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Tempo di castagne – testo di Egle Farris

Tempo di castagne - testo di Egle farris

Venivano al mio paese quando cominciavano i primi freddi. Un mulo macilento e affamato che implorava una sosta, e un carretto, che una volta doveva essere stato dipinto di giallo, pieno di sacchi di castagne. Lui, lunga barba, piccolo e secco con pantaloni rattoppati con decine di ritagli di stoffe diverse, che probabilmente ed inizialmente dovevano essere stati di fustagno, lei con un vecchissimo costume dalla caratteristica cuffietta, forse di Desulo, ancora più secca di lui. Andavano di paese in paese , vendendo quelle castagne raccolte con fatica ,mangiando poco e dormendo meno, perché le tettoie e le stalle dove si accampavano la notte dovevano essere gelide e respingenti . Oltre che vendere castagne, riparavano ombrelli e, piatti rotti , smerciavano umili oggetti di legno, mestoli, colini. Lui aveva un sacco con fili di ferro, ritagli di stoffe, aghi, ombrelli vecchissimi da cui ricuperare pezzi di ricambio. Testardo, rattoppava. cambiava stecche ossidate, manici mutilati o amputati del tutto in ombrelli neri o verdi, quelli enormi allora usati dai contadini. E ai poveracci che gli davano lavoro riparava anche piatti, zuppiere, vassoi di terracotta. Univa i vari cocci, dopo aver fatto due buchetti col ” girabacchino “, con un mastice bianchiccio e una graffa che presto sarebbe arrugginita, rendendo quelle stoviglie ancora più brutte e deturpate.
E tutti si affollavano attorno, poveri da una parte, miseri dall’altra e seguivano gesti lenti, precisi e caparbi, fatti con serietà ed impegno che avrebbero reso quegli umili utensili ancora utilizzabili, perché allora nulla veniva buttato, tutto riciclato sino ad una fine non più rimandabile.  Vita grama che si esauriva in ogni paese dove si fermavano dopo qualche giorno dall’arrivo, con un lavoro misero, spesso pagato solo con fieno per il mulo e una notte in una stalla o pane e formaggio che non rifiutavano mai e che veniva segnato da innumerevoli segni di croce. E se ne andavano, sfiniti e poveri come erano arrivati, umile vita itinerante per vie lontane e sparivano sino all’anno successivo, sparivano oltre quella curva della vecchia fontana, giù giù……. alla fine del paese……….

Una signora col rossetto                         Egle Farris