! , fare tutto ciò. Lavoro pesantissimo , cenere bianca e saponi autarchici , derivati da soda e tutto il grasso animale che riuscivano a racimolare , bollendo l’ impasto nella strada in un infernale calderone , spandendo acri e maleodoranti afrori. Alternativa non ne esisteva .  Venivano giù, contratte per il peso, per quello stradone. Si ritrovavano la mattina presto , con vecchie e cigolanti carriole le lavandaie di professione,  cariche di panni, e “lamoni ” di latta zingata  quelle che accudivano la propria famiglia,  un incedere elegante e spavaldo che avrebbe fatto invidia a Naomi Campbell , dato da anni di  ceste tenute in bilico sul capo da un cercine e dalle mani a coppa sui fianchi.   Calzerotti di lana grezza , scendevano e , sotto le cannelle , si lavava , stropicciava, sciacquava , sciorinava , con le mani rosse di geloni grandi come noci e artritiche e che  a trenta  anni erano già intorcinate come fil di ferro arrugginito, dimenticato per sempre quell’andare   giovanile ed audace, spavaldo e baldanzoso ,intrepido e tosto. E con lo sporco si scaricavano tensioni ,malumori e rancori di una vita difficile. Luoghi di chiacchiere ,aggregazione,gossip ,pettegolezzi e ogni scusa era buona per litigare e far scorrere il sangue . Le notizie si diffondevano nei e dai lavatoi, centri sociali della comunicazione di allora  (face-book ante-litteram ?) . E quando il tempo migliorava era forse più facile ridere ,cicalare, e cantare a voce spiegata  mentre si stendevano al sole i bianchi panni . D’altronde. chi mai avrebbero disturbato, povere donne?    Ma si sbrigassero , si affrettassero con i canti e i cori e le risate e le ciance, parevano mormorare i lunghi , affusolati cipressi appena smossi dal vento leggero  , che  sussurravano e bisbigliavano che Il tempo , velocemente e  senza  aspettare nessuno, se ne va,   perchè il lavatoio ,  come  inganno  finale , si trovava all’estrema periferia  del paese , giù giù in fondo , dietro la curva , proprio di fronte   a quei cipressi che ,silenziosamente , come fantasmi leggeri , proteggevano il cimitero…….

Una signora col rossetto

Egle Farris

3 Commenti

  1. Franco Simula

    La narrazione di Egle é una fotografia anzi meglio é un dipinto in cui si sentono i fumi e i profumi, gli odori, i colori del paesaggio intorno, lo scorrere dell’acqua, le chiacchiere, le voci scomposte, i litigi: é uno squarcio vivo della vita sociale di quel periodo. Io ricordo, da bambino, che una signora veniva da mia madre per aiutarla a lavare i panni. Era una donna piccoletta, tutta nervi, che lavava da mattina a sera e al rientro trovava il marito ubriaco che non di rado la picchiava: oltre alla fatica le botte. Ritornando a Egle non si può fare a meno di notare la meticolosità e la precisione con cui vengono riferiti particolari e osservazioni che conferiscono al dipinto un’atmosfera tutta particolare che pur rappresentando il reale – spesso doloroso – ha la leggerezza del sogno. Come sa fare bene la signora col rossetto.

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  2. Kai Paulus

    Racconto molto bello, cara Signora col rossetto.
    Conosco bene Le conce e la fontana del Rossello a Sassari, e credo che ancora oggi si trovano le antiche lavanderie in tutti i paesi sardi.
    Il racconto della nostra Egle è a tratti spassoso ma non nasconde l’estrema povertà del periodo. Rifletto sulla foto: apparentemente sono solo donne a faticare, ma in realtà vigeva già l’uguaglianza: gli uomini, loro malgrado, sono costretti a frequentare il bar e devono riflettere sul tempo che scorre.

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  3. Paolo Marogna

    Racconto molto bello e simpatico,come del resto tutti i tuoi scritti

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