Noi non avevamo i banchi con le rotelle e la Dad ,la distanza veniva sottomessa alle eterne e serrate ‘in fila per due’ e guai ad uscirne anche con un solo piede…..
I centri commerciali che avrebbero esposto il materiale scolastico , con grande felicità degli alunni, già dal primo agosto , dovevano ancora aspettare. In attesa dell’ingresso in classe al suono della campanella , guardavamo quella lettera “O” di SCUOLA, molto più grande delle altre ,di puro stampo fascista e che ancora campeggia sui cancelli e mai abbiamo capito perché lo fosse ,così grande.
Tutti gli alunni la chiamavamo così ,da Priulla , quella stanzetta-cartoleria col pavimento ad esagoni neri e grigi , immersa eternamente al buio in via E. Costa , che era la meta di quasi tutti gli studenti dell’ appena nato rione di S.Giuseppe e che aveva anche una parte riservata alle mercerie e biancheria personale ,che veniva confidenzialmente esposta solo dietro precisa richiesta delle signore . Non si sa mai provocasse pensieri poco edificanti in bambini da elementari . Una vetrina alta e stretta che non cambiava mai , con tristissimi ,funerei grembiuli neri coi fiocchi celesti per i maschi e rosa per le femmine e le striscioline per segnare coi numeri romani la classe che si frequentava . Reggipetti (allora si chiamavano così) e slip erano severamente banditi . E una volta varcata la soglia entravi in quelli che oggi ci paiono tempi presi dalle maestrine con la penna rossa e piccoli scrivani fiorentini e trovavi un bancone ad elle e altissimi scaffali ,mensole e ripiani di legno usurati dal tempo , che contenevano usatissime scatole di ogni tipo piene di carte ingiallite e buste color arancio e cartine mute , perchè ,allora ,la geografia si studiava così ( e Google maps protettore degli alunni che proprio non la vogliono studiare, la geografia ,era di là da venire), gomme rosse-blu , pennini “gobbino” e “lancetta” , la Coccoina dal profumo di mandorle amare, boccette di china ,cose semplici ed essenziali per scrivere e trascrivere . E due persone che facevano parte di quel mondo ,tutto e per sempre il loro mondo ,le Priulla , da sempre vecchie ,da sempre secche come chiodi che indovinavano cosa ti occorreva ,magari i quaderni che avevano la copertina nera con sottilissimi nidi d’ape ed il taglio rosso . La carta assorbente era un grande tampone e l’astuccio di un legno, che ci volevano infinite passate di sapone marsiglia per farne scorrere il coperchio graduato e che conteneva penne e lucidi pennini dorati ,sempre macchiato di ditate d’inchiostro . I pastelli erano solo Giotto e Presbitero . Ma quello che dovevamo avere per forza erano i famigerati “fogli protocollo ” , agghiacciante terrore di ogni studente , associati , per il resto dell’esistenza , ai terribili compiti in classe con gli infausti voti, tracciati da implacabili matite rosso-blu . Le novità erano la gomma pane ,la stilografica con la quale ingaggiavamo lotte estenuanti e che subì a lungo l’ostracismo di inflessibili insegnanti , le copertine colorate dei quaderni e più tardi i pennarelli……
Ma c’era una cosa che distingueva questo piccolo , oscuro negozietto . L’odore . Era l’odore consolatorio della carta povera ,di origine genuina e naturale ,tutte quelle buste e fogli che facevano immaginare carteggi lontani e sentimenti amorosi, quell’odore che sarebbe stato ben presto soppiantato dalle biro e dalle gomme colorate e olenti aromi artificiali e , ahimè , da carte che emanano solamente acuti e malvagi effluvi chimici …….
Una signora col rossetto
Egle Farris
Dopo circa 120 anni , il negozio ha cessato l’attività ,condotta da persone che si sono succedute negli anni ,mantenendo sempre lo stesso stile iniziale .
E Gesù disse: “Lazzaro vieni fuori”. E Lazzaro si alzò.
2000 anni dopo la medesima empatia “miracolistica” emana da un mazzo di tulipani di tutti i colori raccolti da un grande fiocco bianco e da una rete amaranto che vuole trasmettere “emozioni, gioia, sorpresa”. Nessuno di noi Park sa di poter guarire. E’ certo. Ma vivere con dignità e vendere cara la pelle. Questo si.
Tutti quegli amici che sono usciti insieme dall’ascensore vogliono condividere con te gioie e dolori.
Tu, cara Egle, hai ripreso a vivere quando hai deciso di guardare con cura le cose del mondo circostante, quando hai ripreso a elencare con precisione notarile, quasi un inventario, tutti gli “articoli” di Priulla, di fuori e del retro. Ci ha commosso non poco sapere di aver contribuito a farti ritrovare il sorriso.
E’ il massimo dell’empatia cara Egle. Un abbraccio
Che bel racconto, cara Egle, mi hai riportato alla memoria i giorni spensierati della mia infanzia.
Anche io, abitando allora in rione San Giuseppe, ho conosciuto “la Priulla”, e molte volte sono entrata per acquistare pastelli e matite, ancora oggi quando mi trovo a passare in quella via, rivolgo con nostalgia lo sguardo alla “bottega” e rivedo l’anziana commessa (signorina) con i capelli raccolti in crocchia con un vistoso neo sulla guancia, che con occhi severi guardava noi piccoli clienti, quasi a rimprovero.
Ricordi che non si dimenticano! e mi riportano al dialogo di un vecchio film – ” Vecchio ?… Si. P” –
Grazie Egle, rimani sempre cosi, fresca e leggera come i tuoi racconti.
Con affetto, un grande abbraccio.
Loriga Giuseppina.
Andando al lavoro passo molto spesso davanti a quella “O” troppo grande, e del suo perchè me lo sono chiesto anch’io e penso che sia per motivi grafici, per riempire simmetricamente l’arcata sopra il cancello.
L’ennesimo, divertente amarcord della nostra Signora col rossetto. Quel negozio pare di un’altro mondo, secoli e secoli fa. Ma non mi sorprende più di tanto, visto che oggi, 19 gennaio, due anni fa, sembra già un secolo fa, un altro mondo al quale dirigo le mie nostalgie, quando ancora ci si poteva stringere la mano. Figuriamoci quel lontano Universo descritto da Egle.