Volare si Può, Sognare si Deve!

Pranzo Sociale Dicembre 2014

Pranzo Sociale Dicembre 2014

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Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson 11 Aprile 2015

Giornata Sassarese della Malattia di Parkinson 11 Aprile 2015

L’ Associazione Parkinson Sassari all’ Antiquarium Turritano

L’ Associazione Parkinson Sassari é andata alla scoperta di un’area archeologica davvero straordinaria: l’Antiquarium Turritano e l’area archeologica di Turris Libisonis. Abbiamo scoperto cose sorprendenti, perfino un… biberon di terracotta!

Secondo Plinio il Vecchio, Turris Libisonis era l’unica colonia romana della Sardegna. Fu fondata in età preaugustea, probabilmente su iniziativa di Giulio Cesare, che fece scalo nell’isola nel 46 a.C., di ritorno dall’Africa.

Il museo conserva materiali archeologici che documentano le diverse fasi di vita della colonia romana di Turris Libisonis, oggi Porto Torres. Il percorso espositivo è articolato su due livelli: al piano terra sono esposti gli oggetti che provengono dalle necropoli messe in luce in area urbana. Al piano superiore si possono invece ammirare i reperti provenienti dall’imponente complesso delle terme (tutt’ora visibile nell’area archeologica) e la sezione dei marmi. A questi si aggiunge la collezione comunale, con oggetti che coprono un arco cronologico che va dall’età del bronzo al V secolo d.C., non tutti provenienti dal territorio di Porto Torres.

IGIENE DEL SONNO 2.0 di Kai S. Paulus

(Pillola 20)

Il sonno è una delle funzioni fisiologiche più importanti per il corretto funzionamento del nostro organismo, corpo e mente. Molte volte ci siamo occupati in questo sito delle problematiche del sonno, specialmente nella malattia di Parkinson, nella quale i disturbi del sonno possono rappresentare il sintomo d’esordio della malattia che precede i classici sintomi del Parkinson (tremore, rallentamento, rigidità, instabilità posturale) anche per molti anni. Sappiamo anche quanto lo stesso Parkinson possa rovinare il sonno. Abbiamo già trattato i diversi disturbi del sonno che si incontrano nel Parkinson (sindrome delle gambe senza riposo, movimenti periodici delle gambe, disturbo comportamentale del sonno REM, alterazione del ritmo circadiano, le apnee notturne, ecc.) che vanno gestiti da esperti di Parkinson e di disturbi del sonno, proprio perché il loro corretto trattamento può modificare il decorso della malattia e ridurre sintomi e disagi durante il giorno.

Tra le problematiche notturne spicca certamente la comune insonnia, di cui soffre circa il 6% della popolazione generale, che spesso viene sottovalutata oppure trattata farmacologicamente in modo non ottimale.

Esistono dei semplici comportamenti che si possono adottare giornalmente per migliorare il proprio riposo notturno, seguendo alcune raccomandazioni che sono incluse nella cosiddetta Igiene del sonno, che, accanto alla Terapia Cognitiva Comportamentale, rappresenta il principale approccio non farmacologico ed efficace nel trattamento dell’insonnia.

Nonostante l’apparente semplicità dell’igiene del sonno, risulta che solo poche persone riescono a seguire quelle regole ed a migliorare efficacemente il loro riposo notturno. Pertanto, vorrei presentare un aggiornamento delle regole comportamentali nella speranza che possano trovare maggiore consenso e beneficio tra coloro che posseggono enormi greggi notturni di pecorelle …

Fonti bibliografiche:

 

 

Frohnhofen H. Schlaf und Schlafstoerungen im hoeheren Lebensalter. CME 2022; 19(1-2): 19-27.

Lauren NG, Cunnington D. Management of insomnia in primary care. Aus Prescr 2021; 44(4): 124-128.

Weinhold SL, Goeder R. Kognitive Verhaltenstherapie bei Insomnie. Somnologie 2022; 26(1): 55-64.

Zeising M, Thiedermann C, Pollmaecher T. Schlafmedizin in der Psychiatrie und Psychotherapie. Nervenarzt 2022; 93: 313-324.

MALATTIA DI PARKINSON E DEPRESSIONE di Kai S. Paulus

(Pillola 19)

 

La depressione, spesso associata all’ansia, è una malattia neuropsichiatrica che coinvolge sia la sfera affettiva che quella cognitiva, ed è molto frequente nella popolazione generale.

Questo disturbo dell’umore è caratterizzato da una riduzione dell’autostima, perdita di interesse, mancanza di motivazione, stanchezza, tendenza all’isolamento, ecc., con conseguenti difficoltà a svolgere le comuni attività domestiche e/o lavorative, associato ad ansia ed insonnia. Nella maggior parte, la depressione è curabile con approcci psicoterapeutici o farmacologici.

Si distinguono diverse forme di depressione che vanno dal disturbo distimico fino al bipolarismo, che qui non possiamo trattare, ma nella malattia di Parkinson la depressione acquista particolare significato ed importanza, e si distinguono diversi tipi di depressione:

1) una depressione pre-esistente ed indipendente dalle cause del Parkinson, che però viene accentuata dalla malattia neurologica, prevalentemente da ascrivere ad una riduzione del tono serotoninergico intracerebrale;

2) una depressione che può rappresentare il sintomo d’esordio del Parkinson e precedere di diversi anni i classici sintomi motori (tremore, rallentamento, rigidità, instabilità posturale) e dovuto ad un coinvolgimento di sistemi neuronali dopaminergici, noradrenergici e serotoninergici; in questo caso la depressione diventa una vera sfida, sia in termini di corretto inquadramento diagnostico (quindi non classica depressione, ma disturbo parkinsoniano), sia in termini terapeutici perché necessita di un approccio farmacologico mirato;

3) una depressione correlata alle fluttuazioni motorie del Parkinson che si manifesta specialmente nelle fasi “off” di fine dose della levodopa insieme all’accentuazione del tremore, dei blocchi motori e dei dolori;

4) una depressione reattiva, cioé dovuta alle difficoltà di affrontare i disagi e disabilità del Parkinson.

5) una comprensibile depressione del familiare, sopraffatto dal peso della necessaria disponibilità 24 ore su 24, che complica la convivenza familiare e la gestione globale;

6) la forma più frequente: una depressione mista che comprende diverse delle forme elencate.

 

Comunemente, depressione e Parkinson si accentuano vicendevolmente, cioè in presenza di depressione il quadro neurologico del Parkinson si aggrava, e con il decorso del Parkinson peggiora la depressione, con ovvie difficoltà nella gestione di entrambi.

Che cosa possiamo fare?

1) per una depressione indipendente dal Parkinson bisogna scegliere approcci farmacologici compatibili con la terapia antiparkinsoniana;

2) ottimizzare la terapia del Parkinson con cui verosimilmente migliora anche il tono dell’umore;

3) un sostegno psicologico per la persona ammalata ed i familiari;

4) favorire e stimolare le attività quotidiane, con commissioni, passeggiate, passatempi piacevoli vari;

e, importantissimo,

5) le attività associative: stare insieme a persone con problematiche simili è utilissimo quanto terapeutico, e le attività proposte anche dalla nostra Parkinson Sassari, quali coro, ginnastica (entrambi online ed in presenza), gite, convegni, ecc. sono essenziali perché esaltano l’insieme, la collettività, il coinvolgimento del singolo a partecipare alle attività di gruppo, favorendo pertanto la motivazione ed il divertimento.

 

Infine, Parkinson, depressione e ansia, riducono la qualità e la durata del riposo notturno, per cui una delle strategie principali è rappresentato sicuramente dal miglioramento del sonno.

Ma questo lo sapevamo già.

 

Fonti bibliografiche:

Aguera-Ortiz L, Garcia-Ramos R, Perez FJG, Lopez-Alvarez J, Montes Rodrigues JM, et al. Focus on depression in Parkinson’s disease: a Delphi Consensus of Experts in Psychiatry, Neurology, and Geriatrics. Parkinson’s Disease 2021; ID 6621991: 1-11.

Weintraub D, Aarsland D, Chaudhuri KR, Dobkin RD, Leentjens AFG, Rodriguez-Violante M, Schrag A. The neuropsychiatry of Parkinson’s disease: advances and challenges. Lancet Neurol 2022; 21(1): 89-102.

CANNABIS E PARKINSON di Kai S. Paulus

(Pillola 18)

La cannabis attualmente è molto in voga, e da comune sostanza “da sballo” è stata promossa a suon di popolo a rimedio terapeutico contro il Parkinson. Già da diversi anni i cannabinoidi rientrano nelle terapie palliative ed antidolorifiche anche per malattie neurologiche quali la sclerosi multipla, ma il loro utilizzo come farmaco anti-Parkinson è ancora molto discusso e di cui abbiamo già riferito nell’articolo “Stupefacente!” (vedi archivio: aprile 2017).

La cannabis, composta da oltre 2000 sostanze, contiene principalmente due molecole, la THC che è psicoattiva e responsabile dello ‘sballo’, di allucinazioni e assuefazione, e la CBD che invece possiede un effetto ansiolitico ed antiinfiammatorio. Le due sostanze si influenzano a vicenda e così la CBD può accentuare l’azione psicogena della THC che a sua volta rafforza l’effetto ansiolitico della CBD. Nel commercio si trovano tanti prodotti di cannabis in diverse formulazioni (pastiglie, gocce, inalazione) ed a rapporti diversi tra THC e CBD potenzialmente decisivi nel determinare l’eventuale risultato; e siccome l’effetto del cannabinoide, in base alla formulazione ed alla concentrazione, è molto individuale, è difficile stabilire in quali percentuali, dosaggi e rapporto THC-CBD assumerlo per ottenere i benefici sperati senza dover far i conti con gli effetti collaterali.

La cannabis viene spesso assunta nella speranza che possa mitigare i sintomi parkinsoniani difficili da gestire con i farmaci tradizionali, e ci si accontenta alla fine del suo effetto principalmente ansiolitico. Nel sopracitato articolo ho cercato di illustrare i pro ed i contra della cannabis e delle sue principali componenti, la CBD e la THC, che potete andare a rivedere.

Appare interessante che, nonostante non ci siano evidenze scientifiche su eventuali benefici nel Parkinson, i prodotti a base di cannabinoidi vengono utilizzati verosimilmente nella speranza che “a qualcosa possano servire”, spesso dovuto ad una propaganda mediatica non scientifica.

Regolarmente leggo nel viso la delusione di coloro, tanti, che mi chiedono della cannabis non ottenendo la sperata risposta affermativa.

In questo contesto di assenza sia di evidenze scientifiche che di linee guida accreditate, e del sostanziale fai-da-te, si inserisce l’appena pubblicato articolo del nuovo numero della rivista Movement Disorders Clinical Practice con l’accattivante titolo “Maggiori rischi, maggiori benefici? Riferiti effetti del reale utilizzo di cannabis nella malattia di Parkinson” (Holden et al., 2022). Gli autori presentano un sondaggio tra oltre 50.000 persone affette da malattia di Parkinson raccogliendo le loro esperienze con la cannabis assunta di propria iniziativa.

Tra i principali effetti benefici sono stati riportati: miglioramento del sonno, riduzione di ansia, agitazione e dolori, mentre gli effetti avversi sono stati stordimento, problemi cognitivi, allucinazioni, aumento del peso, instabilità posturale, sonnolenza diurna, fatica, tachicardia ed apatia. Interessante è l’affermazione del 30% degli intervistati di un’azione positiva sui sintomi parkinsoniana, specialmente rigidità, rallentamento motorio e discinesie, mentre circa il 5% riferisce un peggioramento sintomatico. Tali risultati sono però soggettive, non confermate da valutazioni cliniche, e verosimilmente da ascrivere ad una sensazione di miglioramento per l’effetto rilassante. Secondo una ipotesi degli autori, la THC potrebbe effettivamente comportare una certa riduzione dei sintomi parkinsoniani associato però ad un aumento dei sopracitati effetti avversi. E pertanto, ci si chiede se vale veramente la pena (nel vero senso della parola) di usare una sostanza per la propria salute senza avere nessuna certezza né basi scientifiche.

La discussione rimane aperta, e sono in corso nuovi studi per poter oggettivare gli effetti dei cannabinoidi e per comprendere maggiormente i loro meccanismi d’azione all’interno del sistema nervoso centrale. Nel frattempo, per ottenere un effetto rilassante senza incorrere in spiacevoli effetti collaterali, e per rimanere nell’ambito della fitoterapia, magari potrebbero assolvere dal bisogno benissimo altri rimedi, quali, melissa, biancospino, passiflora e la comunissima camomilla, meno costosi e senza effetti collaterali.

Però, la questione della cannabis come possibile cura della malattia di Parkinson rimane molto intrigante e rimarremo sul pezzo.

Fonte bibliografica:

Holden SK, Domen CH, Sillau S, Liu Y, Leehey MA. Higher risk, higher reward? Self-reported effects of real-world cannabis use in Parkinson’s disease. Mov Disord Clin Prac 2022; 9(3):340-350.

IL GENIO DI FRANCESCO ENNA di Kai S. Paulus

 

 

Quando ho conosciuto lo scrittore e sceneggiatore sassarese Francesco Enna i miei ragazzi erano ancora piccoli e così siamo finiti a parlare, insieme alla moglie e psicologa Iole Sotgiu, dei loro libri per ragazzi e dell’importanza della letteratura per lo sviluppo delle giovani menti. Nelle letture serali ai miei figli è finito pertanto anche il loro tenerissimo racconto “La vera storia di Gondrano il cormorano” (Condaghes, 2007) che contiene una toccante filastrocca ‘Testa reale cuor di gabbiano’ che successivamente lessi in occasione della Giornata Mondiale della malattia di Parkinson nel 2014 al Palazzo di Provincia e che poi mi ispirò al motto della nostra associazione.

 

Quello che più di ogni altra cosa mi ha impressionato della persona e dell’opera di Francesco Enna è la sua sceneggiatura scritta appositamente per noi, “Romeo e Giulietta: 40 anni dopo”, che ritengo semplicemente geniale: nel dramma shakespeariano tutti i personaggi sono invecchiati e hanno contratto il Parkinson. L’idea di Enna, di far salire sul palcoscenico delle persone ammalate di Parkinson e chiedere loro di far finta di avere il Parkinson, è grandiosa.

 

E grandiosa era la recita, divertente e spettacolare, con la partecipazione di tutti, ma grandioso era anche ciò che accadeva sul palco sotto i riflettori: la malattia ad un tratto spariva in ognuno degli attori. Incredibile. Saranno stati l’emozione e l’enorme divertimento, che sappiamo sono fonti di dopamina, ma soprattutto l’idea di calarsi nelle vesti di una persona ammalata ha fatto dimenticare di essere ammalati realmente. Un effetto terapeutico eccezionale, unico al mondo, e che vale mille pastiglie.

 

Francesco Enna mi ha insegnato molto; ma ciò che lui ha provocato nella recita del 2015 non riesco ancora a spiegarmelo e lo menziono praticamente in tutte le mie relazioni sul Parkinson lasciando la platea di medici, neurologi e ricercatori ogni volta di stucco: a tutt’oggi rimane inspiegabile quello tsunami di entusiasmo, di gioia, di voglia di fare, di divertimento, e di leggero e spensierato movimento. Forse, nell’intento di recitare una persona ammalata ci si libera delle proprie sofferenze e si riesce a volare per davvero?

 

Penso che il contributo di Francesco Enna alla gestione globale del Parkinson sia importante, e ci vorranno ancora diversi anni per poterlo inserire nella quotidianità. Lui mi aveva posto una domanda: che cos’è la malattia di Parkinson? Maestro, non ho la riposta, non lo so. (non ancora). Ma:

Volare si può, sognare si deve!

(Il video della memorabile recita e tutte le foto trovate in questo sito cercando “Il teatro” nel 2015)

 

A FRANCO ENNA In MEMORIA – Testo di Franco Simula


Lei, la Morte non conosce momenti di tregua. Stavolta ha deciso di indirizzare l’attenzione sull’Associazione Parkinson: tre soci in poco più di dieci giorni. L’ultimo in ordine di tempo a compiere il doloroso passaggio è stato Franco Enna. Il maestro Franco Enna. Maestro nella scuola dove ha educato generazioni di alunni per i quali ha scritto romanzi e testi scolastici ; per tutti ha scritto una vasta raccolta di fiabe popolari pubblicate nel libro “Sos contos de foghile”. Maestro per i Parkinsoniani per quali ha scritto e diretto “Romeo e Giulietta 40 anni dopo” contribuendo a creare momenti indimenticabili di allegria e divertimento. Ci consola la certezza che tutto ciò che Franco ha fatto e scritto rimarrà anche dopo la morte. Finché la malattia gli ha dato un po’ di tregua nell’Associazione è stato ispiratore e animatore di tutto ciò che siamo e siamo stati. Franco è stato e sarà sempre un grande. Quando però l’ombra pesante del “rapace infingardo” si è distesa su di Lui allora per Franco é iniziato un periodo di sofferenze che ha saputo sopportare con paziente dignità e serenità d’animo. In questo periodo -non breve.- la presenza costante, vigile e affettuosa della famiglia ha esercitato un fondamentale ruolo consolatorio e di sostegno. La morte infatti lo ha sorpreso mentre aspettava il medico per una visita di controllo. Ma la morte, infida, non ha suonato la campana. Oggi venerdì 15 aprile 2022, Venerdì Santo, Franco ha voluto pietosamente fare da compagno di sofferenze e morte al Cristo che si spegne sulla croce.
Franco Simula

La MORTE di Paolo Marogna – testo di Franco Simula


 La morte. Paolo aveva evocato la morte in tante delle sue  bellissime poesie che aveva composto negli anni raccogliendo quel che a mano a mano gli dettava il cuore fino a trovare riuniti in poco più di quaranta umili paginette i segni connotativi di una filosofia semplice  fatta di “mille domande a cui non sai rispondere o meglio di cui temi  la risposta”. Non omnis moriar ( non morirò interamente) diceva  Orazio pensando certamente all’immenso patrimonio poetico lasciato  in eredità ai posteri . Paolo, che spesso aveva chiamato la morte come un rifugio sicuro non verrà obliato del tutto perché uno scrigno  prezioso, contenente i suoi versi malinconici e a volte tragici, ci  riproporrà per sempre i suoi momenti lieti, le sue riflessioni tristi, le  sue sofferenze patite in silenzio perché Paolo era di grande dignità  anche nel dolore. 

 Qualche mese prima della morte di Paolo avevo cominciato a  scrivere qualche riflessione sul mio incontro con Paolo persona e con  Paolo poeta di cui avevamo cominciato a pubblicare le poesie con  brevi commenti sul sito dell’Associazione Parkinson, poi avendo notato una certa assuefazione alla poesia di Paolo che sembrava non  rappresentare più un evento letterario, rimandammo la pubblicazione dei testi poetici a tempi migliori. La morte di Paolo si è assunta  l’onere di anticipare questi tempi. Ora Paolo si trova nello spazio  infinito che a lungo ha desiderato occupare,più in alto del sole e delle  stelle. Lì potrà vivere la libertà assoluta sognata per una vita,  lì incontrerà i venti con cui colloquiava quotidianamente e da cui  aspettava risposte alle tormentate domande che lo assillavano, lì  riproverà” a non perdere il piccolo piacere malato di restare solo”. Lì  troverà il “Dio di Misericordia” e gli chiederà “Dove eri tu…quando la  terra ha tremato…e una trave…mi ha schiacciato…e con me il mio  domani e quello dei miei bambini. Io sono morto e son venuto a  cercarti per sapere il PERCHE’.” E vorrei anche rivolgerti tutti i perché  incomprensibili che avvelenano questo mondo: i bambini innocenti che muoiono di malattie e di fame senza colpa alcuna; le persone e le  cose che si rivoltano contro, quasi mi dispiace di non credere più in  un Dio da pregare o bestemmiare”. 

L’incontro con Paolo ha avuto momenti scanditi da particolari unici e  significativi. Meraviglioso. Dal silenzio più profondo, che appariva  come l’atteggiamento a Lui più congeniale, al più clamoroso ed  eclatante dei risvegli. Due brani di poesia presentati una sera in maniera un po’ movimentata, hanno costituito “l’incipit” della sua  rivelazione come poeta. Due poesie fra le più belle -a mio giudizio,  delle quarantanove poesie ( compresa una dedicata agli amici Tonino  e Adelaide per i 50 anni di matrimonio) contenute nella attuale  provvisoria raccolta che, per non velare assolutamente la propria  condizione di uomo sofferente, ha voluto intitolare Casa Parkinson.  Siamo nel 2019, Paolo Marogna; da circa due anni frequenta  l’Associazione Parkinson ma non mette in evidenza nessuna  particolare propensione salvo quella connessa alla sua professione di  commercialista che gli consente di rendersi subito utile  all’associazione attraverso la compilazione del bilancio annuale.  Nessun indizio, invece, che possa far pensare a un Paolo Marogna  letterato, appassionato lettore di buoni romanzi e con sorpresa di tutti poeta. Poeta delicato, sensibile,dal linguaggio semplice quasi naif, ma  dalle riflessioni profonde che afferiscono ai problemi che tormentano  maggiormente il pensiero umano; dalla morte all’amore in tutte le sue svariate sfaccettature, dalle incomprensibili sofferenze degli innocenti alle catastrofi che in un attimo cancellano dalla faccia della terra  migliaia di persone ignare del triste destino che le aspetta. Il tratto  comune che caratterizza tutte le poesie è quello costante della  semplicità: sembrano conversazioni confidenziali fatte al bar con un  amico.  

 Una sera, dunque, Paolo arriva nel salone dove si tengono le varie  esercitazioni programmate, tiene qualcosa in mano ma non si riesce a stabilire con esattezza di che cosa possa trattarsi: sembra una busta.  Durante uno dei tanti movimenti che gli sono necessari prima di  sedersi, la busta gli cade dalle mani, qualcuno si precipita a  raccogliere “l’oggetto” che sembra essere molto prezioso. Paolo,  ringraziando, riprende la busta, la depone sul piano di una sedia e ci  si siede sopra. Stavolta finalmente è sicura. 

 Non so proprio se quella sera Paolo abbia pensato più al contenuto  della sua busta che al Vecchio Frak, il quale sempre elegante ma  ormai rovinato e disperato si lascia scivolare nelle acque del fiume.  Certa è una cosa, appena finita la lezione del canto, Paolo prende la  preziosa busta che ha persino rischiato di perdere e, vincendo la sua  naturale ritrosia, mi viene incontro e consegnandomi la busta  “Leggile-mi dice- ci sono due mie poesie vedi se vanno bene”. E  sapendo che sono un ex insegnante di lettere, con grande umiltà (altro suo segno caratteristico) aggiunge:”Se c’è qualcosa da correggere fallo pure con la massima libertà”. 

Fatta qualche eccezione per la punteggiatura -che peraltro  rappresenta un aspetto molto soggettivo della grammatica italiana- i  concetti dei vari brani poetici erano semplici, lineari, chiari, non  davano adito a interpretazioni controverse mentre inducevano a ulteriori riflessioni. In mezzo alla confusione dell’uscita rimando  l’apertura del plico, ma appena arrivato a casa apro il prezioso  scrigno e trovo le poesie di cui parlavo poco prima , ancora col titolo  provvisorio di “Considerazioni”: in una successiva catalogazione più  razionale prenderanno rispettivamente il titolo di “Maestrale” e  “Compagni di Viaggio”. Due delle poesie più belle del compendio  -dicevo poc’anzi- rappresentano una,”Maestrale”, una metafora della  vita fatta di prove, vittorie, sconfitte e con una sola allusione, il vento  di Maestrale, a quella che è stata la passione di una vita il volo su  quegli aerei ultraleggeri da diporto, che costituivano il suo mondo  fatto di libertà, aria libera. La seconda poesia “Compagni di viaggio”  rappresenta un programma di vita in cui due persone che vivono  insieme -due coniugi, due amici, due parenti- cercano la giusta strada  anche se non sempre è la più facile. Ma per trovarla bisogna anche…  saper tornare indietro quando ci si accorge di aver preso quella  sbagliata”. Questo è il Paolo ottimista che vede cieli sereni, che spera  ancora nel futuro; ma presto sentirà “tutta la tristezza e la malinconia di un mondo che si dissolve”, come una vela che si allontana sul mare  di cui si ha certa solo la partenza, Mentre il ritorno è solo una  speranza”. 

 Franco Simula

Una partita col diavolo – testo di Franco Simula


Il pallone. Una passione irrefrenabile. Una passione che a 16-18 anni ti pervade e diventa pensiero dominante, ossessivo, che non si placa se non sul campo da gioco, dal quale finalmente rientravi a casa soddisfatto, dopo ore di corsa, di stacchi aerei, di scatti brucianti, di richiami ai compagni, di sudore, di fatica. Stanco ma soddisfatto. La passione era così forte e propulsiva che ti spingeva ad andare oltre ogni limitazione di carattere ideologico, politico, religioso.

Anche il campo da gioco allora era un problema: mancavano gli spazi in grado di ospitare tutti i giovani che volevano praticare uno sport, e quelli che lo praticavano dovevano accontentarsi di un rettangolo in terra battuta che era l’unico spazio disponibile costruito qualche decennio prima dal regime fascista per la formazione atletica dei giovani. I campi verdi con l’erbetta facevano parte dei sogni per noi irrealizzabili, costituivano solo cronache sportive raccontate dai radiocronisti dell’epoca: per tutti ricorderò Nicolò Carosio. In quegli anni l’unico campo sportivo dell’epoca era di proprietà del Comune e conseguentemente soggetto alle “assegnazioni” politiche degli amministratori del momento che favorivano alcuni e danneggiavano altri; ma chi sentiva bruciare dentro il “sacro” fuoco, superava qualsiasi ostacolo.

A metà degli anni cinquanta – in un clima politico caratterizzato dalla contrapposizione fra comunisti e cattolici- a Ittiri giocavano due squadre di calcio a contendersi la platea dei tifosi: una era la squadra della RINASCITA che faceva capo all’UISP ed era sponsorizzata dall’allora Sindaco socialcomunista Leonardo Gambella; l’altra era l’U.S. ITTIRI voluta dal giovane vice parroco del paese don Michele Merella.

Allora a Ittiri due squadre di calcio erano forse troppe, tanto è vero che periodicamente qualcuna delle due perdeva dei “pezzi” o perché qualche titolare della squadra andava a lavorare fuori paese o perché addirittura erano costretti ad emigrare in paesi stranieri. Non sempre le due squadre riuscivano a mantenere a lungo 11 titolari stabili: il gioco del calcio per noi non era una professione ma puro diletto. Non di rado accadeva quindi che le due compagini si trovassero a dover gestire organici ridotti e che si rendesse necessario chiedere rinforzi agli “avversari” soprattutto se questi attraversavano un periodo di m agra e avevano qualche giocatore disponibile. In una di queste circostanze di inattività della mia squadra a me e ad altri due amici fra i migliori della squadra venne rivolto l’invito di giocare con la formazione avversaria. All’inizio la notizia venne appresa dagli amici con noncuranza ma anche con un po’ di invidia perché i dirigenti della Rinascita -accantonando un po’ dell’orgoglio di squadra che caratterizzava quei tempi da Peppone e Don Camillo – avevano deciso di rinforzare la formazione chiedendo il contributo atletico di alcuni fra i migliori dell’altra compagine. La notizia però, non aveva lasciato indifferente il vice parroco che era deciso fortemente ad impedireuna tale inaccettabile contaminazione.

Naturalmente il vice parroco mi contattò immediatamente per cercare di farmi capire quale cattivo esempio avrei dato alla comunità dell’Azione Cattolica paesana che sostanzialmente aveva sponsorizzato la squadra di cui ero “l’alfiere”. Il richiamo del pallone, però, era fortissimo mentre la mia disponibilità ad accettare l’invito alla rinuncia, nessuna.

Niente, d’altronde, era stato detto agli altri due che assieme a me stavano “tradendo” i colori della squadra, chi doveva dare l’esempio di attaccamento alla squadra e alla ideologia che l’aveva ispirata ero soprattutto io. Questo forte richiamo rivolto esclusivamente a me, era giustificato dal fatto che la mia famiglia .dal punto di vista dell’osservanza religiosa- era molto conosciuta nel paese e quindi io non potevo incautamente espormi ad essere “usato” dagli avversari.

Ma io pur di giocare a pallone ero disposto a giocare col diavolo. Il giorno della vigilia subii nuovi e più pressanti assalti di dissuasione che, però, interiormente ero sempre meno disposto ad accettare.

Arrivò finalmente il giorno della partita: io ero sempre più determinato a indossare la maglietta della Rinascita ed entrare in campo.

Sino a qualche momento prima dell’inizio mi erano arrivati messaggi di invito alla rinuncia che a tratti assumevano il sapore della minaccia.

Ore 15. inizio della partita. Io entrai in campo convinto ormai che la decisione fosse irreversibile e che per 90 minuti avrei potuto dare sfogo alla mia grande passione senza condizionamenti di chiese o di partiti.

Ma la partita per me non durò 90 minuti.

Il vice parroco – informato in tempo reale di quel che stava capitando – andò immediatamente dai miei genitori per informarli del turpe “tradimento” che stavo consumando contro i principi ai quali la mia famiglia si era sempre ispirata: e tutto per una banale partita di calcio. Per me quella partita non era né banale né trascurabile: era la mia passione, in quel momento della mia vita era tutto.

“Vostro figlio sta giocando coi comunisti e voi non fate niente per impedirglielo”. L’intervento del vice parroco non rimase inascoltato. Mio padre uscì di casa “caricato” per bene e si diresse al campo deciso ad interrompere in qualsiasi modo la mia intollerabile ribellione.

Arrivato al campo, mio padre entrò direttamente sul rettangolo di gioco per impormi di uscire immediatamente Il ventiquattresimo uomo in campo aveva destato grande meraviglia fra gli spettatori e fra i giocatori che non riuscivano a capire il motivo di questa imprevista e strana invasione di campo in un momento in cui l’incontro si svolgeva su un piano di estrema correttezza. L’approccio non fu né facile né di breve durata. Perché tutte le volte che mio padre stava per avvicinarsi a me l’azione del gioco si spostava da un’altra parte del campo e io, all’inseguimento del pallone, rendevo vani i suoi tentativi di approccio. Considerato, inoltre, che mio padre era uno dei miei “tifosi” più convinti, appariva chiaro che aveva dovuto svolgere questo mandato contro la sua volontà. Però però occorreva mettere riparo in qualche modo alla “vergogna” di cui avevo ricoperto la famiglia.

Finalmente mio padre riuscì ad avvicinarsi per impormi di abbandonare immediatamente il campo.”Vieni fuori” mi intimò. Riuscii ad ottenere la compromissoria concessione che avrei smesso di giocare alla fine del primo tempo. E così andò. Dopo soli 45 minuti, alcuni dei quali carichi di angoscia, si concluse la mia partita che, forse, avrebbe potuto designarmi come “il migliore” fra i giocatori delle due squadre.

E invece tutto andò a rovescio.

Nell’ambito sportivo era svanita per una discutibile presa di posizione l’opportunità di dimostrare alla generalità dei tifosi di sapermi battere lealmente in una gara sportiva prescindendo dai colori delle magliette.

Nell’ambito familiare andò anche peggio. La sera, infatti, rientrato a casa sembrava che ci fosse il morto: mi avevano accolto visi lunghi e tristi invece dei complimenti di incoraggiamento. Una partita di calcio (anzi mezza partita) era stata sufficiente a mandare in crisi una famiglia e i suoi rapporti con le istituzioni religiose: insomma un dramma. Per me tutto era stato molto più semplice: era stato l’appagamento di un desiderio straripante, riconducibile a una grande passione che era il gioco del calcio. Tutto qui: senza ideologismi o settarismi di alcun genere.

Franco Simula

3 aprile 2022 65 anni dopo l’evento