Volare si Può, Sognare si Deve!

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INSONNIA: RISOLTA? (pillola n. 25)

Mi preme intervenire brevemente con una nuova Pillola, per le novità che ci sono nel campo della sonnologia (e non solo) con l’arrivo di una nuova classe farmacologica.

Per trattare l’insonnia abbiamo attualmente a disposizione, oltre a correggere altri disturbi di salute che possono causare l’insonnia (ansia, depressione, ipertensione arteriosa, ipertiroidismo, ecc.), la fitoterapia (camomilla, melissa, passiflora, ecc.), i sonniferi, ipnoinducenti benzodiazepinici (triazolam, lormetazepam, ecc.) e gli ipnoinducenti non benzodiazepinici (zolpidem, zoplicone, ecc.), con risultati molto variabili e frequenti effetti collaterali (sonnolenza diurna, stordimento mattutino, instabilità posturale, ecc.).

Ma rimane la domanda sulla causa dell’insonnia.

Da circa vent’anni si sta studiando una molecola, l’orexina, che fa parte del complicato meccanismo dell’alternanza sonno-veglia.

L’orexina è un neurotrasmettitore, scoperto nel 1998, prodotta da pochi neuroni all’interno dell’ipotalamo latero-posteriore e perifornicale e che modulano reti neuronali in tutto il cervello e midollo spinale. La funzione dell’orexina pare essere la regolazione del ritmo sonno-veglia, ma anche dell’appetito, del metabolismo energetico dell’organismo, dell’umore, del dolore e del meccanismo cerebrale della ricompensa, ed entra anche nella regolazione di funzioni cognitive quali attenzione, apprendimento, memoria, funzioni esecutive e movimento (!).

Quindi, un deficit di orexina può portare a disturbi quali una alterazione del ritmo sonno-veglia con sonnolenza diurna, la narcolessia, ma anche depressione, stress, ed obesità,

mentre un eccesso di orexina comporta insonnia. Ed inoltre, alterazioni del livello di orexina sono correlati a malattie neurodegenerative (!).

Stanno arrivando dei farmaci, i cosiddetti agonisti dell’orexina ovvero stimolanti l’orexina, che contribuiscono a mantenere lo stato di veglia durante il giorno, mentre gli antagonisti, bloccando l’orexina favoriscono il sonno. Per tale motivo, farmaci nuovi, quali gli antagonisti duali della orexina (daridorexant, suvorexant, lemborexant, ecc.) o quelli selettivi, riducono l’insonnia, migliorano il sonno e garantiscono migliori performance diurne, senza significativi effetti collaterali. Quindi, questi farmaci migliorano sonno, memoria, funzioni cognitive e prestazioni diurne (o direttamente oppure indirettamente migliorando il sonno) ed i disturbi del sonno, come il disturbo comportamentale del sonno REM (agitarsi, calciare, picchiare e parlare nel sonno).

E se a questo punto vi dicessi che l’orexina c’entra forse anche con il Parkinson?

Ma di questo parleremo un’altra volta.

Kai S. Paulus

 

Fonti biografiche:

Dale NC, Hoyer D, Jacobson LH, Pfleger KDG, Johnstone EKM. Orexin Signaling: a complex, multifaceted process. Front Cell Neurosci 2022, 13;16:812359.

Pizza F, Barateau L, Dauvilliers Y, Plazzi G. The orexin story, sleep and sleep disturbances. Journal of Sleep Research 2022, 31(4); e13665.

Toor B. Ray LB, Pozzobon A, Fogel SM. Sleep. Orexin and cognition. Front Neurol Neurosci 2021, 45: 38-51.

MALATTIA DI PARKINSON E SONNO (3) di Kai S. Paulus

ritmo 4

(seguito di “Malattia di Parkinson e Sonno 2”)

Affrontare la terapia, o meglio la correzione, delle alterazioni del sonno nel Parkinson è indubbiamente molto complicato e mette a dura prova anche lo specialista più esperto.

Intanto dobbiamo tener presente diversi scenari:

  • Una persona ancora sufficientemente autonoma, attiva e motivata, oppure sedentaria e demotivata
  • Una persona con limitate autonomie, motivata oppure demotivata
  • Una persona allettata motivata oppure demotivata
  • Una persona non autonoma e/o con comorbidità mediche che complicano le terapie neurologiche.

Salta agli occhi la questione della motivazione, la medicina più efficace: la forza di volontà!

Vorrei escludere qui, sia la persona autonoma e motivata che non presenta problemi importanti, ma dove la conservazione del buon riposo è utile alla prevenzione ed all’allontanamento degli stadi di malattia più gravi, sia la persona non autonoma aggravata da altre problematiche (ortopediche, cardiologiche, psichiatriche) che necessita un continuo monitoraggio e adattamento della terapia farmacologica gestiti da un team multidisciplinare.

Invece, il “buco nero” di tutta la terapia del Parkinson riguarda la demotivazione, la scarsa forza di volontà, che comporta una vita sedentaria che porta inevitabilmente ad una accelerazione del Parkinson.

Come è possibile migliorare il sonno in una persona demotivata?

A questo proposito vorrei tornare al modello del ritmo circadiano di Alexander Borberly (vedi “Il Ritmo circadiano”, gennaio 2022),

ritmo 4

Il Ritmo circadiano (linea verde ondulante) ed il processo S, la molla che deve caricarsi durante il giorno per accumulare sonnolenza. (modificato da A. Borberly, 1984)

nel quale si intuisce che una prerogativa del sonno deve essere l’attività diurna che ci conferisce la “spinta del sonno” accumulando stanchezza; senza tale spinta, senza la “molla” che ci “catapulta” nel sonno, Morfeo si allontana e ci attende una desolata insonnia.

Quindi, prima di aiutarsi con fitoterapia (camomilla, melissa, ecc.), e sicuramente prima di qualsiasi approccio farmacologico, bisogna motivare la persona per maggiori attività diurne, che vanno dalle quotidiane faccende domestiche (valido non solo per Sig.ra, ma anche per Sig. Parkinson!), alle varie commissioni (spesa, poste, ecc.), fino alla riabilitazione.

E qui è il punto: sicuramente è difficile che si possa migliorare la motivazione con lo sbucciare patate o fare la fila alle poste. Ci vuole il divertimento! Intanto devo affrontare la quotidianità con il giusto spirito: sbuccio le patate perché mi rendo utile, posso aiutare il partner e miglioro anche la mia manualità, ecc.

E poi ci sono gli hobby, i passatempi: leggere dei libri belli e stimolanti, incontrarsi con amiche e amici (con le giuste cautele anti-covid), giocare a carte, dama, scacchi, passeggiate e gite, ascoltare musica, suonare uno strumento, e le arti-terapie, quali coro, teatro, ballo, ginnastica di gruppo, videogiochi attivi, ecc., sui quali non mi soffermo visto che in molti le praticate e ne abbiamo parlato tante volte in questo sito.

(segue “Malattia di Parkinson 4”)

IL RITMO CIRCADIANO di Kai S. Paulus

ritmo 4

Tornando nel mondo reale, e promettendo che dell’orologio interno ce ne occuperemo ancora, rimangono gli aspetti pratici dell’avvicendamento di sonno e veglia.

A questo proposito ci è molto utile il modello elaborato da Alexander Borbely nel 1982 e aggiornato nel 2016, in cui lo scienziato olandese spiega in modo semplice e comprensivo l’alternarsi ritmico tra giorno e notte.

Partiamo da ciò che conosciamo tutti perché imposto dalla rotazione della terra: giorno e notte:

ritmo 1

Come mostra la figura, il fluido cambio tra giorno e notte, tra luce e buio, e quindi tra veglia e sonno, è intuitivo. Alexander Borbely chiama questa periodicità processo C (da Circadiano), e che è il nostro ritmo circadiano.

Quindi, tutto risolto: conosciamo il ritmo circadiano, conosciamo anche l’orologio interno (vedi “L’Orologio Interno – Una fiaba natalizia”) che adatta il nostro organismo a questa ritmicità, di giorno siamo svegli e di notte dormiamo, e pertanto, “caro Paulus, non dovevi neanche scomodarti per tale banalità.”

Invece, il caro Borbely aggiunge un altro elemento: il processo S (da Sleep drive, spinta del sonno). L’orologio interno ci rende possibili le attività diurne ed il riposo notturno, mentre il processo S mette in pratica l’orologio e lo ‘ricarica’.

ritmo 2

Comunemente, durante il giorno siamo svegli ed attivi, con il corpo e con il cervello: ci muoviamo e pensiamo. Il movimento ed il pensiero sono azioni, processi attivi che consumano energia. Man mano che la giornata avanza, consumiamo sempre più energie e, conseguentemente, accumuliamo stanchezza. E con la crescente stanchezza aumenta la necessità di riposare, di dormire; il processo S agisce come una molla che si carica sempre di più, finché ad un certo punto, idealmente verso le ore 23, quando la stanchezza prende il sopravento, la molla si libera, e ci addormentiamo.

Ritmo 3

Notoriamente, durante il sonno ci si riposa e si ricaricano le energie necessarie per il seguente giorno (vedi anche “Pillola n.4 ‘Ho scritto alla notte…’ ”, archivio ottobre 2015) ed il ciclo riprende da capo.

ritmo 4

Possiamo dire che il ritmo circadiano è dato dalla natura, procede per conto suo ed esisteva già prima della comparsa degli esseri umani, però il nostro orologio interno ed il processo S (l’accumulare stanchezza) ci inseriscono in questo ritmo per trarne il massimo vantaggio.

Verosimilmente, molti di noi domani notte non rispetteranno questo ritmo di alternanza per salutare l’anno nuovo, e dopodomani mattina se ne accorgeranno, ma poi ritroveranno il proprio ritmo. Ma molte, moltissime persone non riescono a seguire il ritmo circadiano per tante problematiche e ne risentono notevolmente, e che rappresenta anche uno dei principali disturbi del Parkinson. Ma di questo parleremo un’altra volta.

A tutti i migliori auguri di un Buon Anno 2022!

 

Fonti bibliografiche:

Borbely AA. A two-process model of sleep regulation. Hum Neurobiol 1982; 1: 195-204

Borbely AA, Daan S, Wirz-Justice A, Deboer T. The two-process model of sleep regulation. A reappraisal. J Sleep Res 2016; 25: 131-143

L’OROLOGIO INTERNO – UNA FIABA NATALIZIA di Kai S. Paulus

C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese misterioso e quasi sconosciuto, chiamato Sovrachiasmatico, e governato da una sconosciuta scienza nominata Cronobiologia, una anziana coppia di geni con nomi impronunciabili che per semplicità chiameremo Clock e Bmal. Questa coppia era molto affiattata ed i due erano molto attivi durante il giorno, mentre si riposavano di notte. Siccome erano anziani, non potevano lasciare casa loro, il nucleo, e, soprattutto, non erano in grado di svolgere le attività pesanti. Per tale motivo, incaricarono due elfi giovani e dinamici, Per e Cry, che per loro lasciavano ogni mattino il nucleo per andare a lavorare all’esterno, a costruire mattoni, tanti mattoni, ma non di argilla e calcestruzzo, ma di nobili proteine.

Questi blocchetti sono molto particolari e posseggono diverse funzioni: si diffondono dal capoluogo Sovrachiasmatico attraverso differenti vie verso altri nuclei abitativi incantati con nomi che sanno di galassie lontanissime, quali Locus Coeruleus, Preottico Ventrolaterale e Ipotalamo Dorsomediale. Grazie ai mattoncini fabbricati dai nostri Per e Cry, si accendono le lanterne in tutti questi paesi che quindi si riempiono, come per magia, ogni mattina di una insospettata vitalità, ed iniziano incredibili e meravigliose attività diurne. Un vero paradiso.

Particolare di una illustrazione di “Il rifugio degli Elfi” 2014

Ma in tutte le fiabe che si rispettino la cattiveria attende subito dietro l’angolo. E così anche nel nostro racconto natalizio arrivò il buio. E sapete perché? Il buio calò su Soprachiasmatico e tutte le altre località proprio a causa dei blocchetti creati da Per e Cry, che avevano appena illuminato le strade di Locus, Preottico ed Ipotalamo. Dovete sapere che alcuni di questi mattoncini erano stregati e non si diressero verso la periferia ma, inosservati ed in silenzio, da veri traditori, tornarono indietro al nucleo familiare e sorpresero i loro stessi avi, Clock e Bmal immobilizzandoli e rendendoli inattivi.

Ma per fortuna, sempre rimanendo nei classici canoni fiabeschi, i cattivi con le loro azioni sbagliano ed alla fine trionfa sempre il Bene. Nel caso nostro, Clock e Bmal, bloccati e resi inattivi, non furono in grado di motivare i giovani elfi Per e Cry, che a loro volta non riuscirono a produrre i mattoncini, né quelli buoni, e, ironia della sorte, né quelli cattivi. E così si spensero tutte le luci e calò la notte, ma in assenza dei mattoncini stregati, il giorno seguente i nostri Clock e Bmal furono di nuovo liberi, e con il sorgere del sole poterono nuovamente dirigere i lavori, spronare Per e Cry, ed il ciclo iniziò daccapo.

Buon Natale.

 

N.B.:

Da decenni si cerca di comprendere i meccanismi che sottostanno al delicato ritmo sonno veglia, legato all’alternarsi di luce e buio e che modula diversi parametri del nostro organismo, come la temperatura corporea, l’umore, le funzioni cognitive, e le capacità fisiche. Da molto tempo gli scienziati statunitensi, Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young erano sulle tracce di ogni singola componente di tale sistema che è localizzato nel centro del cervello includente il nucleo sovrachiasmatico (in diretto contatto con l’occhio e segnalando alle altre strutture luce o buio), ed i nuclei preottico, locus coeruleus e ipotalamo, che invece si trovano in stretto contatto con le vie ascendenti della formazione reticolare con cui la corteccia riceve stimolazioni eccitatorie di veglia e inibitorie di sonno. Già da tempo si conoscevano i geni circadian locomotor output cycle kaput (CLOCK) e brain and muscle ARNT-like 1 (BMAL1) ubicati dentro il nucleo cellulare dei neuroni del nucleo soprachiasmatico  ed anche tanti effettori finali, ma sfuggiva l’anello mancante, che i tre ricercatori hanno finalmente scoperto, e che sono i geni period 1-3 (PER) e cryptochrome 1-2, (CRY), i nostri elfi che costruiscono i mattoncini che poi attivano tutte le altre strutture, per poi, durante la notte, rientrare nel nucleo cellulare ed inattivare Clock e Bmal. Per questa sensazionale scoperta, nel 2017 Hall, Rosbash e Young hanno ricevuto il Premio Nobel per la medicina per i loro approfondimenti della cronobiologia, la scienza appunto che studia i cambiamenti tra sonno e veglia, e potendo chiarire definitivamente i meccanismi genetici che stanno alla base del ritmo circadiano del nostro organismo, il nostro Orologio interno.

Orologio 2