Volare si Può, Sognare si Deve!

Archivio mensile: Settembre 2015

Vi siete riposati quest’estate? Lettera di Peppino Achene

Salve a tutti gli amici,

Vi siete riposati quest’estate?

Allora sarete pronti a riprendere le attività sospese. Ce la vogliamo fare a portare a termine questo libro?

Io non vedo l’ora; ma senza il vostro aiuto non se ne fa niente. Daì, che ce la possiamo fare! In fondo, scrivere del vissuto personale può essere d’aiuto per chi scrive e per chi eventualmente lo leggerà.

Scarichiamo in questo libro tutte le fatiche, le gioie, ma troviamoci anche i piccoli progressi personali contro la malattia che ci vorrebbe limitati. Perciò, pur non volendo essere invadente, vi invito a inviare le vostre riflessioni, le vostre speranze.

Magari un giorno la lettura dei nostri scritti accenderà una scintilla che potrebbe scoprire le cause di questa nemica così ostinata e trovarne le soluzioni per combatterla.

Un caloroso saluto,

Peppino Achene

Vicepresidente della Associazione Parkinson Sassari Onlus

Dall’ 8 ottobre riprendono le attività della nostra Associazione

Da giovedì 8 ottobre riprendono le attività della nostra Associazione come segue:

La Palestra

diretta dalla dott.ssa Pinuccia Sanna

ogni giovedì alle ore 16,45

Scuola elementare, via dei Gremi

 

Il Teatro

diretto dal maestro Francesco Enna

ogni lunedì alle ore 16,00

Auditorium, Parrocchia Don Bosco, Latte Dolce

 

DanzaMovimentoterapia

Diretta dalla dott.ssa Annalisa Manbrini

A partire da martedì 13 ottobre, ore 16.45

Scuola elementare, via dei Gremi

Per ulteriori informazioni: 380 1818343

(dal lunedì al venerdì, dalle ore 9,00 alle ore 19,00)

Buona riabilitazione e buon divertimento a tutti,

Franco Delli, Presidente dell’Associazione Parkinson Sassari Onlus

Un annu passadu cun su nemigu (24 novembre 2012) di Peppino Achene


Prima de incomintzare a bos raccontare sa nenia mia,su dovere m'imponet de bos manifestare totta sa riconnoschentzia, totta sa gratitudine chi non b'hat misura chi la podet misurare. Pro tottu sos impignos, pro tottu sos sacrifitzios chi ogni die devides affrontare pro me e pro tottu sos malaidos de Parkinson pro nos fagher istar 'ene.
Como bos racconto unu pagu bugliende e unu pagu preoccupadu comente hapo passadu cust'annu. Ogni die non manco 'e pensare:”Poite de Parkinson mi so devidu ammalaidare”?
Finzas a deris resessia a che lu accuntentare cun calchi caramellina, oe, dubbiosu, no ischo pius ite li dare. Pro lu fagher isthare frimmu, fidutziosu ma preoccupadu, ando a chischare aggiudu a chie in sa protetzione sua m'hat leadu.
Cando li so addainanti, cominzo a mi lamentare e issu cun sa massima attintzione si ponet a m'aischultare. Finidu de l'illustrare sas difficultades mias,senza esitare mi rispondet: devimus preparare isthrategias noas.
Primu chi ispuntet die mi nde devo pesare da-i su lettu pro li minare su caminu inue devet passare. In tottu su manzanu non s'atzardat a bi proare; cando 'enit mesu die, ischasthende sos ostaculos, comintzat a bi tentare.
Cun-d-unu proiettile de “madopar” resesso a che lu alluntanare; murrunza murrunzende, a da-i segus si che torrat minettende:”Como ando a ti preparare su contu”. Primu chi enzat sero resessit a si fraigare unu ponte, lu ido arrivare da-i luntanu e, finidas sas munitziones, isthraccu 'e lottare, mi 'enit a dossu e cominzat a mi tribulare cun sa tremula, mi faghet restare cun sos pes attaccados a terra, e no li bastat, mi devet leare puru s'equilibriu.
Pro fosthuna chi sa mente est lucida: m'ammentat chi poto isfruttare atteras energias.
Dimando appuntamentu a su protettore pro l'infommare de tottu.
Comente e sempre mi rispondet pienu 'e premura e de cordialidade:”Tue hasa su “pas”, bide de l'impreare”. Pagu bi ponzo innanti a issu a l'ammusthrare tottu, sos abusos li fatto notare. Preoccupadu de su c'hat devidu aiscultare, ibrottat:“No est chi li devimus dichiarare gherra”. “ Perdonede ,su duttore, una cosa li chelzo ammentare” e continuo senza aisettare risposta “S'imperadore Costantinu hat devidu cambiare sa fide pro inchere sa battaglia; tue sa fide non la podes cambiare, sa chi hasa continua a professare. Deus ti l'hat dada. No la podes rinnegare”. “Isthrategia e pianos chi tue connosches si devent affidare a mie. Deo so unu etzu soldadu collaudadu da-i tantas battaglias. De me ti deves fidare. Deo non poto disertare. Tando si chi li faghimus crollare su ponte e resessimus a frimmare s'avanzada 'e su nemigu ,a s'atera pasthe 'e su ponte ti che poto pigare vittoriosu”.

Iscugia devo dimandare si mi so permissu 'e abusare de sa pascenscia 'osthra.
S'isperantzia mia est chi 'ois a mie e a nois signados da-i su Parkinson, nos fatedas campare a longu in autonomia.
Prima di cominciare a raccontarvi la mia “nenia”, il dovere mi impone di manifestarvi tutta la riconoscenza, tutta la gratitudine che non c'è misura che possa misurarla. Per tutto l'impegno, per tutti i sacrifici che ogni giorno dovete affrontare per me e per tutti i malati di Parkinson per farci star bene.
Adesso vi racconto un po' scherzando un po' preoccupato come ho trascorso quest'annno. Ogni giorno non posso fare a meno di pensare:”Perchè mi son dovuto ammalare di Parkinson”?
Sino a ieri riuscivo ad accontentarlo con qualche caramellina (farmaco blando)
oggi,dubbioso, non so più che cosa dargli. Per cercare di bloccarlo, fiducioso ma preoccupato, vado a cercare aiuto a chi mi ha preso sotto la sua protezione.
Arrivato davanti a Lui, comincio a lamentarmi e Lui con la massima attenzione mi ascolta.Appena finito di raccontare le mie difficoltà Lui mi risponde senza esitare: dobbiamo preparare nuove strategie. Prima che spunti il giorno mi devo alzare dal letto per minargli la strada in cui deve passare. Per tutta la mattinata
non si azzarda a provarci; quando arriva mezzogiorno, scartando gli ostacoli, comincia a tentarci. Con un proiettile di “madopar”riesco ad allontanarlo; lui, brontolando ripetutamente, se ne ritorna indietro minacciando: “Adesso vado a prepararti il conto”. Prima che arrivi la sera riesce a costruirsi un ponte, lo vedo arrivare di lontano e io, esaurite le munizioni e stanco di lottare, lo vedo aggredirmi e tribolarmi col tremore, mi costringe a restare con i piedi attaccati a terra, e siccome ancora non gli basta, riesce anche a togliermi l'equilibrio.
Per fortuna la mente rimane lucida: mi ricorda che posso sfruttare altre energie. Chiedo appuntamento al mio protettore per informarlo di tutto.
Come sempre mi risponde pieno di premura e di cordialità:”Tu possiedi il “pass”,cerca di usarlo”.
Ci metto poco davanti a Lui a dimostrargli (al medico) tutti i suoi abusi (del Parkinson) e gli e li faccio notare. Preoccupato di ciò che ha dovuto ascoltare, sbotta:”Non è che gli dobbiamo dichiarare guerra”.”Perdoni,dottore, vorrei ricordarle una cosa” e continuo senza aspettare risposta “: l'imperatore Costantino ha dovuto cambiare la fede per vincere la battaglia; tu la fede non la puoi cambiare, continua a professare quella che hai.Dio te l'ha data, non la puoi rinnegare “. “La strategia e i piani che tu conosci si devono affidare a me. Io sono un vecchio soldato collaudato da tante battaglie. Di me devi fidarti. Io non posso disertare. Allora si che gli faremo crollare il ponte, riusciremo a fermare l'avanzata del nemico e ti potrò portare vittorioso all'altra parte del ponte”.

Devo chiedere scusa se mi son permesso di abusare della sua pazienza.
La mia speranza è che Lei faccia campare me e tutti noi segnati dal Parkinson, a lungo in autonomia.

 

Una vita in fumo di Nicoletta Onida

Ho fumato la prima sigaretta della mia vita nei bagni della scuola. Ancora oggi, se ci ripenso, sorrido nel ricordare quell’ambiente saturo di fumo e chiacchiere che, sicuramente, mi attirava più del grigio e polveroso laboratorio di scienze, dove, con minor interesse, imparavo le formule di chimica organica. Probabilmente fu il desiderio di assumere un atteggiamento trasgressivo (più che la voglia di fumare) a spingermi a continuare; non volevo più essere la ragazzina ubbidiente e rispettosa sottomessa alle imposizioni dei genitori, all’osservanza di regole e doveri. Volevo sentirmi libera ed emancipata. Così, regolarmente, appena suonava la campanella della ricreazione, per dimostrare a me stessa di essere adulta , nel gabinetto della scuola, dividevo con qualche compagna il tabacco di una sigaretta. Era come se ogni nuvoletta di fumo, disperdendosi nell’aria, portasse con se un po’ di quel mondo fatto di inibizioni e divieti. Eravamo parecchie ad aver preso il cosiddetto “ vizio” e, giunte all’ultimo anno, alle soglie dell’esame di maturità, diventammo così sfrontate da fumare, durante la ricreazione, in fondo all’aula dopo aver spalancato le finestre. Una mattina il professore di latino, arrivando in anticipo per via del compito in classe, ci sorprese e, per punizione, ci diede un lungo brano da tradurre ( senza vocabolario) sui vizi e le virtù dell’uomo. Per fortuna andò bene e fummo perdonate! All’università sentivo di appartenere appieno al mondo degli adulti e non avendo timore, ormai, neppure del rimprovero dei miei, fumavo con maggior ostinazione. Se venivo sgridata, cercavo scusanti o giustificazioni tirando in ballo un improvviso mal di denti, gli esami, la tesi da preparare ecc ..ecc. . Parlare di legge antifumo, a quei tempi, avrebbe fatto ridere chiunque, infatti, non esistevano cartelli di divieto e si fumava dappertutto: al bar, al cinema, in treno, nelle sale da ballo, perfino sull’autobus. Fu la prima gravidanza a mettere uno stop alla mia cattiva abitudine; avevo paura che in qualche modo potesse nuocere al bambino. Avere un figlio significava, anche, accettare dei piccoli sacrifici, delle rinunce, così, cambiai stile di vita e pensai di non riprendere più a fumare. Andò tutto bene, il bambino nacque sano e, sebbene dormisse poco, cresceva splendidamente. Ero una mamma appagata, ma anche molto stanca; non chiudevo occhio da mesi. Una notte credendo di trovare un po’ di conforto sfilai una sigaretta dal pacchetto di mio marito e ripresi a fumare. Prima di smettere definitivamente andai avanti per anni, anzi, andammo avanti, infatti, in famiglia eravamo in due ad essere schiavi della nicotina. La sigaretta più piacevole era quella che fumavamo insieme, dopo aver messo a letto i bambini, seduti sul divano a raccontarci la giornata.

“Fumare non fa bene alla salute, ma sembrerebbe che i fumatori abbiano meno probabilità di sviluppare malattie come il Parkinson.” La notizia compariva timidamente sulla pagina di una rivista che mi era capitata tra le mani nella sala d’aspetto del dentista. Rimasi di stucco! Ma come?..io..io.. avevo fumato per una vita e non avevo avuto nessun vantaggio, nessun condono; ero delusa e arrabbiata. Mentre facevo ritorno a casa mi chiedevo se la notizia fosse attendibile oppure, solamente, un bluff. Appena arrivata cercai altre informazioni su internet; il luogo ideale per qualunque ricerca. “L’azione della nicotina appare più marcata per i fumatori, meno per gli ex-fumatori”. Ero sbalordita a tal punto che, per un attimo, mi sfiorò l’idea di riprendere a fumare. La tensione accumulata durante la giornata, quella sera, mi impedì di dormire e, con la mente, tornai indietro negli anni. Senza rendermene conto collegavo il fumo delle sigarette a momenti particolari: la scuola, le gite scolastiche, le manifestazioni studentesche, le serate con gli amici, le vacanze al mare con la mia famiglia. Pensieri, sentimenti, rimpianti si mescolarono, finché, d’un tratto mi resi conto che non era il fumo della sigaretta a mancarmi, il suo sapore l’avevo dimenticato. Tutto il resto era impresso nella mia mente. Non avrei più ripreso a fumare.

Pillola nr° 3: “E su tremere m’ha lassadu…”

Parlando di malattia di Parkinson certamente non si può non menzionare il tremore che, pur non essendo il segno più importante, viene annoverato tra quelli più ‘antipatici’ e disabilitanti, ma anche più conosciuti e caratteristici. Ed è per questo che nei racconti e poesie del nostro sito si parla spesso del tremore. Penso alla sincera Custa è s’istoria de Peppinu Achene(pubblicato il 4 maggio 2015), alla sardissima Sa mariglia di Francesco Simula (28 maggio 2015), ed ancora il bello e delicato Profumo di Gelsomino di Nicoletta Onida (4 maggio 2015), fino al quasi fraterno A Peppinu Achene di Francesco Simula (28 giugno 2015), inevitabilmente il tremore è uno degli argomenti principali nei tanti contributi pubblicati nel sito della nostra Parkinson Sassari. Tutti i testi citati si possono trovare nelle rubriche “Scriviamo un libro” e “La Poesia”.

Il tremore viene definito come un movimento involontario, ritmico, e persistente (“unu tremulone senza pasu”, in A Peppinu) di una parte o più segmenti del corpo. Il tremore può presentarsi a riposo, cioè quando la parte del corpo, per esempio la mano, è rilassata, come si osserva principalmente nel caso del Parkinson; si parla invece di tremore posturale quando il movimento ritmico avviene durante una postura sostenuta nel tempo, per esempio il tremore delle mani con le braccia tese in avanti; il tremore cinetico, infine, avviene con un movimento finalistico, per esempio prendendo in mano un bicchiere. Il tremore può cambiare durante la giornata, variare in ampiezza, sparire, spesso in risposta all’assunzione della terapia, e ricomparire con l’esaurirsi dell’effetto farmacologico (effetto fine-dose). Pur diversi come origini e caratteristiche, tutti i tremori hanno in comune la particolarità di accentuarsi con tensioni, ansia, preoccupazioni e stanchezza, come testimonia Nicoletta Onida in Profumo di Gelsomino: …l’ansia e la tensione mi portavano anche ad aver un lieve tremore”, e diminuiscono in momenti di serenità e tranquillità. Succede che proprio la paura di tremare (“s’umbra malèsiga ‘e su tremulone”, in Sa mariglia) funge da alimentazione del tremore stesso. Ed ecco il rimedio: non esiste una cura risolutiva per i tremori e quindi ci sarebbe solo l’utilizzo di farmaci. Ma alti dosi di farmaco possono avere effetti collaterali e pertanto, per assumere meno farmaco può essere molto utile una giusta consapevolezza del problema senza eccessive ansie e paure, una vita quotidiana quanto più possibile normale, e soprattutto, tanti momenti di svago, di buonumore e di divertimento insieme a familiari ed amici, come suggerisce anche Salvatore Faedda in Pensieri sul Parkinson (11 settembre 2015).

La medicina giusta per tutti i parkinsoniani la prescrive Salvatore Faedda in Lu Parkinson (29 giugno 2015): “…alligria, pa tutti noi, è chissu chi vi vò.”

 Kai S. Paulus

Pensieri sul Parkinson di Salvatore Faedda

La nostra vita con la patologia
è come un abito cucito su misura
quando lo indossi…non va più via

Se è fatto bene ci stai a meraviglia
ma se è più grande ti senti fuori luogo
allora prendi…la solita pastiglia

Tante volte mi guardo allo specchio
e con un po’ di incertezza mi chiedo:
sono proprio io? Si, sono io…sempre più vecchio

A volte qualche amico mi dice
“ti vedo strano, ci sono dei problemi?”
allora mi rattristo…e mi sento infelice.

Con le cure il tremore si assopisce
ma le sfacettature della patologia
sono tante e la malattia…non regredisce.

Anche l’orientamento e l’equilibrio
mi lasciano sgomento e stordito
ma con forza e volontà…ritrovo il mio brio.

Quando finalmente in sede ci incontriamo
e, a confronto i nostri progetti mettiamo
allora…l’allegria ritroviamo.

Non tutte le conquiste però sono uguali
perchè, come gli abiti del sarto,
sono cuciti si su misura…ma compresi i nostri mali.

Salvatore Faedda