Volare si Può, Sognare si Deve!

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PER FAVORE, DORMITE BENE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 65)

 

Lo so che sto diventando un po’ noioso ritornando per l’ennesima volta sull’importanza del buon sonno.

Ormai sapete già tutto: vi ho raccontato del fondamentale significato del ritmo sonno-veglia (vedi “ IL RITMO CIRCADIANO“), delle straordinarie funzioni del riposo notturno (vedi “IL SONNO“) e dell’opportunità del sonno come terapia delle patologie neurodegenerative e soprattutto della malattia di Parkinson (vedi “MALATTIA DI PARKINSON E SONNO“).

Ebbene, tenetevi forte:

E’ tutto vero!

L’attuale corso di aggiornamento su “Disturbi del sonno nella malattia di Parkinson” promosso dall’editore scientifico tedesco SpringerMedizin.de

Sono appena usciti i risultati di diverse ricerche internazionali che confermano i benefici del buon riposo notturno per la prevenzione e per la cura della malattia di Parkinson e le altre patologie neurodegenerative.

Come avevamo raccontato precedentemente, i disturbi del sonno sono dovuti a tanti fattori, quali farmaci, malattie neurodegenerative, cardiologiche, metaboliche, neuropsichiatriche, genetiche, ecc.). Quindi, viene intuitivo pensare che, curando il sonno, si curano automaticamente anche le malattie che lo disturbano.

Le sei categorie dei disturbi del sonno secondo la recente revisione della Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno, redatto dall’Accademia Americana di Medicina del Sonno

Ora si è confermato che la cura del sonno modifica il decorso delle malattie, ovvero, intervenendo sul riposo notturno, migliorandolo, si migliorano globalmente i sintomi parkinsoniani, ma anche quelli delle malattie cardiologiche e metaboliche.

Ed allo stesso modo, curando l’insonnia si possono prevenire deficit di memoria e curare le demenze, come l’Alzheimer e la demenza a corpi di Lewy.

Le persone ammalate da Parkinson non dormono bene principalmente per due motivi: da un lato la qualità del sonno è alterata dai sintomi motori (rigidità, difficoltà nel muoversi) e non motori (ansia, dolori, sudorazione, ecc.), dall’altro lato, invece, la neurodegenerazione danneggia i circuiti cerebrali regolatori del ritmo circadiano.

La ricerca appena pubblicata sul nuovo approccio della terapia della malattia di Parkinson indirizzando le cure sul sonno e sul sistema circadiano

Questi risultati sono straordinari, perché con il semplice miglioramento del sonno si possono prevenire, ritardare e comunque migliorare delle patologie tra le più temibili in assoluto.

Finalmente si mette anche l’accento su come trattare efficacemente le alterazioni del ritmo sonno-veglia, l’insonnia ed i vari disturbi del sonno, e sono spariti definitivamente le benzodiazepine (vedi “ABUSO DI BENZODIAZEPINE“) dalle linee guida della sonnologia. Era veramente ora. Ed anzi, evitando farmaci che possono disturbare il riposo notturno si migliora notevolmente la qualità di vita.

Quindi, è estremamente importante aver cura del proprio sonno iniziando con le semplici regole dell’igiene del sonno (vedi “IGIENE DEL SONNO 2.0“).

Ed allora: Sogni d’oro! a tutte/i.

 

Fonti bibliografiche:

American Academy of Sleep Medicine. The AASM International Classification of Sleep Disorders – Third Edition, Text Revision (ICSD-3-TR). AASM, Illinois, USA, 2023.

Feigl B, Lewis SJG, Rawashdeh. Targeting sleep and the circadian system as a novel treatment strategy for Parkinson’s disease. Journal of Neurology, 2024; 271: 1483-1491.

Lange K, Gerdes JS, Voges B. Schlafstoerungen bei Parkinson-Krankheit. Somnologie, 2024; 28(1): 68-81.

INSONNIA: RISOLTA? (pillola n. 25)

Mi preme intervenire brevemente con una nuova Pillola, per le novità che ci sono nel campo della sonnologia (e non solo) con l’arrivo di una nuova classe farmacologica.

Per trattare l’insonnia abbiamo attualmente a disposizione, oltre a correggere altri disturbi di salute che possono causare l’insonnia (ansia, depressione, ipertensione arteriosa, ipertiroidismo, ecc.), la fitoterapia (camomilla, melissa, passiflora, ecc.), i sonniferi, ipnoinducenti benzodiazepinici (triazolam, lormetazepam, ecc.) e gli ipnoinducenti non benzodiazepinici (zolpidem, zoplicone, ecc.), con risultati molto variabili e frequenti effetti collaterali (sonnolenza diurna, stordimento mattutino, instabilità posturale, ecc.).

Ma rimane la domanda sulla causa dell’insonnia.

Da circa vent’anni si sta studiando una molecola, l’orexina, che fa parte del complicato meccanismo dell’alternanza sonno-veglia.

L’orexina è un neurotrasmettitore, scoperto nel 1998, prodotta da pochi neuroni all’interno dell’ipotalamo latero-posteriore e perifornicale e che modulano reti neuronali in tutto il cervello e midollo spinale. La funzione dell’orexina pare essere la regolazione del ritmo sonno-veglia, ma anche dell’appetito, del metabolismo energetico dell’organismo, dell’umore, del dolore e del meccanismo cerebrale della ricompensa, ed entra anche nella regolazione di funzioni cognitive quali attenzione, apprendimento, memoria, funzioni esecutive e movimento (!).

Quindi, un deficit di orexina può portare a disturbi quali una alterazione del ritmo sonno-veglia con sonnolenza diurna, la narcolessia, ma anche depressione, stress, ed obesità,

mentre un eccesso di orexina comporta insonnia. Ed inoltre, alterazioni del livello di orexina sono correlati a malattie neurodegenerative (!).

Stanno arrivando dei farmaci, i cosiddetti agonisti dell’orexina ovvero stimolanti l’orexina, che contribuiscono a mantenere lo stato di veglia durante il giorno, mentre gli antagonisti, bloccando l’orexina favoriscono il sonno. Per tale motivo, farmaci nuovi, quali gli antagonisti duali della orexina (daridorexant, suvorexant, lemborexant, ecc.) o quelli selettivi, riducono l’insonnia, migliorano il sonno e garantiscono migliori performance diurne, senza significativi effetti collaterali. Quindi, questi farmaci migliorano sonno, memoria, funzioni cognitive e prestazioni diurne (o direttamente oppure indirettamente migliorando il sonno) ed i disturbi del sonno, come il disturbo comportamentale del sonno REM (agitarsi, calciare, picchiare e parlare nel sonno).

E se a questo punto vi dicessi che l’orexina c’entra forse anche con il Parkinson?

Ma di questo parleremo un’altra volta.

Kai S. Paulus

 

Fonti biografiche:

Dale NC, Hoyer D, Jacobson LH, Pfleger KDG, Johnstone EKM. Orexin Signaling: a complex, multifaceted process. Front Cell Neurosci 2022, 13;16:812359.

Pizza F, Barateau L, Dauvilliers Y, Plazzi G. The orexin story, sleep and sleep disturbances. Journal of Sleep Research 2022, 31(4); e13665.

Toor B. Ray LB, Pozzobon A, Fogel SM. Sleep. Orexin and cognition. Front Neurol Neurosci 2021, 45: 38-51.