Volare si Può, Sognare si Deve!

Così è la vita di Nicoletta Onida

Da bambina abitavo al primo piano di un palazzo di periferia, un edificio quadrato, solido, senza ascensore, ma con scale larghe, luminose che univano i quattro piani su cui si affacciavano gli appartamenti. Vivevano lì giovani famiglie d’impiegati, insegnanti, piccoli commercianti che, pur conoscendo la vita di chi stava nella porta accanto, si limitavano ad avere, coi vicini di casa, rapporti formali.  Per i bambini era diverso. Di pomeriggio, quando il tempo lo permetteva, si ritrovavano nel cortile interno del palazzo o sul marciapiedi di fronte, dove maschi e femmine giocando separatamente, ravvivavano la monotonia della strada. La prima amicizia della mia vita nacque proprio allora; una compagna di scuola  venne ad abitare all’ultimo piano del palazzo e, in poco tempo, diventammo inseparabili. Andavamo insieme a scuola e, spesso, per vincere l’ansia delle interrogazioni, strada facendo, ci ripetevamo i versi della poesia studiata a memoria o l’ultimo capitolo di storia assegnato. Talvolta imitando la voce stridula della maestra, ridevamo a crepapelle. Le nostre giornate erano fatte di giochi sfrenati, di allegria, di ingenua complicità a scuola e di solidale affiatamento nei giochi di gruppo. Litigavamo e facevamo pace continuamente, ma con la spensieratezza della nostra età, pensavamo al divertimento senza porci domande sul futuro.

L’adolescenza portò i primi  dubbi, le insicurezze, ma anche sogni e speranze. Avevamo lasciato la vecchia casa per una più comoda e nuova; frequentavo la scuola media, avevo nuovi compagni ed insegnanti più severi. Su quei banchi nacquero, presto, nuove amicizie con cui imparai a condividere le esperienze della crescita e, in seguito, a compiere i primi passi verso l’ indipendenza. Ricordo ancora le irrefrenabili risate, le telefonate senza fine, le confessioni di piccoli segreti, ma anche le delusioni. Pian piano  mi resi conto che la vera amicizia è quella che non t’inganna, quella che ti sostiene e ti assicura la confidenza che, ad un certo punto, non  si può più avere con i genitori. E’ quella a cui ricorri per avere un suggerimento o il consiglio giusto nei momenti di sconforto e che ti aiuta a migliorare.  L’amicizia vera non si perde di vista e se gli impegni di lavoro, i doveri familiari, talvolta, ne affievoliscono il rapporto, è confortante pensare che puoi sempre contare  sul suo sostegno. Comunque la si voglia considerare, essa è indispensabile per ognuno di noi.

Giunta all’età adulta iniziò una nuova fase della vita; i giochi, le corse sfrenate, le arrampicate sugli alberi di periferia erano lontane, ma ne serbavo ancora un ricordo piacevole; ero una donna serena. Poi un giorno arrivò l’estratto conto della vita; c’era qualcosa che non andava nella mia salute e, come tanti altri, mi affidai ad un esperto, uno specialista. Fra gli altri rimedi mi consigliò un corso di fisioterapia, dove conobbi persone nuove con problemi più o meno gravi  che, come me, lottavano per non lasciarsi abbattere. Lo sconcerto iniziale venne vinto dalla solidarietà, dalla comprensione per quella insicurezza e fragilità  che anch’io sentivo ma, nonostante ciò, persisteva una certa difficoltà ad inserirmi, appieno, nel gruppo. Un pomeriggio in palestra una compagna del corso di fisioterapia, sedendomi accanto, mi sorrise e, pian piano, mi aprì il suo cuore senza vergogna. Provai subito un inspiegabile simpatia, un’emozione fatta di affabilità, tenerezza che ben conoscevo. Ci incontrammo ancora , poi, un giorno al pranzo di fine corso, le parlai di me. Quello che ci accomunava non era la sofferenza della malattia, era un dolore diverso, un dolore più intenso che non si cura con i farmaci perché sta in fondo al cuore. Dopo avermi ascoltata mi disse: – Non ci sono scappatoie, uscite d’emergenza, per sfuggire a quel tipo di dolore, bisogna andare avanti  senza paura. Fermarsi è inutile, perché, così è la vita. – Non era una frase studiata a memoria per interpretare una parte; lei, attrice esordiente, quel giorno non interpretava un ruolo. Prima di andar via ci abbracciammo; avevo trovato una nuova amica.

3 Commenti

  1. Paola

    Volevo cogliere quest’occasione per ringraziare una persona molto speciale, mia madre.
    Mia madre mi ha accompagnato ogni giorno della mia vita e lo fa ancora con forza e amore. Carattere duro, il mio, forse non le ho mai detto quanto la stimo e quanto la ammiro per aver tirato su una famiglia così bella. Non c’è guerra che io non possa vincere nella mia vita, perché la forza che mi dà l’amore della mia famiglia, vincerà sempre su tutto.
    Grazie mamma, sei grande!
    Paola

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  2. kaipaulus

    Non avevo capito fino in fondo:
    Nicoletta scrive: “…un dolore più profondo che non si cura con i farmaci perché sta in in fondo al cuore.”
    Dal racconto traspira umanità, quella vera, chiamatela complicità, solidarietà, amicizia.
    Per capire e per assaporare il significato ho dovuto leggerlo due volte.
    Non so voi, ma io ci vedo proprio lo spirito della nostra Parkinson Sassari che si è respirato in quest’anno, non serve farmaco, ma altro, proprio quello di cui parla Nicoletta.

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  3. kaipaulus

    Bellissimo.

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