Dora era arrivata nell’Associazione Parkinson come accompagnatrice e “nume tutelare” del marito Giuseppe che già da qualche tempo, ormai, aveva dovuto fare i conti con l’insorgere della malattia di Parkinson. Dopo un certo periodo di ambientamento e orientamento breve in verità lo spazio della esclusiva mansione di accompagnatrice del marito era diventato troppo ristretto .
L’espansione a tutto campo non è stata una scelta “comandata” o “guidata”, no!
È stata un’esplosione tanto naturale quanto silenziosa connessa alle sue capacità e alla sua disponibilità che, inaspettatamente, l’hanno portata ad essere “regista” dello spettacolo teatrale, ispiratrice ed organizzatrice di incontri, sempre animatrice di iniziative di eccellente caratura.
Ma anche per Lei era in agguato un personale Parkinson rappresentato da feroci, violentissimi mal di testa che la prostravano Lei forte e impavida come una quercia sino al punto di dover essere costretta ad accettare un neurostimolatore sottocutaneo (alias “ferramenta”) per poter finalmente beneficiare di ampi momenti di liberazione dal dolore.
Ma il male era sempre lì pronto a colpire e a interrompere le attività e le iniziative che animava nei momenti di tregua.
Dora, però, da autentica pattadese, reagisce come la lama temprata e aguzza della sua terra e non molla.
E ricomincia con rinnovato vigore nonostante le insopportabili sofferenze che piegherebbero temperamenti anche più forti: ma non Lei. Qualcuno, passeggiando per la campagna, azzarda anche apprezzamenti di merito sul suo conto: ”accompagnano Dora una finezza, una dolcezza, una delicatezza talmente spiccate da farne una persona unica”.
Francesco Simula