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COLONNA DEL PARKINSON: TERAPIE AVANZATE di Kai S. Paulus

tempio greco

(seguito di COLONNA DEL PARKINSON: I FARMACI)

 

 

Quando le medicine tradizionali non riescono a controllare i sintomi parkinsoniani, perché pastiglie, capsule o cerotti non bastano più oppure non vengono tollerati, allora ci si offrono altre strategie, seppur invasive, spesso con soddisfacenti benefici.

 

Pompa di iniezione sottocutanea continua di apomorfina

Da oltre dieci anni, prima in Clinica Neurologica ed ora al Poliambulatorio della ASL in via Tempio, propongo la terapia con l’apomorfina in pompa o in penna.

L’apomorfina è un dopaminoagonista come quelli che abbiamo visto nel capitolo precedente, ma con la particolarità che agisce esattamente come la levodopa, e pertanto non possiede molti degli effetti collaterali dei farmaci della sua classe. Purtroppo, essa ha un grande difetto: ha una breve emivita, cioè il suo effetto dura poco, circa venti minuti, e per questo andrebbe assunto continuamente, il che non è proponibile. Ecco perché l’apomorfina viene proposta in pompa di iniezione sottocutanea continua di facile manualità e con modesto ingombro e disagio potendo essere rimossa facilmente in qualsiasi momento (notte, doccia, mare, ecc.). L’apomorfina può essere anche iniettata con una penna al bisogno per vincere un blocco motorio, o per diminuire altri sintomi, in caso di fine dose della levodopa. La pompa dell’apomorfina è molto indicata per migliorare fluttuazioni motorie e per ridurre gli insopportabili blocchi motori, oltre che diminuire notevolmente il numero di assunzioni dei farmaci. Delle terapie avanzate è sicuramente la meno invasiva e non necessita di ricovero. Le controindicazioni sono poche, ma per mia esperienza i suoi vantaggi perdurano per circa tre-quattro anni, dopodiché perde efficacia. Ma quel lasso di tempo è sufficiente per l’arrivo di nuove terapie.

 

 

Pompa di iniezione digiunale di duodopa

Questa pompa necessita di un breve ricovero per il posizionamento di una PEG/PEJ per far arrivare la sonda fino al tratto iniziale dell’intestino, il digiuno, dove la duodopa (gel di levodopa) viene assorbita. Questa metodica è utilissima per vincere le fluttuazioni causate dall’assunzione orale della levodopa perché garantisce un costante livello di farmaco in ogni momento della giornata riducendo notevolmente i sintomi del Parkinson: Gli svantaggi di questa utilissima metodica possono essere discinesie da eccesso di farmaco, che vanno minimizzati di volta in volta, ed una possibile polineuropatia periferica per la continua presenza in circolo di dopamina nel tempo.

 

 

Stimolazione cerebrale profonda

Una specie di pacemaker del Parkinson, con cui vengono introdotti degli elettrodi nel cervello fino ai nuclei della base, i circuiti interessati nel Parkinson, ed in particolare nel nucleo subtalamico e nel globo pallido interno. A determinate frequenze questi elettrodi riescono a ripristinare i circuiti dei nuclei della base ed a ridurre i sintomi parkinsoniani. La particolarità della DBS è che durante l’intervento neurochirurgico, che può durare molte ore, la persona rimane sveglia per poter verificare il corretto posizionamento degli elettrodi, raggiunto con il miglioramento sintomatico (per es., scomparsa del tremore) che sotto anestesia non sarebbe possibile. La stimolazione cerebrale profonda permette una notevole riduzione dei farmaci anti-parkinson, ma la selezione dei soggetti operabili è molto severa e solo poche persone posso sottoporsi a questa procedura medica avanzata.

 

 

Ultrasuoni focalizzati

Per poter ‘mirare’ precisamente si utilizza la Risonanza magnetica durante la terapia con gli Ultrasuoni

Fondamentalmente questa metodica è un aggiornamento della radioterapia con Gammaknife utilizzata soprattutto in chirurgia oncologica. Fino ai circa 50 anni fa esisteva la chirurgia ablativa come terapia molto invasiva per curare il Parkinson, sostituita successivamente dalla radioterapia che però nel Parkinson non ha mai preso piede per l’evento della terapia orale dopaminergica. Attualmente sta tornando in auge una vecchia metodica, quella degli ultrasuoni, che non sono raggi ma onde acustiche ad alta frequenza. La loro particolarità è che possono essere indirizzati, focalizzati, verso un target anche molto piccolo dentro il cervello, dove producono un calore poco superiore ai 40°C ma sufficiente a ‘cuocere’ le strutture proteiche interessate dei nuclei della base ottenendo una micro-ablazione con riduzione dei sintomi. Questa metodica, guidata tramite la risonanza magnetica, trova attualmente maggiore applicazione nella cura del tremore essenziale farmaco-resistente, e rappresenta una tecnologia emergente nel Parkinson. Inoltre, ci sono studio che sperimentano gli ultrasuoni per favorire l’ingresso degli anticorpi anti-Parkinson dentro il cervello; ma di questa incredibile procedura parleremo sicuramente nei prossimi mesi.

 

 

Per la vastità del tema del trattamento medico, questa colonna del nostro Tempio necessitava di una netta sintesi, seppur divisa in due parti, ma torneremo su terapie specifiche quando erigeremo le colonne portanti, quali la genetica, ed i disturbi del sonno, del tratto gastrointestinale e del tono dell’umore.

Ma adesso preparatevi perché seguirà a breve l’importante “Colonna del Parkinson: La Famiglia”. Che dite, meriterà due o anche tre parti? Attendo i vostri suggerimenti e contributi, i vostri “mattoni” per “familiare e caregiver”.