Volare si Può, Sognare si Deve!

Progetto Sardegna – palestra a cielo aperto. Perché partecipare? testo di Romano Murineddu


E’ capitato a tutti, almeno una volta, di chiedersi: ” … che diavolo ci sto a fare qui?”.

Nel caso specifico: soffro del morbo di Parkinson, ho vari altri acciacchi, ho un’età che quando ero bambino era considerata quasi inarrivabile …. Quindi, potrei starmene tranquillamente a casa, leggere libri, guardare film alla TV, prendermi cura – a dire il vero, con entusiasmo sempre minore – del giardinetto di casa e soprattutto crogiolarmi nel pensiero che sono ormai vecchio e, come tutti i vecchi, potrei avere il diritto di godere di cure e attenzioni, almeno da parte dei familiari più stretti.

Invece ho deciso di lanciarmi in questa avventura, affrontando temerariamente prove difficili e faticose, piene di pericoli e imprevedibili conseguenze.

Beh … magari sto un po’ esagerando: si tratterebbe in fondo solo di otto fresche passeggiate nei boschi condite di chiacchiere e buona compagnia; quattro pagaiate in mare godendo delle bellezze della scogliera di Porto Torres, sorvegliati a vista da una schiera di baldi ragazzi e ragazze, che provvedono anche a sistemarti di peso dentro il kayak, e anche a trainarti, se necessario; due uscite in barca a vela, immagino pilotata da esperti e, infine, due lezioni di surf. Devo dire che queste ultime mi preoccupano molto di più. E’ escluso che riesca a mantenermi ritto sulla tavola per più di una frazione di secondo, anche se mi tranquillizza che, sapendo tenermi a galla, potrò comunque aggrapparmi alla tavola stessa e tornare a riva come un naufrago, magari poco gloriosamente ma comunque salvo.

Però mi hanno convinto che il Parkinson deve essere affrontato così: non con rassegnazione e atteggiamento inoperoso, ma con spirito volitivo e piacere di vivere; essere protagonisti della propria vita e non solo subirla, nonostante i vincoli e le limitazioni che la malattia impone. E’ ben vero che il Parkinson è una malattia degenerativa e incurabile e procura disagi fisici molto gravi. Esistono naturalmente medicine che servono ad attenuare alcuni disagi, se non a curare: ma quella più efficace, lo predica con forte convinzione il nostro saggio neurologo K. Paulus,  è quella di fare le cose che fanno stare bene.

Convinto sinceramente della validità di questo precetto, ho aderito subito al progetto. La domanda iniziale che mi sono fatto – se è stata cosa opportuna la mia adesione – non è  una leziosità retorica per vivacizzare il discorso: è ciò che in altri tempi avrei sicuramente pensato, trovandomi nella situazione in cui ho deciso di cacciarmi.

L’arruolamento è avvenuto senza particolari problemi dopo un accurato esame psico-fisico. L’esame non è stato collettivo ma riservato per ogni singolo candidato. Quindi non ho potuto conoscere subito nessuno dei miei competitor né farmi un’idea della figura che avrei fatto nelle attività sportive. E’ strano, ma si pensa subito a questo, anche se è l’aspetto concettualmente più lontano dagli scopi del progetto.

La squadra deputata alla raccolta dei nostri dati e che poi sarà impegnata ad affiancarci, e magari sorreggerci materialmente uno per uno, è formata da personale del corso di laurea in Scienze motorie dell’Università di Sassari. E’ coordinata dalla Prof Lucia Cugusi, che è promotrice del progetto, coadiuvata dalle Dott Martina Meloni e Alessandra Caria che guidano con pugno di ferro il gruppo dei tesisti e laureandi, comandati a collaborare. Non sono nuovi a questo tipo di esperienza e sono allegri, giocosi e rassicuranti.

I dati rilevati dovevano riguardare:

la prestanza fisica – rilevatori al polso e al torace per controllare funzionalità cardiaca e non so che altro; misura di peso, altezza, torace, ecc.; prove di equilibrio su un piede, 2 piedi, con occhi aperti e chiusi, e sempre con la squadra dei ragazzi  pronti a sorreggerci o raccoglierci da terra se qualcuno stramazzasse, colto da sonno improvviso o da malore o capogiro, ecc.;

le condizioni mentali – in che misura sopportiamo la fatica e quanto tendiamo a valutare la stanchezza; quanto siamo depressi e preoccupati per la nostra malattia (se lo fossi davvero, non mi sarei mai sognato di partecipare a questa sperimentazione), ecc..

Alla fine tutti promossi e pronti a cominciare. Hanno battezzato il gruppo col nome di “Turritani coraggiosi”, che riecheggia ricordi di letture infantili. Non è dato sapere se chi lo ha pensato si riferisse al fatto che non essendo più in verde età, almeno in buona parte, è naturale considerarci e trattarci affettuosamente come bambini, oppure perché comunque abbiamo avuto il coraggio di farci avanti.

Il programma prevede come prima attività otto passeggiate di trekking.

La prima si è svolta presso il CUS di Sassari ed è servita in pratica solo per conoscerci.

Come sempre avviene in queste circostanze, subito grande attività generale per immortalare l’evento con ampia documentazione fotografica: foto di gruppo, di sottogruppi, immancabili selfie.

La squadra degli atleti partecipanti è composta da una decina di persone. Di questi, la metà circa ha un’età che spazia intorno agli 80 anni, con punta di 92, gli altri sulla mezza età, e una sola donna che, per buona educazione, non può che essere definita giovanile. Non è certamente lei il lato debole della compagnia, tutt’altro, e non sarà certamente lei che condizionerà l’asprezza e la difficoltà delle prove. Partecipa poi tutta la schiera del “Club delle mogli” che accompagnano i rispettivi mariti e seguono insieme a loro tutte le attività. Ovviamente non sono né monitorate in corso d’opera, né intervistate dopo. Comunque, hanno lo stesso sempre qualcosa da osservare.

Ci sono stati consegnati i bastoni per aiutarci a camminare. Non i classici bastoni di vecchiaia, come magari, malignamente, verrebbe subito da pensare: quelli ben più ganzi, per veri trekkisti. Se usati bene, come ci ha spiegato l’istruttore e prof Corrado Conca, ci eviteranno possibili cadute su terreni accidentati e allevieranno la fatica della camminata.

Nel complesso, tutte le escursioni sono andate benissimo: solo qualche caduta senza danno, qualche mancato appuntamento perché qualcuno si è perso per strada mentre cercava di raggiungere il luogo di raduno per la partenza (io, lo confesso, nientemeno che a Usini, girando inutilmente intorno tra via I maggio e via IX maggio-?ma che c…. celebra?- col navigatore impazzito) e … niente altro di serio.

A parte il tono scherzoso che mi sono permesso di usare, l’esperienza è stata bellissima: il conduttore, Corrado, non si è risparmiato nel fornire consigli e informazioni e rendere amabile questo tipo di attività; il gruppo di sostegno si è sempre dimostrato gentile e sollecito ben oltre il necessario; gli atleti e il Club delle mogli hanno legato benissimo con intesa e simpatia. In pratica, ci siamo divertiti tutti e ci siamo ripromessi di ritrovarci per nuovi itinerari di trekking, con il nostro istruttore se possibile, e integrando la passeggiata con adeguata ristorazione.

Delle altre attività in programma dirò, forse, successivamente.

Romano Murineddu


1 Commento

  1. Antonello

    Caro il mio Romano è con piacere che leggo quanto tu’metti nero su bianco delle tue esperienze Paulus/Parkinsoniane così come dovrebbe essere definito a mio parere tutto ciò che il nostro amato Doc mette a disposizione per aumentare la nostra dopamina facendoci dimenticare i farmaci. Causa lavoro non ho potuto partecipare a queste giornate di svago ma sono molto felice per chi sta’traendo giovamento. Son contento che tu Luca e Chicca facciate aperte della associazione Volere si può…….. Remare si deve. Ciao a presto.

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