Articolo di Paoletta Farina tratto dalla Nuova Sardegna del 27 novembre 2016
Giornata del Parkinson: «Sanità migliore per tutti»
Le richieste di malati e medici e il punto sulle ricerche per la cura del morbo Il neurologo Sechi: Sardegna ferma a trent’anni fa, diritti dei pazienti menomati
SASSARI. Le speranze per la terapia, le difficoltà di districarsi nella complicata macchina sanitaria sarda, i problemi legati all’ottenimento dell’invalidità civile. La Giornata sassarese della malattia di Parkinson, organizzata dall’associazione presieduta da Franco Simula che ieri ha gremito di pubblico la sala della Camera di commercio, ha messo ancora una volta in luce una quotidianità fatta di complicazioni ed ostacoli per i pazienti, di carenze croniche di strutture e macchinari sanitari, e anche di delusioni e frustrazioni per i ricercatori che vedono chiudersi sempre di più il rubinetto dei finanziamenti. Tanto che il direttore della clinica neurologica delll’Aou, Gian Pietro Sechi, rispondendo alla domanda di una malata che chiedeva più attenzione e organizzazione verso i pazienti, ha annunciato che chiederà un incontro all’assessore regionale Luigi Arru «perché la nostra sanità è ferma a trent’anni fa. Basta pensare che la Sardegna è l’unica regione italiana che non ha la risonanza magnetica a 3 tesla . Dobbiamo accontentarci di apparecchiature con un potenziale che è la metà. E questo significa che non abbiamo la possibilità di fare diagnosi migliori e più precise. Un gap con il resto d’Italia inammissibile, perchè i sardi hanno diritto agli stessi livelli di assistenza assicurati nel resto del territorio nazionale».
Di Parkinson soffrono in Provincia almeno 1500 persone, oltre seicento quelle che vengono seguite nel Centro dei disturbi del movimento della clinica neurologica. L’incidenza in Sardegna non è diversa da quella di altre Regioni: 30/40 persone su diecimila soffrono del morbo che rientra tra quelle malattie neurodegenative per le quali la scienza ha raggiunto risultati soltanto nella cura dei sintomi. La causa resta ancora da individuare. E Sassari con i suoi ricercatori
«Studi recenti condotti dalla clinica Neurologica, in collaborazione con vari gruppi nazionali ed internazionali, tra cui gli Istituti di microbiologia e di farmacologia dell’Università di Sassari, il Cnr di Padova, Sassari e Pozzuoli, e l’istituto di ricerca inglese “Diamond Light Source Ltd, Harwell Science and Innovation Campus” hanno dimostrato che comuni infezioni virali come quella dal virus Herpes simplex tipo 1, nelle persone predisposte possono contribuire ad un più rapido peggioramento della malattia di Parkinson – spiega il professor Sechi – e che, invece, un antibiotico di uso comune, il Ceftriaxone, può essere in grado di rallentare o fermare la progressione della malattia di Parkinson, impedendo la aggregazione patologica della proteina Alfa-Sinucleina, che gran parte degli studiosi considera la determinante principale della neuro-degenerazione progressiva tipica del Parkinson». Proprio la scoperta delle capacità del Ceftriaxone è stata fatta sempre nella clinica neurologica sassarese, in collaborazione con l’Istituto “Gaslini” di Genova. Anche Le ricercatrici Giannina Arru, biologa, ed Elisa Caggiu, microbiologa hanno parlato della possibile associazione, la prima, del “micobatterium avium paratubercolus” e la secona dell’Herpes simplex virus di tipo 1, con il Parkinson.
Molto importanti anche le informazioni fornite da Rosanna Serra, dell’ufficio invalidi civili e da Francesca Dettori, dell’ufficio ricoveri Regione, entrambi dell’Asl. Dalla Giornata sassarese è emerso quindi l’appello generale a un’attenzione maggiore, in tutti gli aspetti, verso i pazienti.