Volare si Può, Sognare si Deve!

Cultura

CRONACA LEGGERA DI UNA PESANTE PESTILENZA testo di Franco Simula


Domenica 15 Marzo 2020 ore 13,30. Al telegiornale la notizia dominante è quella relativa ai colpiti dalla pandemia di Coronavirus: sono 24700 le persone colpite dall’insidioso invisibile nemico, i deceduti invece sono 1800 La macchina che ti investe la vedi, devi stare attento a non farti investire e puoi anche farcela a evitare la macchina e la morte. Ma quello là, infingardo com’è, non lo vedi, non lo senti, non lo tocchi, ma lui ti ha già colpito. Infatti anche a Sassari,oggi, il primo decesso. Intanto ti affacci alla finestra e lo spettacolo è spettrale. Via Pascoli normalmente trafficatissima, oggi è silenziosa, invasa soltanto da un bellissimo sole che rende lo scenario più gradevole. Domenica 22 marzo 2020, contagiati 46600, deceduti 5400. il numero dei contagiati è quasi raddoppiato, mentre il numero dei morti è triplicato. Lo scenario ormai non era più solo preoccupante, la paura diventava di giorno in giorno uno stato d’animo sempre più concreto e vicino; non era più una tragedia che colpiva solo gli altri, no, si sentiva che era entrata ormai in tutte le case, nella pasticceria accanto, nella banca distante qualche decina di metri, e anche a casa tua. Ormai non si parlava più di qualche decina di morti scomparsi per preesistenti patologie aggravatesi per la solita influenza stagionale no, no, ormai stavano sempre più cadendo tutti gli infingimenti e si parlava con trasparenza e con sempre maggior paura di coronavirus. Cioè di quella pandemia che ormai non colpiva soltanto Bergamo e Cremona ma che era venuta a fare le ferie “primaverili” anche in Sardegna. I morti non erano solo in Lombardia ma anche a Sassari dove al danno si era aggiunta la beffa della deflagrazione epidemica all’interno del reparto di cardiologia in cui dei circa 50 contagiati la prevalenza era rappresentata da medici e personale sanitario di vario grado. La paura, appunto. Nessuno ammette platealmente di aver paura del tipo “timore e tremore”; la paura emerge nel momento in cui si osservano pacatamente le statistiche, il numero dei contagiati, il numero dei morti, è allora che l’angoscia inespressa si manifesta sotto la forma compulsiva di approfondire, cercare dati sempre più recenti e documentati. E dato che siamo tutti tappati in casa a fare gli “esercizi anticoronavirus”, dopo che ne parli con i familiari il discorso è concluso. Ma non sei completamente soddisfatto. Allora cambi registro, vai a telefonare agli amici alla ricerca di argomentazioni più convincenti .Ma per che cosa? Forse per trovare una soluzione al problema? Ma neanche a parlarne. Soluzione farmacologica, come il vaccino, non ne esiste per ora, parlarne serve solo ad esorcizzare la paura proveniente dal fatto che questa “peste moderna” non la si “vede” nel senso che né gli scienziati, né i medici son riusciti ancora a trovare il bandolo della matassa: la patologia rimane ancora indefinita. Gli infarti cardiaci,che tutti gli anni falciano centinaia di migliaia di vite umane, sono degli eventi patologici ben conosciuti dalla scienza medica, e pertanto non si fa più caso al numero di vittime disseminate nel mondo, anche perché sono distribuite a macchia di leopardo; col coronavirus invece l’attacco è massivo, asfissiante, mortale. Non colpisce un po’ qua un po’ là, no! Sceglie un punto e lo rade al suolo: soltanto qualcuno riesce a scappare e a gloriarsi immediatamente di aver sconfitto “la peste” mentre invece son proprio queste fughe incoscienti la vittoria del “corona virus” perché saranno proprio questi incauti untori a propagare la mortale pestilenza negli angoli che ancora ne erano rimasti immuni. Domenica 29 marzo 2020. Riportiamo innanzitutto il bollettino di guerra: totale contagiati sino a oggi: 70.065- deceduti a oggi 10.023. Dalle due alle tre della notte ormai passata è avvenuto il cambio dall’ora solare all’ora legale. Potremo beneficiare di qualche ora di luce in più. Stamattina, appena sveglio, ho sentito in lontananza il gracchiare stonato di alcuni gabbiani in trasferta verso l’entroterra alla ricerca di cibo. Chissà se i gabbiani si sono svegliati all’ora solare o a quella legale!….. Ma perché celiare; i gabbiani e tutti gli altri animali agiscono sulla spinta di bioritmi installati ab eterno su di loro; solo noi, umani, talvolta sentiamo il bisogno di adattare fenomeni naturali alle nostre presunte esigenze, quasi sempre otteniamo buoni risultati. L’andamento della pandemia sta lentamente mostrando segni di flessione: il graduale raggiungimento del tanto atteso picco, il sempre maggior rispetto delle norme di salvaguardia, il moltiplicato impegno degli scienziati ricercatori, stanno costituendo il pacchetto di misure che riusciranno a sconfiggere il mostro. Che deve essere sconfitto, questo è l’imperativo categorico. Questa è la nostra speranza! Riposta, come dicevo, nella incessante perseveranza degli scienziati-ricercatori determinati a battere il Coronavirus. Questa speranza è diversa da quella che tutti i giorni papa Francesco va impetrando nella sua incrollabile Fede in Dio, ma stavolta credo che il Papa sia d’accordo anche con la speranza riposta nella frenetica attività degli scienziati-ricercatori impegnati in una incessante lotta contro il tempo per individuare un antidoto capace di sconfiggere definitivamente la peste del 2000 che finora ha seminato il panico in tutto il mondo.


Per limitare il contagio da Coronavirus.


Dalla mattina del 10 marzo, chiunque dovrà spostarsi da un Comune all’altro dovrà avere una giustificazione e presentare una autocertificazione per il controllo. Le modalità per autocertificare la ragionevolezza del proprio spostamento sono state definite lunedì: occorre un modulo (lo si può trovare sul sito del ministero dell’Interno) da esibire al momento del controllo. Chi non può scaricarlo e stamparlo può copiare il testo e portare la dichiarazione con sé. Chi deve fare sempre lo stesso spostamento può utilizzare un unico modulo specificando che si tratta di un impegno a cadenza fissa. La stessa modalità vale anche per chi ha esigenze familiari che si ripetono quotidianamente oppure a scadenze fisse e dunque può indicare la frequenza degli spostamenti senza bisogno di utilizzare moduli diversi. Ad esempio chi deve spostarsi tra i comuni per raggiungere i figli o altri parenti da assistere oppure per impegni di carattere sanitario. Se si viene fermati si può fare una dichiarazione che le forze dell’ordine trascriveranno ma sulla quale potranno fare verifiche anche successive. Spetta al cittadino dimostrare di aver detto la verità.

Si può uscire per comprare cibo

Il decreto del Presidente del Consiglio prevede la possibilità di uscire di casa per motivi strettamente legati al lavoro, alla salute e alle normali necessità, quali, per esempio, recarsi a fare la spesa. Non è prevista la chiusura dei negozi di generi alimentari, che anzi rientrano tra le categorie che possono sempre restare aperte. Non è necessario e soprattutto è contrario alle motivazioni del decreto, legate alla tutela della salute e a una maggiore protezione dalla diffusione del Covid-19, affollarsi e correre ad acquistare generi alimentari o altri beni di prima necessità che potranno in ogni caso essere acquistati nei prossimi giorni. Sarà garantito regolarmente l’approvvigionamento alimentare.

La sospensione del campionato di calcio

Conte ha anche annunciato che il campionato di calcio di Serie A sarà sospeso. «Non c’è ragione per cui proseguano le manifestazioni sportive, abbiamo adottato un intervento anche su questo», ha detto. Tutte le manifestazioni sportive, in tutta Italia, sono sospese.

Scuole chiuse fino al 3 aprile

Il presidente del Consiglio ha anche annunciato che le scuole, in tutta Italia, rimarranno chiuse fino al 3 aprile. Sospese anche le lezioni universitarie. Chiusi musei, palestre, piscine, teatri, centri sociali e culturali. Previsto uno stop ai concorsi pubblici ad esclusione di quelli per il personale sanitario (e di quelli telematici)

Chiusi bar e ristoranti dopo le 18

A partire dal 10 marzo, dunque, i bar e i ristoranti in tutta Italia dovranno chiudere dopo le ore 18. Durante le ore di apertura, dovranno mantenere l’obbligo di distanza di un metro altrimenti l’attività sarà sospesa.

Vietate messe, matrimoni, funerali

Chiusi i pub, le discoteche, le sale gioco, le sale bingo. Vietate le celebrazioni, comprese quelle di matrimoni e funerali, e tutte le messe.

I negozi

Le attività commerciali dovranno rispettare la distanza di un metro per i clienti altrimenti scatterà la sanzione: se non riescono per motivi strutturali dovranno chiudere. Nei giorni festivi e prefestivi saranno chiuse le medie e grandi strutture di vendita, nonché gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati. Si raccomanda anche di contingentare gli accessi a negozi, mercati, fiere per evitare «assembramenti di persone».

E’ stato istituito il numero emergenza Coronavirus

ATS Sardegna 3336144123


Il sogno ritrovato – poesia di Geminiano Bevitori


IL SOGNO RITROVATO

Quando la vampa rovente
cala sulla piana del Marghine,
non si muove nulla.
I muretti a secco
calcinati dalla canicola,
sono i confini di terre
lasciate al pascolo
e al vento

... Sulla piana del Marghine.


Ridossato ad un muro a secco,
sorge un leccio antico
piegato dal vento,
dove trovano riparo
il gregge e il suo pastore....

.....Sulla piana del Marghine.

Il silenzio pomeridiano è totale
e il tempo è scandito
dal frinire delle cicale,
metronomo dello spazio immoto...

......Sulla piana del Marghine.

Il pastore,
ancora giovane nell’aspetto,
cullato dal dolce stormire
delle fronde del leccio,
assapora il silenzio,
e i suoi pensieri corrono
verso il mare che luccica
in lontananza...

......Sulla piana del Marghine.

Gli è rimasta fin da bambino
la passione per il mare,
che portava nel grembo
la grandezza dei suoi sogni,
ma ora che i sogni
sono rimasti soltanto sogni,
rivolge lo sguardo amorevole
al suo gregge...

.....Sulla piana del Marghine.

e come per incanto
nel balenio dei loro occhi,
come il lampeggiante
riverbero del mare,
ritrova l’altro suo sogno:
vivere libero nella sua terra,
fra freddo, maestrale e canicola,
libero e appagato
dalla sua esistenza...

.....Sulla piana del Marghine.

Geminiano Bevitori


SU BISU TORRADU IMBENNERE

Cando sa basca allutta
falat in su saltu ‘e su Màrghine
non si movet nudda.
Sos muros burdu
carchinados dae su caldu luinu
faghent de làccana a sas tanca
lassadas a pàsculu
e a bentu

... In su saltu ‘e su Màrghine.


Appozadu a unu muru burdu,
un’élighe antigu b’at créschidu
mujadu dae su ‘entu
e igue faghent umbraghe
bama e pastore...

.... In su saltu ‘e su Màrghine.

Fungudu est su mudore serentinu
e∙i su tempus est repiccadu
dae su chigulare ‘e sas chìghulas,
marcadore ‘e s’ispàtziu frimmu...

.......In su saltu ‘e su Màrghine.

Su pastore,
galu gióvanu a s’apparèntzia,
ninnadu dae su muidare durche
de sa frasca ‘e s’élighe
assaborat su mudore
e sos pensamentos suos current
abboju a su mare chi lùtzigat
addae...

......In su saltu ‘e su Màrghine.

L’est restada dae piseddu
sa passione ‘e su mare,
chi giughiat in sinu
sa grandesa ‘e sos bisos suos,
ma como chi sos bisos
sunt restados bisos ebbia,
abbàida contivizosu
s' 'ama sua ...

......In su saltu 'e su Marghine

e comente pro incantu
in su lampu ‘e sos ojo
che lampizare sighidu
de lampizu ‘e mare
torrat a imbènnere s’àteru biu sou:
bìvere lìberu in su saltu,
cun frittu, ‘entu mastru e calura,
lìberu e cuntentu
de s’esistèntzia sua...

......In su saltu ‘e su Màrghine.


traduzione (Antonello Bazzu - poeta)

 

XIII° Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson

XIII° Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson 30 Novembre 2019

 

Ad un caro amico


A Franco Toccu un caro amico di tanto tempo fa

Dal profondo del tempo,

fra frammenti di memoria

di una guerra lontana

é emerso un ricordo vivissimo:

Il viso di un ragazzo bruno

due occhi grandi scuri

un sorriso dolce e gentile,

un compagno di scuola

fin dalle elementari,

sempre disponibile

per un favore od una cortesia.

Anche tu sei andato via

troppo presto,

nella maniera giusta per te

anche se crudele per chi restava.

Noi siamo diventati vecchi

e tu, nel nostro ricordo,

sarai sempre giovane.


 

 

Alcune testimonianze rese da donne parkinsoniane


Queste sono alcune delle preziose e straordinarie testimonianze rese da donne parkinsoniane sabato 21 Settembre 2019 durante il convegno tenuto ad Alghero dal titolo “La signora Parkinson”.
Le testimonianze hanno reso unico ed incomparabile l’evento.


Maria 

Buongiorno e buon lavoro a tutti. Sono molto emozionata, non é facile parlare dei propri sentimenti, dei propri affetti, delle proprie paure, delle proprie debolezze; con voi mi sento serena e ci proverò.

Io sono diventata Signora Parkinson ufficialmente circa quattro anni fa.

I primi dubbi iniziarono quando le mani di mio marito Paolo e le braccia tremavano compulsivamente e inspiegabilmente tra cambio e il volante dell’automobile. Vai dal medico, che fa la diagnosi e scatta l’incredulità; ti chiedi il perché ma ti proponi di reagire. Inizi a informarti, chiedi, cerchi tra i tanti dubbi e incertezze. Finalmente trovi il medico specialista di questa malattia sperando di aver subito risultati positivi. Per tutti noi dottor Paulus che, per quel che mi riguarda, é un punto di riferimento anche umano. E’ come se facesse parte della famiglia, ci sprona, incoraggia e, quando necessario, ci consola e anche ci sgrida. Un grazie sentito da parte mia.

Intorno hai tante persone care che ti consigliano, ti chiedono, ti aiutano e anche ti rimproverano. In alcuni momenti mi sento in colpa, inadeguata, incapace di reagire o capace di reagire in maniera sconosciuta, non consueta, ad esempio con rabbia; perché tu non sei più tu. Ti chiedi chi sei, dove sei, che cosa potresti fare ancora, le tue paure le chiudi in un angolino perché non hai più la forza e la volontà di condividere nulla, ti senti nuda.

Sai che l’ammalato é tuo marito, sai che la malattia inattesa ha vigliaccamente aggredito lui, ma anche tu, cioè io, mi sento preda di quel male.

In alcuni momenti ti vene di chiedere aiuto, di avere affetto, coraggio, mai compassione, di avere un pò di gratitudine per quello che fai e se non c’é, inconsapevolmente, ti viene da dire basta. Poi invece, ritrovi te stessa e ricominci a lottare, piano piano, si riesce a ritornare come prima o quasi. Si trovano nuovi equilibri, nuove forme di coinvolgimento fisico ed emotivo, di condivisione dei sentimenti, delle paure, delle gioie, come spesso per fortuna succede da noi, dentro l’associazione.

Certo la malattia, la stanchezza, la rabbia, il sentimento di malinconia sono costanti insieme alla paura di quello che sarà domani. C’é però sempre da parte mia la speranza che la ricerca, la scienza , le istituzioni sanitarie e amministrative diano una mano per lenire il disagio, il dolore che accompagna i nostri ammalati.

Cerchi comunque energie nuove, il tempo passa e tutto questo mi farà crescere e maturare dentro. Mi auguro che la malattia prima o poi subisca un grande ko.

Grazie a Tutti, buon lavoro, forza paris.

Maria


Adelaide 

Nel 2006 mi è stato diagnosticato il morbo di Parkinson. Si è manifestato con tremore alle mani e alle gambe ed una certa instabilità.

La mia prima preoccupazione è stata accertarmi che non fosse una malattia mortale ; una volta che sono stata tranquillizzata in merito, con l’impegno ad assumere quotidianamente dei farmaci, mi sono convinta che ci avrei dovuto convivere nel modo più tranquillo possibile.

Le preoccupazioni sono state tante, non ultima quella della cura del mio aspetto fisico . Ciò   può apparire poco importante, ma non per me, che ho sempre tenuto ad essere ordinata sia nei capelli che nel trucco ed ovviamente nell’abbigliamento.

Non volevo apparire la malata che suscita pietà, non fa per me e ho deciso di combattere con tutte le mie forze col mio nuovo nemico .

Inizialmente per queste esigenze mi sono venute in aiuto mia figlia e mia nuora che, dopo aver accompagnato i figli a scuola , venivano a casa nostra e si occupavano del mio trucco e parrucco; del resto si occupava mio marito.  In questo modo io mi sentivo a mio agio e ciò mi ha aiutata tanto ad affrontare i problemi legati alla malattia.

Mio marito, però, non si è perso d’animo e osservando le manovre delle ragazze ha imparato ed oggi è lui il mio truccatore e parrucchiere di fiducia.  Naturalmente lui è contento di rendersi utile  anche in questo oltre che in tanti altri bisogni quotidiani.

Posso  dire che abbiamo raggiunto un certo equilibro e collaboriamo reciprocamente nella  nostra quotidianità .

Devo ringraziarlo molto per la tranquillità e la sicurezza che sempre riesce a darmi.


Josè

Quando ho cominciato a frequentare il gruppo dell’ Associazione mi sono trovata subito bene. E’ un piacere vedere che negli anni l’associazione è cresciuta arricchendosi di attività interessanti e molto utili ed efficaci per chi soffre di questa patologia.

Per me in particolare il canto mi fa bene. Il canto è stato una sorpresa! Ho fatto parte della corale dell’ UTE e successivamente anche di un’altra corale per più di 20 anni, dalla quale ho deciso di ritirarmi quando la malattia ha iniziato ad essere più aggressiva. Quindi mi ha fatto piacere poter riprendere la mia passione! Nonostante la mia voce ora vacilla…..

E’ entusiasmante cantare insieme al gruppo, alcune canzoni in particolare come ad esempio Dimonios. Anche grazie alla guida del bravo e paziente ( e per di più bello!!! ) maestro Fabrizio.

Per alcuni di noi il ballo è un vero toccasana, alle prime note di un liscio si vedono persone

che si alzano e danzano leggere mentre nella quotidianità quasi non riescono a camminare.

Nel gruppo c’è una bella intesa!

Il supporto della famiglia è importante e ringrazio di avere due figlie ( una delle quali vive con me e mi SUPPORTA/SOPPORTA 24 ……. ehm anzi 36 ore su 24!!!) che mi aiutano.

Ho 5 nipoti e 6 pronipoti che mi chiamano Nonna-Bis e anche se non li vedo spesso quando li sento per telefono e mi dicono “ Ciao nonna-bis” sento la dimostrazione del loro affetto.

Nella mia esperienza personale è molto importante fare cicli regolari di fisioterapia e logopedia che aiutano a muovermi e a comunicare meglio. Nelle nostre condizioni si spera che la medicina raggiunga livelli superiori di cure!

Mi dispiace non poter essere presente a questo convegno…. purtroppo i miei attacchi forti di agitazione e ansia non mi permettono di stare a lungo fuori di casa!

Un cordiale saluto, Josè.


Ninetta

In riferimento all’incontro con Mr. Parkinson ognuno di noi ha la propria storia da raccontare, infatti, la malattia non colpisce tutti allo stesso modo e anche l’età varia. Non sempre si manifesta nell’età adulta, ma una cosa è certa, quando il morbo aggredisce, la strada diventa sempre più in salita.

Il mio primo sintomo fu la perdita dell’olfatto che, però, sottovalutai; non avrei mai potuto immaginare che potesse essere un segno premonitore della malattia. Per quasi due anni ignorai il problema; poi arrivò il tremore e la rigidità muscolare e, solo allora, venni sottoposta ai controlli necessari il cui risultato evidenziò la terribile patologia.

– Ce la farò! – mi dicevo

Passavano le settimane, i mesi ma, nonostante i farmaci, i progressi erano minimi. Ero avvilita, divorata dal senso d’impotenza, mentre avrei avuto bisogno di rilassarmi ed avere un atteggiamento più ottimista. Dopo qualche tempo entrai a far parte dell’associazione: la fisioterapia, il canto, l’attività teatrale, nonostante la persistenza dei sintomi, mi furono di grande aiuto. Stare con gli altri mi dava la possibilità di cogliere ogni segnale positivo, pur nella consapevolezza dei numerosi disagi che accompagnavano me e gli altri. Condividevamo il nostro stato d’animo, soprattutto, quando accadeva di sentire notizie su un sistema sanitario inadeguato che metteva in difficoltà il medico ma soprattutto  il paziente.

A compensare, in parte, le mancanze del sistema sanitario c’ era lo spirito di condivisione che ho verificato fin dal primo momento nell’associazione e che continuo a sperimentare anche ora. Una condivisione, la nostra, non solo nella sofferenza e nei disagi, ma soprattutto nella voglia di andare avanti.

Perciò ognuno di noi si riconosce negli altri e trova in questa vicinanza lo stimolo a non arrendersi. Come dire, è la nostra, una famiglia allargata, stare insieme ci aiuta a trascorrere ore serene e a farci coraggio a vicenda. Tutto ciò contribuisce alla produzione della dopamina, la sostanza responsabile del  controllo dei movimenti.

Questo ci aiuta ad andare avanti, ad avere fiducia nella ricerca che speriamo possa, quanto prima, debellare Mr. Parkinson.


LA SIGNORA PARKINSON di Kai S. Paulus

La Signora Parkinson

Circa un anno fa ci siamo interrogati sul nostro sito (vedi “Signora o Signor Parkinson”, archivio Agosto 2018) se vi fossero differenze nell’affrontare la patologia parkinsoniana tra i due sessi, in linea con le recenti evidenze indicate dalla Medicina di Genere. Ci siamo promessi che saremmo ritornati su questa importante tematica approfondendone diversi aspetti.

Ed ecco finalmente ci siamo:

Tra alcuni giorni ci incontreremo ad Alghero per approfondire le problematiche ed i disagi che comporta la malattia di Parkinson nella donna. Tralasceremo quindi i classici sintomi quali, tremori, rigidità ed instabilità posturale che conosciamo fin troppo bene, per focalizzare l’attenzione sulle possibili differenze del “Vivere-con-il-Parkinson” nel sesso femminile. E non si parlerà solo di ansia, depressione ed insonnia che possono colpire entrambi, ma si affronteranno i disagi quotidiani, personali, familiari e sociali. Per fare un esempio: un uomo affetto da Parkinson non si metterà troppi problemi per uscire di casa anche se a causa del tremore non riesce a radersi; la donna invece se non riesce a mettersi il rossetto… (capito cosa voglio dire?)

A causa delle differenze culturali e sociali donne e uomini affrontano la vita in maniera diversa; per la stessa ragione una malattia cronica che colpisce soprattutto il movimento con impaccio motorio ed instabilità posturale, andrà ad impattare come un macigno sulla vita personale, quella di coppia, di una famiglia, stravolgendone i ruoli: i capo-famiglia, padri, madri, nonne, nonni, non solo perderanno il loro ruolo principale ma saranno costretti a chiedere aiuto per ricevere assistenza.

Per non parlare della coppia: cosa ne sarà del ruolo di moglie, dell’intesa, della complicità, dell’amore, e dell’intimità? Si rischia di andare incontro a due scenari, da un lato l’indifferenza, dall’altro la trappola del rapporto genitore-figlia/o.

Si può riuscire a mantenere una convivenza soddisfacente e gratificante per tutti? Si può e ci si deve riuscire!

Nella nostra società matriarcale, la donna riveste un ruolo cruciale, quasi da ‘manager’ familiare. Quindi, se la donna non dovesse più essere efficiente, tutto il mondo familiare ne risentirebbe, e prima di tutti Lei stessa.

Da tempo sono convinto che la malattia di Parkinson si curi per un terzo con i farmaci, per un terzo con l’attività fisica, e per ultimo, tutelando i diritti umani della persona ovvero la sua capacità di autodeterminazione delle scelte ed il diritto a conservare il proprio ruolo come membro responsabile ed attivo all’interno della  famiglia e nella comunità. Credo proprio che quest’ultimo terzo sia quello più importante.

Anche scientificamente, la ricerca punta ad individuare le differenze di genere nel Parkinson, se pur ancora giovane e con poche evidenze scientifiche. Nell’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica americana ‘Movement Disorders’ è apparso un articolo di un gruppo italiano guidato dal partenopeo Alessandro Tessitore (che abbiamo avuto l’onore di ospitare alcuni anni fa per un convegno a Sassari), che racconta gli affascinanti studi sulle possibili differenze tra “Signor e Signora Parkinson”, oltre le note differenze fisiologiche del cervello, indagano il diverso funzionamento dei circuiti cerebrali coinvolti nella patologia extrapiramidale nei due sessi, che potrebbero spiegare la diversa risposta ai farmaci. Per avere risposte definitive, affermano gli autori, ci vorranno ulteriori studi.

Di questo parleremo ad Alghero. La scienza sta esplorando nuovi terreni, e noi cercheremo di stare al passo con le nuove conoscenze per migliorare costantemente la gestione globale della malattia di Parkinson.

 

Bibliografia:

De Micco R, Esposito F, Di Nando F, Caiazzo G, Siciliano M, Russo A, Cirillo M, Tedeschi G, Tessitore A.

Sex-Related Pattern of Intrinsic Brain Connectivity in Drug-Naiv Parkinson’s Disease Patients.

Movement Disorders, volume 34 (7), 2019.

 

ANCORA DALLA MURAGLIA :: Franco Simula


A uno slargo dei Bastioni di Alghero, occupati in parte da desueti cannoni e catapulte spagnole, non approda solo Barabba per deliziare i passanti con le gradevoli note della sua chitarra che il prossimo mese, esporterà con le sue melodie in quel di Barcellona; ai Bastioni, o meglio alla “Muraglia”,così denominata dagli algheresi, confluiscono molti altri personaggi, amanti della musica, che si esibiscono per il solo piacere di rendere meno insopportabili a sé e agli altri queste calde giornate di afa agostana.

I più assidui frequentatori della ormai nota “postazione ” musicale della Muraglia sono: il versatile Louis Doppio che sa suonare e cantare qualsiasi tipo di canto in lingua sarda; è una guida turistica poliglotta che incanta i passanti cantando soavemente in spagnolo, in napoletano in romano Ma non è solo. Spesso lo accompagna Pietro, meglio noto come “il Conte” per il suo portamento sussiegoso. Bravo chitarrista anche da solo, talvolta mal s’adegua a far da “spalla” a qualcuno e non già per carenza di talento ma solo perché arriva tardi all’incontro. La terza chitarra è Armando: l’osservatore silenzioso che quando si scatena sulle corde della chitarra è inarrestabile.

Il trio è stato ribattezzato “il trio delle meraviglie” per l’intesa e l’affiatamento che tre “prime donne” riescono a raggiungere quando sono motivati dall’ispirazione ritmica della musica, o quando riescono a “temperare” le corde vocali con qualche bicchiere di birra.

Al trio si uniscono anche Tore e Paolo con qualità artistiche più che accettabili certamente con meno pretese da prime donne, il che non guasta in un gruppo che ha necessità più di coesione musicale che di fughe solitarie. Tore e Paolo, entrambi caratterialmente tranquilli suonano rispettivamente le nacchere e la batteria e riescono ad ottenere un amalgama convincente con le tre chitarre guidate dall’estro libero dei chitarristi.

La notte del 24 agosto. la Muraglia e il suo popolo composto da residenti e “accudiddi”, ha vissuto una serata memorabile. Le tre chitarre, un po’ all’unisono, un po’ affidandosi istintivamente al personale caos ritmico accompagnate dalle calde e palpitanti cadenze di nacchere e batteria hanno creato un’atmosfera di così intenso coinvolgimento che un gruppo di ragazze spagnole si è lanciato in un ballo sfrenato che ha trascinato Louis ed altri in una improvvisata e bellissima coreografia da festa paesana. Il ballo tzigano scaturito spontaneamente da una musica che appariva caotica ma aveva un’efficacia così trascinante che molti spettatori incuriositi si erano improvvisamente trasformati in abili ballerini.Intanto Paolo, per un attimo, aveva ceduto la batteria a un batterista milanese – Alessandro che in men che non si dica era entrato in ” trance” suonando la sua musica prediletta, mentre Tore, dimenticando per qualche ora i suoi problemi suonava le nacchere con un ritmo e un’intensità da giocoliere. Come gli prescrive il suo medico curante.

Il tanto vituperato popolo della MURAGLIA si era preso la sua splendida rivincita suonando istintivamente – attraverso alcuni artisti da strada – bellissime musiche scaturite spontaneamente dal cuore.

E se questi giovani avessero avuto uno spazio adeguato invece della strada che cosa sarebbero stati capaci di fare?

Franco Simula


 

Barabba :: Franco Simula


BARABBA

27 Luglio 2019, ore 24. Piazza Santa Croce è deserta, silenziosa. Sembra offrire uno scenario irreale, completamente diverso da quello che si gode tutte le sere quando è animata da mille passanti che, come formichine impazzite si scontrano, si fermano, cambiano direzione, salgono sul bastione a “difendere le mura della città da possibili attacchi pisani o genovesi”. Mezz’ora fa si è scatenato un violento temporale che, come per incanto, ha ripulito tutto ciò che c’era di superfluo e di sporco stratificato. Cessata la tempesta, l’aria è diventata fresca, tenera, inebriante, amica, completamente diversa dall’afa opprimente dominante fino a poco prima. Nonostante il bel fresco, la passeggiata si era interrotta per la pioggia battente e improvvisa, annunciata ripetutamente nel corso della serata con tuoni e lampi in lontananza. Solo qualche coppia di amanti della natura aveva deciso di sfidare la possibile ripresa dell’acquazzone perché nel cielo non si vedevano stelle, e ogni tanto qualche bagliore brillava in lontananza. Intanto un signore, solitario, incede nella piazza e realizza in un attimo che gli appartiene tutta, tutta per sé, padrone della piazza. Tasta con la mano una sedia di ferro semibagnata, sembra che vada bene: si accomoda tutto soddisfatto, finalmente può iniziare il complesso ma piacevole rito del caricamento della pipa e della sua accensione. Occorrono effettivamente alcuni tentativi prima che l’uomo, finalmente soddisfatto, cominci a tirare lunghe boccate. Si intravedono ampie volute di fumo dissolversi lentamente nell’aria ancora umida di pioggia. In lontananza si sente la voce di qualche cameriere che smonta dal lavoro e passa frettoloso attraverso i vicoli. A mezzanotte, dopo un violento temporale, questa è la solenne quiete che regna in piazza Santa Croce. Intanto, non smette di attirare la mia attenzione l’uomo solitario che finalmente gode il fumo della propria pipa. Ma chi è? Mi sembra di conoscerlo, nella penombra. Mi sembra Pietro Ledda, alias “Barabba”. No, non è lui, anche se assomiglia.

Pietro Ledda “Barabba”

Il Barabba vero ha l’aspetto di un patriarca biblico: alto di statura, viso altero e squadrato, sguardo fiero, ammaliante e volitivo, tipico delle guide e degli uomini avvezzi al comando. Capelli lunghi raccolti a crocchia sopra la nuca, abiti bianchi e fluenti, come i mantelli dei tuareg del deserto. Nel suo complesso il fisico appare possente, anche se si appoggia ad un bastone nodoso, di ginepro, lavorato a mano, e formato da due rami intrecciati che sembrano due serpenti avvinghiati in un interminabile amplesso d’amore. Dove abita Barabba? In una casa di pochi metri quadri del centro storico di Alghero. Troppo piccola per un talento come il suo, che di una casa di dimensioni più ampie avrebbe fatto una casa del canto e del suono, dove certamente avrebbe offerto ospitalità alla voce dolce e garbata di Claudia Crabuzza, donna dal carattere mite che ben si lega col temperamento forte di Barabba.

Claudia Crabuzza

Come Diogene si accontenta di vivere in uno spazio poco più grande di una botte ma dove c’è di tutto: dall’arpa in restauro ai minuscoli vetrini ricuperati nel “solaio” che è la mini-spiaggia riservata degli abitanti della “muraglia”. Accanto al numero civico, una targhetta con la scritta “Aquì vive un mùsico”. Non basta scriverlo per esserlo, ma lui, Barabba, lo ha scritto perché lo è. Infatti suona con disinvoltura la chitarra e in contemporanea anche l’armonica, che -a tratti, però- deve accantonare per poter cantare con Claudia le belle canzoni algheresi. Suona anche l’ocarina e il violino, e quando avrà pronte le corde suonerà anche l’arpa. Un particolare che colpisce chi osserva Barabba è l’originale e fantasiosa foggia nel vestire: indossa con disinvoltura il saio del patriarca biblico o del pastore nomade del deserto, o una grande paglia nera, rotonda, a falde larghe, somigliante molto a Morgan, corsaro del Settecento. E tutto indossa con gran disinvoltura, come un attore consumato che sta interpretando la parte di protagonista dell’ultimo film. Invece Barabba sta interpretando spontaneamente sè stesso. In effetti leggere Barabba non è semplice, perché è in grado di interpretare oggi un personaggio e domani il suo contrario. Barabba. Da dove viene questo soprannome? Intanto gli è stato affibbiato per caso, come conseguenza di una delle sue trovate che nascevano nella mente vulcanica di Pietro. Durante il periodo dell’adolescenza Pietro frequentava, come tutti i suoi coetanei, d’altronde, la bella chiesa di San Francesco in stile gotico-aragonese. La frequenza della chiesa non era connessa a particolari devozioni da parte di Pietro, oh, manco per sogno!, ma alle svariate attrattive organizzate da Padre Simone, un frate del convento che aveva messo su un oratorio per ragazzi perfettamente funzionante. Non solo con ping-pong e calcio-balilla, ma soprattutto con una sala cinematografica. Il sogno di Pietro Ledda. Che a dire il vero era il più vivace dei ragazzi ma in tutti i sensi: non solo nell’architettare monellerie, ma nella scelta della varietà dei giochi. Un giorno Pietro ne combinò una grossa: mentre Padre Simone sorvegliava i ragazzi leggendo mezzo distratto una rivista, Pietro, approfittando di questo momento di rilassamento, con una funicella legò i sandali del frate a un banco su cui sedevano alcuni ragazzi, che a un tratto avevano cominciato a lamentarsi perché qualcuno aveva lanciato dell’erba puzzolente. La programmazione della serata prevedeva la proiezione del film “Barabba”. La puzza dell’erba aveva scatenato un parapiglia fra i ragazzi. A questo punto anche padre Simone provò ad alzarsi dalla sua postazione per ristabilire un po’ d’ordine, ma suo malgrado si trovò intrappolato con i sandali legati ad un banco. Padre Simone in un attimo capì tutto, e anche Lui perse la pazienza e andò in escandescenze: “Questo è stato Pietro Ledda! Barabba, maledetto Barabba!”. Così nacque un secondo Barabba, meno famoso del primo che se l’era giocata con Gesù Cristo e aveva vinto. Mentre Pietro Ledda aveva avuto la piccola soddisfazione di fare uno scherzo un po’ pesante al povero padre Simone. Dio l’abbia in gloria. Prima di morire chiese di parlare con Barabba. Venivano cancellate in un attimo tutte le marachelle che aveva combinato a padre Simone in tanti anni.

(franco simula)