Volare si Può, Sognare si Deve!

Autore archivio: Kai Paulus

MA CHI ERA ‘STO PARKINSON? (Parte II)

La scopolamina, un’anticolinergico, viene usato contro il mal di mare e contro i malintenzionati  quando capitano nelle grinfie di Diabolik. Vi chiederete, ma non stavamo parlando di James Parkinson e del suo libro sulla Paralisi agitante “An Essay on the Shaking palsy”?

E’ esattamente questa la curiosità: dimenticato!

Non ci crederete, ma il lavoro di Mister Parkinson era dimenticato per decenni, e quando finalmente qualcuno tornò a parlarne, non c’erano esemplari del libro in circolazione. A pensarci oggi, questa affascinante storia ha veramente del incredibile e ve la voglio raccontare.

Nella parte precedente abbiamo conosciuto l’uomo James Parkinson, il suo lavoro di medico, ma anche le sue passioni per la geontologia e la politica, oltre a quella per Mary Dale, sua sposa.

Ed ora, squillino le trombe e rullino i tamburi, siamo nel 1817 e finalmente entra in scena il famoso libro “An Essay on the Shaking Palsy” (Tesi sulla Paralisi Agitante), pietra miliare della Medicina!

Più che di un libro si tratta in realtà di un libretto di appena 66 pagine, ma che pagine! Già il titolo sa di provocazione: paralisi, cioè qualcosa di immobile, fisso, ma che allo stesso tempo si agita. Il paradosso si addice perfettamente alla malattia dove l’arto rigido, rallentato, contemporaneamente trema. Ecco il capolavoro di Parkinson: i vari sintomi della malattia si conoscevano sin dall’antichità e già Galeno (122-199 d.C.) distinse due tipi di tremori, palmos e tromos, di cui il primo secondo Parkinson sarebbe il tipo di tremore presente nella sua malattia.

Il capolavoro, l’osservazione geniale di Parkinson, consiste proprio nella sintesi, cioè di aver coniato il conciso termine ‘paralisi agitante’, e di aver riunito diversi sintomi (tremore, rallentamento motorio, rigidità, camptocormia) per la prima volta in un’unica entità patologica, cioè lui, nel 1817 ha individuato una malattia che ancora oggi non abbiamo pienamente compreso. Ecco, spiegata la grandezza di questo testo! Nel libro, Parkinson descrive soltanto sei persone che mostrano gli arcinoti segni che compongono la sindrome, sei casi clinici che hanno fatto la storia della medicina!

Cosa spinse James Parkinson ad occuparsi di tremori e rigidità non lo sappiamo esattamente ma ci viene in aiuto suo figlio John, che nel 1833 rende pubblico gli appunti che il padre prendeva da giovane quando seguiva i corsi serali di un importante chirurgo ed anatomo del suo tempo, John Hunter (“Hunterian Reminiscences. Being the Substances of a Course of Lectures on the Principles and Practise of Surgery Delivered by the late Mr. John Hunter”) e da cui si evince l’interesse del padre ai tremori; tant’è vero che Hunter descrisse una persona con un tremore a riposo nella sua Croonian Lecture del 1776.

Insomma, antichità, medioevo, e la scienza che lo precedette, l’intuizione di Parkinson era di mettere insieme i pezzi.

Giusto per illustrarvi lo spirito di quegli anni, vi faccio vedere un dipinto del famoso architetto (il Big Ben di Londra viene progettato da un suo disegno) Augustus Pugin, “King’s Bench Prison Yard”, del 1808, cioè nove anni prima della Shaking Palsy, e lascio a voi i commenti:

Tornando al libro, questo capolavoro, che da subito suscitò … poco interesse, cadde inspiegabilmente nel dimenticatoio per decenni. Incredibile! Toccherà al grande neurologo francese  Jean-Martin Charcot a riesumarlo nel 1859 con il grande merito di aver coniato, dopo 40 anni, il termine Maladie de Parkinson come lo conosciamo anche oggi.

Ecco fatto, finalmente esiste la Malattia di Parkinson, … soltanto che quasi nessuno la menzionerà ancora per alcuni decenni. Pare proprio una scongiura! Dobbiamo attendere i lavori di Williamson e Bury del 1903, in cui viene proposta appunto la scopolamina come terapia per la malattia di Parkinson (finalmente ce l’hanno fatta a chiamarla per nome!).

Da adesso in poi la malattia … sparisce nuovamente dalla circolazione fino agli anni 1915-1920 quando durante la pandemia della Encefalite Letargica si osservò una sindrome post-enecefalitica sovrapponibile alla paralisi agitante, ed allora finalmente gli scienziati, disperati, scomodano il vecchio Parkinson.

Rose nel 1903 e Cruchet nel 1925 cercano di trovare una spiegazione per questa insolita trascuratezza di un testo così fondamentale per la Neurologia e sostengono che, visto che non esistevano cure, per il mondo accademico la malattia non era interessante. Se oggi ragionassimo così…

Che dire ancora, di un testo che ha cambiato la medicina, che ha contribuito a porre le fondamenta della moderna Neurologia, e di cui Andrew Lees scrive recentemente sulla importante rivista scientifica “Brain”, che “gli scritti di Parkinson sono ancora oggi di scorrevole lettura e risultano rinfrescanti come il vino”.

Vorrei concludere questa breve cronistoria con le parole di Patrick Lewis su cosa penserebbe oggi James Parkinson della Paralisi Agitante: “Sicuramente egli sarebbe stupito del progresso scientifico in termini di diagnosi e di conoscenze sulle cause; verosimilmente sarebbe contento dell’ampio spettro di farmaci a disposizione per trattare i sintomi descritti così chiaramente nella sua Essay. Però, indubbiamente lui sarebbe perplesso ed addirittura dispiaciuto nel dover constatare che dopo due secoli dalla sua osservazione della malattia, ancora non esista una vera cura per questa malattia devastante.”

 

Siamo nel 1817; da qui in poi devono passare ancora 150 anni prima che si scopra la prima vera terapia sintomatica per il Parkinson, la levodopa, ancora oggi lo standard terapeutico, se pur non soddisfacente.

Ma questa ve la racconto un’altra volta…

 

Kai Paulus

 

 

Bibliografia:

Donaldson IML. James Parkinson’s Essay on the Shaking Palsy. JR Coll Physicians Edinb, vol. 45; pp. 84-86, 2015

Finger S, Boller F, Tyler K. History of Neurology. Handbook of Clinical Neurology, vol. 95 (Series editor: Aminoff MJ, Boller F, Swaab DF.) Elsevier BV, Amsterdam, 2010

Lees A. An Essay on the Shaking Palsy. Brain vol. 140 (3); pp. 843-849, 2017

Lewis P. The man behind the Shaking Palsy. Journal of Parkinson’s Disease, vol. 2 (3): pp. 181-187, 2012

Magliano R. Storia della Malattia di Parkinson. Tra scienza, empirismo e credenze popolari. Mediamed Srl, Milano, 2002

Martinelli P. James Parkinson: The many facets of an enlightened man. Moving Along. Vol. 1 (Ed. International Parkinson and Movement Disorder Society), Milwaukee, USA, 2017

Parkinson J. An Essay on the Shaking Palsy. Ed. Whittingham and Rowland, London, 1817

MA CHI ERA ‘STO PARKINSON? (Parte I)

In occasione dei 200 anni dalla pubblicazione del suo libro, nelle società scientifiche internazionali viene ricordato l’uomo che ha dato il nome a una delle malattie più diffuse e conosciute: James Parkinson. Ci rivolgiamo sempre, per ovvi motivi, con termini disprezzanti alla malattia, ed il nome di Mister Parkinson equivale per noi a “Su nemigu”, “Il rapace infingardo”, “la brutta bestia” e così via, come i nostri amici Peppino Achene, G.B., Piero Faedda ed altri ci hanno ricordato in questi anni, mentre del suo scopritore si sa molto poco. Per questo motivo ho voluto scrivere questo articolo presentando appunto il medico con il quale ebbe tutto inizio. O quasi. Il personaggio era sicuramente illuminato, ma non proprio uno stinco di santo, ma andiamo per ordine.

Per agevolare una comoda lettura, ho diviso l’articolo in due parti; nella prima parte presenterò l’uomo, James Parkinson, con una breve sintesi della sua insolita e sorprendente biografia, mentre nella seconda parte parlerò del suo lavoro più famoso “An Essay on the Shaking Palsy” (“Una tesi sulla paralisi agitante”), pubblicato nel 1817, e riflettendo sull’attualità delle affermazioni scritte due secoli fa.

James Parkinson nasce a Londra l’11 aprile 1755, figlio di un farmacista e chirurgo, John Parkinson, e quasi obbligatamente il figlio si interessò sin da giovane alla Medicina. Curiosamente nelle varie fonti si accenna al fratello William ed alla sorella Mary, ma della madre, pare che anch’essa si chiamò Mary, neanche l’ombra. Possiamo però supporre che stesse ai fornelli cucinando con amore dei piatti prelibati ponendo così le basi per la carriera di James (almeno dopo due secoli ricordiamo l’importanza della mamma). Seguendo le orme del padre, James si laureò chirurgo nel 1784.

Bene, direte, tutto pronto per parlare del libro sul Parkinson. Rilassatevi, prima dovete sapere che il nostro eroe era un grande appassionato di geologia e di paleontologia e nei primi anni del ‘800 pubblicò tra le altre cose un trattato in tre volumi sui fossili “Organic Remains of the Former World”. Sono convinto che il nostro presidente Franco Simula si sarebbe volentieri fatto qualche bella chiacchierata su fossili e pietre preziose… Nel 1807 Parkinson organizzò il primo convegno della Società Londinese di Geologia. E nonostante la sua attività come chirurgo e medico, Parkinson continua ad interessarsi alla vita pietrificata, scrivendo nel 1822 il libro “Outlines of Oryctology: An Introduction of the Study of Fossil Organic Remains, especially those found in British Strata”. La curiosità è che potete trovare questo libro come ebook (!) e lo potete sfogliare gratuitamente, dopo 195 anni, sotto

https://archive.org/details/outlinesoryctol00parkgoog

Detto ciò, potremmo passare al libro sulla paralisi agitante, ma vi devo ancora raccontare la storia di ‘Old Hubert’, cioè lo pseudonimo con cui Parkinson firmò i sui scritti politici. Dovete sapere che il medico inglese è stato un grande attivista democratico e simpatizzante delle correnti attorno alla rivoluzione francese. Paolo Martinelli definisce l’opera politica di Parkinson come ‘radical-democratica’ ed ‘illuminata’ occupandosi di temi riformisti quali il suffragio universale, l’elezione di un parlamento annuale, e la rappresentanza del popolo nel governo. Dal punto di vista odierno, questi suoi interessi politici e sociali sembrano innocui, ma allora il nostro illustre gentleman passò come uno che oggi si definirebbe anarchico e forse anche terrorista. Nel 1794 Old Hubert se l’ha vista brutta, quando venne accusato di aver partecipato ad un cospirazione contro Re Giorgio III, ma alla fine non trovarono prove contro di lui e venne prosciolto.

Archiviata anche l’attività politica, arriviamo finalmente al medico James Parkinson. Ma prima di pubblicare il suo libro più famoso, Parkinson si distinse per altri lavori scientifici. Egli pubblicò tanti articoli su riviste scientifiche e filosofiche; nel 1805 scrisse un tema sulla Gotta e nel 1812 scrisse insieme a suo figlio un articolo sull’Appendicite acuta ed i suoi rischi di perforazione.

Dimenticavo di dirvi che nel 1781 James Parkinson sposò Mary Dale e che entrambi ebbero… e già, e qui la comunità degli storici si divide, sei oppure otto figli? Animati dibattiti sono tutt’ora in corso, ed il numero esatto non ci è dato a sapere. Certo tra una pubblicazione e l’altra… Povera Mary Dale! Temo che il suo destino non era molto diverso da quello della suocera, fornelli e bucato. Forse Parkinson non sarebbe diventato Parkinson senza Mary Dale, ma questa è un’altra storia.

Arriviamo quindi alla Paralisi Agitante: abbiate ancora un po’ di pazienza ed aspettate la seconda parte.

 

Kai Paulus

 

 

Bibliografia:

Finger S, Boller F, Tyler K. History of Neurology. Handbook of Clinical Neurology, vol. 95 (Series editor: Aminoff MJ, Boller F, Swaab DF.) Elsevier BV, Amsterdam, 2010

Magliano R. Storia della Malattia di Parkinson. Tra scienza, empirismo e credenze popolari. Mediamed Srl, Milano, 2002

Martinelli P. James Parkinson: The many facets of an enlightened man. Moving Along. Vol. 1 (Ed. International Parkinson and Movement Disorder Society), Milwaukee, USA, 2017

Parkinson J. An Essay on the Shaking Palsy. Ed. Whittingham and Rowland, London, 1817

Ramachandran M, Aronson JK. John and James Parkinson’s first description of acute appendicitis and its associated complications of perforation and death. Journal of the Royal Society of Medicine, 104 (7), 2011: 283-285.

INVECCHIAMENTO OPPURE PARKINSON? (Pillola n. 16)


Conosciamo tutti il Parkinson. O forse no?

Il Parkinson comporta spesso tremore, certamente difficoltà nei movimenti con instabilità posturale e difficoltà nell’equilibrio, rigidità muscolare. Ma poi ci sono anche dolori misti e diffusi, ansia, riduzione del tono dell’umore, insonnia e turbe durante il sonno.

Ma è anche vero che il Parkinson compare soprattutto dopo una certa età. Ed a quell’età non possiamo anche incontrare difficoltà nell’equilibrio, possiamo muoverci con un bastone, soffrire di insonnia, e  lamentare dolori in varie parti del corpo?

Ho letto in questi giorni un interessante articolo nell’ultimo numero della autorevole rivista specializzata “Movement Disorders” della Società Internazionale della Malattia di Parkinson (vedi sotto il riferimento bibliografico) in cui ci si chiede se l’età e Parkinson siano correlati oppure no. Vi svelo subito che gli autori condividono la tesi che l’invecchiamento sia un forte fattore di rischio nel contrarre il Parkinson. Ma questo è anche comprensibile, visto che con l’invecchiamento anagrafico invecchiano anche i vari organi del nostro corpo: si vede e si sente meno bene, la memoria inizia a farci brutti scherzi, e quindi plausibilmente anche i nostri movimenti non sono più quelli di una volta.

Ma io vorrei fare un ragionamento un po’ diverso. Mentre per i ricercatori americani “età”  e “Parkinson” sono due facce differenti della stessa medaglia, a mio avviso bisogna star attenti a non confondere gli acciacchi dell’età con i sintomi del Parkinson.

Mi spiego meglio: quando una persona è affetta da malattia di Parkinson capita che tutta la giornata si giri intorno a questa patologia. Questo è dovuto sicuramente anche ai medici che ci impongono l’assunzione di farmaci a quasi tutte le ore della giornata e quindi diventa difficile non pensarci; per il resto ci pensano le nostre difficoltà motorie ed i disagi a non scordarci di Mr. Parkinson. Ma osservo spesso la tendenza a vedere il Parkinson lì dove in realtà non è affatto.

La malattia di Parkinson appare generalmente ad una certa età, prevalentemente dopo i 60 anni. Ecco, a quell’età è molto probabile che si possano manifestare degli acciacchi e delle malattie che non c’entrano niente con la nostra malattia neurologica. In uno studio condotto da noi a Sassari (e premiato, permettetemi la nota di orgoglio, nel 2007 al convegno nazionale della LIMPE come miglior contributo scientifico) abbiamo osservato che, al momento della diagnosi di Parkinson, l’89 percento dei nuovi ammalati assume già farmaci per altre malattie. In parole povere, il Parkinson non protegge da altri problemi, e quindi se soffro di insonnia o di dolori diffusi, non necessariamente devono essere dovuti al Parkinson.

E se la mia tendenza a non dormire molto di notte fosse semplicemente dovuta all’età, oppure i dolori alle gambe oppure alla schiena fossero dovuti all’artrosi?

Diamo a Cesare quel che è di Cesare, ma non diamo tutte le colpe a Mr. Parkinson, che ci dà già abbastanza da fare.

 

Kai Paulus

 

Bibliografia:

Aging and Parkinson’s Disease: Different Sides of the same Coin? Collier TJ, Kanaan NM, Kordower JH. Movement Disorders, vol. 32, n. 7, 2017: pp. 983-990