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MALATTIA DI HUNTINGTON (1) di Kai S. Paulus

(Pillola n. 83)

La malattia di Huntington è una rara patologia genetica dovuta ad una mutazione del gene della proteina huntingtina, HTT. Questa mutazione comporta una eccessiva ripetizione della tripletta di basi nucleotidiche (tutti i geni sono formati da una serie di nucleotidi), C-A-G, che, quando superano le 40 ripetizioni, porta alla formazione della proteina huntingtina alterata, tossica per la cellula nervosa.

Copertina del numero speciale sulla Malattia di Huntington della prestigiosa rivista scientifica “Movement Disorders” del novembre 2022.

Ma perché parlare della malattia di Huntington sul sito dedicato alla malattia di Parkinson?

  • Entrambe le malattie sono delle patologie neurodegenerative progressive e basate sull’alterazione di una proteina essenziale per il corretto svolgimento delle funzioni dei neuroni,
  • entrambe rientrano nel capitolo dei Disordini del movimento con interessamento del centro della selezione del movimento, i nuclei della base, al centro del cervello,
  • l’Huntington viene utilizzato anche per studiare altre patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer ed appunto il Parkinson.

Il fatto curioso è, che dal punto di vista clinico, una è il contrario dell’altra: il Parkinson è una malattia ipocinetica caratterizzata da rallentamento motorio, mentre l’Huntington è ipercinetico con eccesso di movimento.

 

QUADRO CLINICO

La “corea” viene descritta per la prima volta dal ventiduenne statunitense George Huntington nel 1872, ed è caratterizzata clinicamente dalla triade:

  • Sintomi motori: le coree, cioè ampi movimenti involontari, irregolari, afinalistici, che inizialmente interessano un arto o una parte del corpo, ma che successivamente possono coinvolgere tutto il corpo; rigidità e distonie; perdita dell’equilibrio, disartria (difficoltà nell’espressione verbale), e disfagia (difficoltà a deglutire)
  • Sintomi cognitivi: deficit della memoria a breve termine, disfunzioni esecutive (difficoltà nella pianificazione e riduzione delle flessibilità mentale), bradifrenia (rallentamento del pensiero)
  • Sintomi psichiatrici: ansia, depressione, apatia, disturbo del controllo degli impulsi, aggressività, psicosi; tra le persone con Huntington il rischio di suicidio aumenta di sette-dodici (!) volte rispetto alla popolazione generale. Altro dato drammatico è l’ipersessualità all’inizio della malattia e l’iposessualità negli stadi più avanzati con ulteriore aggravamento della vita di coppia.

Tutti i sopramenzionati sintomi hanno un andamento progressivo iniziando lievemente ed aumentando nel corso della malattia diventando sempre più invalidanti, imponendo un crescente peso anche per la famiglia ed i caregiver.

Come nel Parkinson, l’esordio della malattia è preceduto da una fase prodromica, della durata anche di molti anni, in cui si presentano i futuri sintomi in forma molto lieve e che spesso sfuggono ad una diagnosi precoce.

Ma andiamo a vedere nella prossima parte che cosa succede esattamente nella cellula nervosa e perché e quando si sviluppa questa malattia.

(segue con “MALATTIA DI HUNTINGTON (2)“)

Tappe principali dei progressi nella ricerca sulla malattia di Huntington, con l’importante scoperta della mutazione genetica nel 1993 (da: Movement Disorders, 2022)

MALATTIA DI HUNTINGTON (2) di Kai S. Paulus

(Pillola n. 84, seguito di “MALATTIA DI HUNTINGTON (1)“)

Nella prima parte abbiamo conosciuto i sintomi ed il quadro clinico con cui si presenta questa malattia neurologica; ora vediamola un po’ più da vicino.

PATOGENESI

La causa della malattia è un’alterazione di una proteina, huntingtina, HHT, una grossa proteina che svolge diverse importanti funzioni dentro le cellule nervose: contribuisce alla struttura e stabilità cellulare come componente del citoscheletro, gioca un ruolo cruciale nello sviluppo del sistema nervoso centrale, ed è essenziale per il trasporto intracellulare di ‘mattoncini’ e trasmettitori (dopamina, ecc.), ma soprattutto l’huntingtina è coinvolta nella formazione e nel mantenimento della sinapsi, il punto di collegamento tra neuroni con cui viene trasmessa l’informazione nervosa.

Infine, e da non sottovalutare l’HTT serve per la sopravvivenza della cellula nervosa ed è coinvolta nei meccanismi che portano alla morte cellulare fisiologica e programmata, l’apoptosi (a differenza della morte cellulare da danno e malattia, la necrosi).

Ora, possiamo immaginarci cosa succede, quando questa importante componente cellulare non funziona correttamente.

E già, siamo alle solite; come sappiamo dalla alfa-sinucleina alterata, la proteina huntingtina mutata si aggrega e forma dei corpi di inclusione intracellulari.

Un mio grafico che ho già proposto in altre occasioni, che vuole illustrare in forma semplificata la sinpasi, cioè il punto cruciale di contatto tra due neuroni, dove avviene la trasmissione dell’informazione neuronale

Vi ricordate i corpi di Lewy pieni di alfa-sinucleina? Ecco, nel caso della huntingtina mutata succede la stessa cosa: siccome gli aggregati di huntingtina mutata sono altamente dannosi per la cellula, quest’ultima si difende raccogliendo questi aggregati in dei sacchi di spazzatura pensandosi momentaneamente salva; ma la mondezza si accumula e finisce per occupare tutta la cellula che infine si deve arrendere. Però, questo è un processo relativamente lento. Ciò che è peggio è, che la proteina alterata non è più in grado di svolgere i propri compiti. E quindi la cellula nervosa avrà problemi strutturali e di stabilità, avrà problemi energetici per il danno provocato ai mitocondri, le centrali energetiche della cellula. Inoltre, il neurone non potrà garantire il trasporto ed il rilascio di neurotrasmettitori e la comunicazione tra i neuroni per l’alterazione delle sinapsi: e con la perdita di neurotrasmettitori e sinapsi la cellula nervosa perde il suo senso di esistere!

 

DIAGNOSI

La diagnosi di Huntington si basa sulla raccolta della storia personale e familiare, e sulla valutazione neurologica; Risonanza magnetica e/o TC cranio saranno utile per escludere altre problematiche neurologiche; con il test genetico si conferma infine il sospetto diagnostico.

 

TERAPIA FRAMACOLOGICA

A tutt’oggi non esiste una terapia farmacologica specifica per la malattia di Huntington, ma ci sono trattamenti sintomatici, come i cosiddetti antagonisti dopaminergici, utili a ridurre gli invalidanti movimenti coreici ma non privi di effetti collaterali, e farmaci dopaminergici, anti-parkinson, che aiutano in caso di rigidità e distonia.

Per le problematiche psichiatrici ci si avvale di ansiolitici, antidepressivi e neurolettici per mantenere il più a lungo possibile una sufficiente qualità di vita.

 

Detta così, la terapia sembra molto deludente, ma nell’ultima parte scopriamo i tanti interventi che si possono adottare per far stare meglio ammalati/e e familiari.

(segue con “MALATTIA DI HUNTINGTON (3)“)

Titolo della recentissima pubblicazione sugli attuali progressi nella ricerca della Malattia di Huntington, del gruppo di ricercatori cinesi intorno a Huichun Tong

MALATTIA DI HUNTINGTON (3) di Kai S. Paulus

(Pillola n. 85, seguito di “MALATTIA DI HUNTINGTON (2)“)

Nel capitolo precedente la terapia farmacologica ci ha delusi; in quest’ultima parte vediamo, che cosa c’é oltre le pastiglie.

TERAPIA NON FARMACOLOGICA

Ci sono tanti interventi a disposizione per garantire una corretta gestione globale delle persone. Vorrei iniziare con il supporto psicologico e psicoterapia: la persona ammalata percepisce il continuo peggioramento e la conseguente riduzione delle proprie autonomie, crescenti difficoltà personali, familiari e sociali, ci si sente soli ed incompresi. Ma anche i familiari necessitano di un sostegno psicologico, hanno bisogno di comprendere e di sapere come aiutare, e necessitano di suddividere le proprie energie per evitare un burn-out.

Essendo l’Huntington anche un disturbo del movimento, i trattamenti riabilitativi e fisioterapici dovrebbero iniziare sin dal momento della diagnosi, e la logoterapia appena si presentano difficoltà nel linguaggio e nella deglutizione.

STILE DI VITA

Anche qui troviamo analogie con il Parkinson: trattandosi di malattie neurodegenerative multifattoriali, anche se la genetica gioca un ruolo fondamentale nell’Huntington, dobbiamo cercare di limitare influenze e con-cause esterne ed ambientali.

  • Dieta: tutte le malattie neurodegenerative comprendono dei meccanismi infiammatori sistemici e neurologici: una alimentazione sana ed equilibrata, con un intestino in salute riduce la neuro-infiammazione con frenata dei processi patologici. Il gruppo di ricercatori statunitensi intorno a Russel G. Wells propone frequenti digiuni per dare all’organismo la possibilità di depurarsi, riducendo la progressione della malattia, ed il gruppo austro-svizzero di Johannes Burtscher ricorda l’importante asse cervello-periferia per cui la correzione dello stile di vita e di alimentazione sono fondamentali per gestire l’Huntington.
  • Attività fisica: essendo l’Huntington una malattia del movimento, è intuitivo che il movimento deve essere alla base di ogni intervento preventivo e di supporto nella sua gestione globale; quindi è bandito uno stile di vita sedentario.
  • Sonno: il buon riposo notturno previene, ritarda e riduce ogni patologia neurodegenerativa, non per ultimo, per l’attivazione del sistema glinfatico, purificatore cerebrale, durante le fasi di sonno profondo.

PROSPETTIVE FUTURE:

La letteratura scientifica internazionale si sta arricchendo di continuo di nuovi studi e progetti per trovare cure efficaci per la malattia di Huntington. Si passa dalle immancabili cellule staminali, molto promettenti nei modelli sperimentali ma ancora difficoltose nell’uomo; dagli anticorpi (vaccinazioni) per eliminare gli aggregati di proteina alterata, ma bisogna risolvere il problema di far arrivare gli anticorpi a destinazione, troppo grandi per passare la barriera emato-encefalica; fino alla futura terapia genica, per riparare definitivamente il danno genetico.

IN CONCLUSIONE:

La malattia di Huntington è ancora una malattia fatale, ma, rispetto a solo pochi anni fa, oggi abbiamo a disposizione tanti strumenti per gestire meglio i sintomi, prolungare il periodo di sufficiente qualità di vita, ed interventi in supporto anche dei familiari e caregiver. Questo fa ben sperare che in questi anni arrivino importanti novità che possano rendere questa malattia molto meno terribile.

 

Fonti bibliografiche:

Burtscher J, Strasser B, Pepe G, Burtscher M, Kopp M, Di Pardo A, Maglione V, Khamoui AV. Brain-periphery interactions in Huntington’s disease: mediators and lifestyle interventions. International Journal of Molecular Sciences, 2024; 25: 4696. doi.org/10.3390/ijms25094696.

Kim KH, Song MK. Update of rehabilitation in Huntington’s disease: narrative review. Brain Neurorehabilitation, 2023;16(3): doi:10.12786/bn.2023.16e28.

Muehlbach A, Hoffmann R, Pozzi NG, Marziniak M, Brieger P, Dose M, Priller J. Psychiatrische Symptome der Huntington-Krankheit. Nervenarzt, 2024; 95: 871-884. doi.org/10.1007/s00115-024-01728-z.

Wells RG, Neilson LE, McHill AW, Hiller AL. Dietary fasting and time-restricted eating in Huntington’s disease: therapeutic potential and underlying mechanisms. Translational Neurodegeneration, 2024; 13(17): doi.org/10.1186/s40035-024-00406-z.

Tong H, Yang T, Xu S, Li X, Zhou G, Yang S, Yin S, Li XJ, Li S. Huntington’s Disease: Complex Pathogenesis and Therapeutics Strategies. International Journal of Molecular Sciences, 2024; 25, 3845. doi: 10.3390/ijms25073845.

Copertina di un attuale corso tedesco online sugli aspetti psicologici e psichiatrici della malattia di Huntington