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Archivio Tag: neurodegenerazione

TROPPA PLASTICA NEI NOSTRI CERVELLI di Kai S. Paulus

(Pillola n. 92)

Spesso mi chiedete delle cause del continuo aumento delle malattie neurodegenerative e vi rispondo che, oltre ad una certa predisposizione genetica, molte responsabilità cadono sullo stile di vita, o troppo stressante o troppo sedentario, sull’alimentazione con cibi industriali e sofisticati e contenenti pesticidi, diserbanti, conservanti, antibiotici ed ormoni, per non parlare della cattiva salute dell’intestino ed una non sufficiente qualità del riposo notturno. Di tutto questo abbiamo già scritto in queste “Pillole”.

Ma si sta aggiungendo un altro, inquietante, tassello: la plastica.

Ovvero l’accumulo di microplastiche dentro il cervello.

Il perché è presto detto:

l’umanità ha prodotto troppe quantità di plastica e, siccome non è biodegradabile, non si è trovato un modo per smaltirla correttamente, con il risultato che si accumula nell’ambiente in forma sbriciolata, appunto la microplastica (circa 50 milioni di tonnellate ogni anno!!!), nei terreni, nelle falde acquifere e nei mari; e così entra nella catena alimentare ed infine sulla nostra tavola.

 

Le micro- e nanoplastiche, da un lato entrano direttamente in circolo e giungono al cervello; dall’altro, esse alterano la popolazione batterica della flora gastrointestinale, il microbiota, e si creano patologie intestinali e disbiosi.

 

Il resto conosciamo già: l’irritazione della mucosa intestinale causa infiammazione cronica che a sua volta comporta alterazioni proteiche nelle terminazioni nervose che migrano tramite il nervo vago (ricordate l’asse intestino-cervello?) fino al cervello dove possono dare origine a processi neurodegenerativi.

Titolo della ricerca di Nyhart e colleghi: “Accumulo biologico di microplastiche nei cervelli umani deceduti”.

Secondo i ricercatori statunitensi intorno a Alexander Nihart ogni persona ha circa 6 grammi di plastica nel cervello, che corrisponde alla quantità di un cucchiaino di plastica (!!!).

Ma la storia diventa ancora più inquietante: negli ultimi otto anni la quantità di microplastiche dentro il cervello è aumentata del 50% (!!!) nella popolazione generale e nelle persone con demenza di Alzheimer si trovano addirittura 60 grammi di plastica, il che corrisponde ad una bottiglietta di shampoo vuota.

 

Possiamo fare qualcosa per evitare l’accumulo di plastica nel nostro cervello?

Onestamente poco.

Ma, in attesa che il Legislatore e la Sanità Nazionale affrontino seriamente la problematica, possiamo cercare di usare meno contenitori di plastica possibile, di differenziare scrupolosamente la plastica negli appositi bidoni, e di seguire speranzosi le continue novità della scienza.

Immagini di microscopio elettronico: sopra, dettaglio di tessuto cerebrale; sotto, dettaglio di parete di un vaso sanguigno cerebrale con il lume pieno di globuli rossi. Le microplastiche nelle sezioni si riconoscono come puntini bianchi. Da: Nyhart AJ et al, 2025

Fonti bibliografiche:

Ghosh A, Gorain B. Mechanistic insight of neurodegeneration due to micro/nano-plastic-induced dysbiosis. Archives of Toxicology, 2025; 99(1): 83-101.

Nihart AJ, Garcia MA, El Hayek, et al. Bioaccumulation of microplastics in descedent human brains. Nature Medicine, 2025; https://doi.org/10.1038/s41591-024-03453-1

Mueller T. Immer mehr Mikro- und Nanoplastik: Ein pulverisierter Plastikloeffel im Gehirn. Springermedizin.de, Umweltmedizin; 7 febbraio 2025.

Sofield CE, Anderton RS, Gorecki AM. Mind over microplastics: exploring microplastic-induced gut disruption and gut-brain-axis consequences. Curr Issues Mol Biol, 2024; 46(5):4186-4202.

PARKINSON E DEMENZA di Kai S. Paulus

(Pillola n. 77)

 

Esiste molta preoccupazione sul fatto che una persona affetta da malattia di Parkinson possa ammalarsi anche di demenza.

 

Domanda: “Che cos’è la demenza?”

Risposta: “La demenza è un deterioramento delle funzioni cognitive (parola, pensiero, memoria, ecc.), dovuto ad un processo neurodegenerativo progressivo, cioè continua perdita di tessuto cerebrale, dovuto all’età, a malattie vascolari, cardiologiche o metaboliche, oppure ad alterazioni genetiche.”

 

Domanda: “Qual è la differenza tra Parkinson e demenza?”

Risposta: “Il Parkinson è dovuto ad una sofferenza dei circuiti sottocorticali motori, causati da eccessivi depositi di una proteina funzionale, alterata e scartata (alpha-sinucleina), mentre la demenza si basa, se non secondaria a malattie cardiovascolari, sulla sofferenza di regioni corticali e sottocorticali determinati dall’accumulo di altre proteine difettose, quali le proteine strutturali tau e beta-amiloide.

Strutture principali del cervello, a sinistra nel piano coronale (www.mypersonaltrainer.it, modificato), a destra nel piano sagittale (www.focus.it, modificato)

In realtà, bisogna immaginarsi le malattie neurodegenerative su un ampio spettro, dove ad una estremità si trova il Parkinson puro con “solo” disturbi motori (rigidità, tremore, ecc.) e depositi di alpha-sinucleina nei nuclei della base al centro del cervello; all’altra estremità c’è l’Alzheimer, con demenza pura, per accumulo delle proteine tau e beta-amiloide. In mezzo si trova un’infinità di malattie neurodegenerative ‘miste’ dove prevalgono disturbi motori oppure sintomi cognitivi, in base alla distribuzione e prevalenza degli scarti.”

 

Domanda: “Una persona con Parkinson si ammala per forza anche di demenza?”

Risposta: “No.”

 

Domanda: “Una persona con Parkinson può andare incontro ad una demenza?”

Risposta: “E’ possibile, anche perché i comuni fattori di rischio della demenza (età avanzata, sesso maschile, bassa scolarità, comorbidità cardiocircolatoria, patologia cerebrovascolare e dismetabolica, stile di vita sedentario) valgono per tutti.”

 

Domanda: “Il rischio di ammalarsi di demenza nel Parkinson è maggiore che nella popolazione generale?”

Risposta: “Verosimilmente sì, ma bisogna distinguere: intanto, esistono rare forme genetiche e parkinsonismi atipici che già all’esordio della malattia presentano forme di demenza di vario grado.

Nella malattia di Parkinson più comune e classica, la forma idiopatica, la demenza è possibile per diverse situazioni; 1) la comorbidità, cioè la presenza di altra patologia neurologica, cardiologica, metabolica, ecc; 2) il grado di severità e la durata della malattia di Parkinson con la diffusione dei corpi di Lewy (accumuli di alpha-sinucleina) oltre i nuclei della base, fino alla corteccia cerebrale”.

 

Uno dei fattori di rischio di demenza nel Parkinson è sicuramente la disabilità fisica: con la durata della malattia aumentano rigidità, rallentamento ed instabilità posturale, che costringono la persona ad una vita sempre più sedentaria: con le minori attività, diminuiscono metabolismo e circolazione con ulteriore accentuazione del Parkinson, peggioramento fisico, minore sonno notturno, con maggiore rischio di deterioramento cognitivo.

 

Un circolo vizioso difficile da interrompere: la disabilità fisica limita il movimento, rigidità e preoccupazioni tolgono il sonno, l’intestino sciopera e le medicine rovinano l’appetito.

 

Domanda: “Ma come si può fare? Esistono cure? Si può prevenire la demenza?”

Risposta: “Sì. Ma di questo parleremo un’altra volta.”

 

 

Fonti bibliografiche:

Gallagher J, Gochanour C, Caspell-Garcia C, Dobkin RD, Aarsland D, et al. Long-term dementia risk in Parkinson Disease. Neurology, 2024, 103(5): e209699. doi: 10.1212/WNL.0000000000209699.

Xia X, Qiu C, Rizzuto D, Grande G, Laukka EJ, Fratiglioni L, Guo J, Vetrano DL. The age-dependent association of Life’s Simple / with transitions across cognitive states after age 60. Journal of Internal Medicine 2023; 0: 1-12.

NON PIU’ NEURODEGENERAZIONE, MA RIGENERAZIONE di Kai S. Paulus

(Pillola n. 76)

 

Siamo abituati a definire la malattia di Parkinson tristemente come patologia neurodegenerativa progressiva, cioè un continuo degrado dei circuiti cerebrali. Ma qualcosa sta cambiando.

Sinora, l’obiettivo della ricerca internazionale era di trovare cure capaci di rallentare il processo degenerativo, ma con risultati piuttosto deludenti.

E’ vero, diversi comportamenti mirati, attività fisiche e mentali, ed uno stile di vita sano e positivo possono aiutare (vedi “PREVENIRE LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE?”), e su queste conoscenze si basano anche le attività della nostra associazione, ma una cura vera e propria, una medicina che possa radicalmente cambiare il percorso della malattia, non esiste ancora.

Ora, alla Conferenza Internazionale della Associazione Alzheimer (AAIC) a Philadelphia negli Stati Uniti è stato presentato un metodo che non solo blocca il processo patologico, ma che lo inverte comportando riparazione e rigenerazione.

 

La notizia ha dell’incredibile!

 

Come sappiamo (vedi “ANCORA NIENTE NOVITA’ PER L’ALZHEIMER”), le malattie neurodegenerative si basano fondamentalmente sull’alterazione di tre proteine molto importanti per il corretto funzionamento del cervello: alfa-sinucleina, beta-amiloide e tau.

L’innovativa ricerca si riferisce a degli anticorpi (oligonucleotidi antisenso, ASO) in grado di ridurre e di eliminare gli accumuli di proteina tau alterata.

Quindi, non più degenerazione, ma rigenerazione e riparazione, sono le parole d’ordine della terapia delle malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson.

 

Per fortuna, d’ora in poi ne parleremo sempre più spesso!

 

Fonte bibliografica:

Miller T. “Antisense oligonucleotide therapeutics for neurodegenerative diseases.” AAIC Philadelphia USA, August 2024

Mueller T. “Antisense-Therapien gegen toxisches Tau. Zeit fuer Neuroregeneration: weg mit den Taufibrillen!” Springermedizin.de Nachrichten, agosto 2024