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SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO di Kai S. Paulus

(Pillola n. 29)

Siamo quello che mangiamo”, logico, non ci piove, lo sappiamo, e fin qui niente di nuovo.

Ma adesso parliamo di prevenzione. Durante le visite i familiari, e comprensibilmente i figli, mi chiedono spesso, se esistono terapie per prevenire, e quindi possibilmente evitare, il Parkinson che ha colpito il genitore. E puntualmente rimangono basiti quando la mia risposta è negativa.

Non siamo in grado di guarire dalla malattia di Parkinson né di prevenirla. Ma qualcosa sta cambiando.

Recentemente si sta facendo strada l’ipotesi che il cibo, la nostra alimentazione, potrebbe rappresentare un importante fattore di prevenzione per le malattie neurodegenerative.

Prima di Natale un gruppo di ricercatori sino-statunitensi ha pubblicato un interessante studio su circa 140.000 persone cinesi e le loro abitudini alimentari. In Cina l’età media sta aumentando rapidamente grazie al miglioramento delle condizioni di vita e quindi anche le patologie neurodegenerative sono in rapida crescita.

Secondo gli autori, le persone che seguono una dieta ricca di dolciumi e povera di fibre vegetali sarebbero a maggior rischio, e che invece l’alimentazione ricca di frutta, verdura e grano integrale costituirebbe un elemento protettivo. Ma dove sta la novità? Ce l’hanno detto già i nostri genitori e noi ai nostri figli, molto prima degli studiosi statunitensi e cinesi.

La novità sta nel fatto che ora si sta scoprendo perché i nostri genitori avevano ragione.

Siamo quello che mangiamo”, cioè, tutto quello che introduciamo per bocca arriva inevitabilmente nel nostro intestino, dove viene digerito e assimilato, grazie soprattutto alla flora intestinale, il microbiota, l’insieme di migliaia di specie di batteri e germi che vivono in simbiosi con noi e che ci nutrono e proteggono (vedi PARKINSON E MICROBIOTA). Questo microbiota necessita di un determinato equilibrio che viene garantito dal cibo introdotto. Se ci sono alimenti irritanti la flora intestinali si modifica e può anche squilibrarsi, cioè ad un certo punto possono prevalere dei ceppi batterici patogeni che causano alterazioni intestinali (gonfiore, stitichezza, diarrea, ecc.). Niente di grave. Ma se questo stato persiste, appunto per una alimentazione non corretta, allora queste alterazioni possono causare dei processi infiammatori della mucosa intestinale che, se cronica, possono coinvolgere la rete di nervi sottostante alla mucosa che serve per la motilità gastrointestinale.

Una infiammazione cronica del sistema nervoso può portare a fenomeni degenerativi, ed ecco la neurodegenerazione, che nel caso di Parkinson significa l’accumulo di alfa-sinucleina alterata (vedi anche L’ALFA-SINUCLEINA e ALLE ORIGINI DEL PARKINSON).

A questo punto, qualcuno potrebbe obiettare e commentare che la cosa non gli riguardi perché, se mai, questi processi neurodegenerativi si svolgono nell’intestino, ben lontani dal cervello, dove il rapace infingardo entra notoriamente in scena.

Ma l’attenta lettrice e l’attento lettore del nostro sito sanno che esiste un formidabile collegamento tra cervello e intestino, ed i due organi si condizionano a vicenda. Come avevamo già descritto (vedi PARKINSON E MICROBIOTA e IL RUOLO DEL MICROBIOTA NEL PARKINSON) la proteina alterata di alfa-sinucleina può risalire lungo il nervo vago dall’intestino fino al cervello. Certamente si tratta di un’eventualità rara e, ribadisco, per causare la malattia di Parkinson ci vuole l’insieme di fattori diversi.

Però, stiamo parlando di prevenzione e una buona alimentazione, sana, equilibrata e possibilmente piacevole, è sicuramente un buon modo per tenersi in salute. (vedi anche AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA)

La scienza è appena all’inizio a conoscere i meccanismi iniziali del Parkinson, conoscenze che poi ci permetteranno a comprendere sempre di più i fattori di rischio che quindi permetteranno possibili strategie di prevenzione, e per cui torneremo presto a parlarne.

 

Fonte bibliografica:

Zhang X, Xu J, Liu Y, Chen S, Wu S, Gao X. Diet quality is associated with prodromal Parkinson’s disease features in Chinese adults. Movement Disorders 2022; 37(12): 2367-2375.

AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA di Kai S. Paulus

Ovvero: come sconfiggere il Parkinson con appetito

Circa un anno fa abbiamo avuto un’idea molto ambiziosa: siccome comunemente si devono seguire delle rigide raccomandazioni dietetiche per rispettare le terapie farmacologiche di malattie croniche, e siccome sappiamo molto bene che una malattia cronica come il Parkinson richiede già tante restrizioni e rinunce, allora con Prof. Pier Andrea Serra, presidente del Corso di Scienze Alimentare dell’Università di Sassari, abbiamo voluto capovolgere le apparenti certezze, e cioè proporre un modo per divertirsi a tavola, senza rinunce, ed anzi, contribuire a combattere il Parkinson lasciando libero sfogo alle papille gustative consumando ottimi piatti, gustosi e soddisfacenti.

Il tutto ha inizio durante l’estate scorsa, quando Prof. Serra ci fa conoscere nella nostra Casa Park le due dottoresse Antonella Fiori e Veronica Matzau, entrambe studentesse del corso di Scienze Alimentari. Mi ricordo bene le animate discussioni nella piccola Casa Park colma dei nostri soci ponendo tantissime domande a Prof Serra e le dottoresse Fiori e Matzau sulle difficoltà di una persona con Parkinson alle prese di una corretta alimentazione.

Ecco il punto: qual è la corretta alimentazione in caso di Parkinson?

La scienza ufficiale è molto chiara su questo argomento: siccome le proteine (carne, pesce, formaggi, legumi, ecc.) interferiscono enormemente con l’assorbimento della levodopa (Madopar, Sinemet, Sirio, Stalevo, Duodopa) vengono raccomandati pasti poveri di proteine, ed i pasti principali spostati come orario in funzione dell’assunzione dei farmaci.

E qui nasce lo stupore: la persona con Parkinson deve lottare continuamente con disagi motori (tremore, rigidità, instabilità posturale, ecc.) e non-motori (ansia, depressione, dolori, insonnia, ecc.), ma anche con tanti possibili effetti collaterali causati dai farmaci, quali nausea, bruciore gastrico, sonnolenza (specialmente a tavola); ma ultimamente viene postulato il divertimento e le emozioni positive come chiavi di una buona gestione del Parkinson, ma di gioia e piacere a tavola non si parla mai.

Il pasto non è solo nutrimento, ma rappresenta anche piacere, gratificazione e socializzazione, di cui specialmente una persona con tante difficoltà ha proprio bisogno.

Spesso, il Parkinson causa patologie del tratto gastrointestinale, quali disfagia, reflusso gastroesofageo, gastrite, stitichezza, flatulenza, nausea, che ulteriormente vengono aggravate da rigidi protocolli e restrizioni.

Per trovare delle soluzioni alle tantissime domande, le dottoresse Fiori e Matzau, dopo alcuni incontri con le comunità parkinsoniane di Sassari ed Alghero, hanno stilato un questionario per conoscere meglio le abitudini alimentari ma anche i disagi connessi all’assunzione del cibo. Sulla base dei dati raccolti le dottoresse hanno quindi elaborato delle proposte per poter evitare i disagi e soprattutto per ritrovare il piacere della buona tavola, l’attesa gioiosa del momento culinario, la divertente convivialità, elementi essenziali che contribuiscono a gestire meglio la malattia.

Giovedì, 9 luglio ci siamo quindi dati appuntamento per una nuova video-conferenza per ascoltare i risultati della ricerca gastronomica, con la oramai consueta e perfetta moderazione del dott. Giuseppe Demuro e la partecipazione del “nostro” Prof. Pier Andrea Serra.

Inizia la dott.ssa Antonella Fiori che presenta la ricerca comune, l’elaborazione dei questionari ed i risultati numerici espressi in percentuali dai quali si evincono tanti comportamenti “sbagliati” dovuti propri a limitazioni per disagi fisici e psichici e, di conseguenza, alla frequente assenza di appetito.

 

Successivamente, la dott.ssa Veronica Matzau in accorda con la collega, sottolinea l’importanza del piacere a tavola, la necessità di consumare alimenti che piacciono, l’essenzialità delle preparazioni dei piatti, dei colori, dei profumi, ed infine il comune denominatore: il divertimento.

Ecco finalmente arrivati al credo della nostra Parkinson Sassari: migliorare divertendosi. Come sappiamo le emozioni positive rivestono un ruolo fondamentale nella cura del Parkinson suscitando effetti positivi immediati sullo stato d’animo, ma elicitando successivamente una tangibile riduzione dei sintomi parkinsoniani, conosciuti ed evidenti nelle arti-terapie quali la musico-terapia, il canto ed il teatro. Queste emozioni vengono provocati anche davanti ad un piatto desiderato e gustoso, da consumare alla consueta ora ed in compagnia, senza rinunce e restrizioni. Ed il farmaco? Sarà il farmaco ad adattarsi al cibo e non viceversa, e quindi l’assunzione del farmaco si sposterà in funzione del tempo e della via di assunzione a debita distanza da colazione, pranzo e cena, e senza rinunciare ad una frutta, un gelato, una merenda fuori pasto.

Non sempre sarà possibile che la persona ammalata o la famiglia riesca a correggere il comportamento a tavola; allora si può far ricorso alla educazione alimentare, disciplina emergente e sempre più importante gestita da professionisti con preparazione specializzata come i biologi nutrizionisti.

Il nostro applauso e la nostra gratitudine va alla dott.ssa Antonella Fiori ed alla dott.ssa Veronica Matzau, per il loro impegno ed il loro lungo lavoro durato un anno e di aver dato nuovamente la possibilità alla persona con Parkinson di potersi sedere a tavola con aspettativa e gioia. Un ringraziamento speciale a Prof. Pier Andrea Serra che ha reso possibile tutto ciò.

Questa videoconferenza che ha segnato la conclusione del nostro progetto “Aggiungi un posto a tavola” segna anche la prima iniziativa all’interno del protocollo di Public Engagement tra la nostra Parkinson Sassari e l’Università degli Studi di Sassari, recentemente firmato dal nostro presidente Franco Simula e dal rettore dell’Ateneo Sassarese Prof. Massimo Carpinelli.

E per concludere una enorme soddisfazione per la nostra Associazione Parkinson Sassari e cioè la consapevolezza che per la prima volta nella comunità scientifica si è parlato dell’importanza del piacere a tavola a spese del farmaco e non viceversa. Un bel primato la cui portato si apprezzerà sicuramente negli anni a venire.

Buon Appetito!