Volare si Può, Sognare si Deve!

Scriviamo un libro

In Memoria di Piero Faedda – testo di Franco Simula

All’inizio eravate in quattro: Franco Delli, Peppino Achene, tu Piero Faedda e tu moglie Graziella Manchia.

I quattro entusiasti erano caricati nella giusta misura da quel generoso “visionario” che è il dottor Kai Paulus, da sempre aperto a nuove ricerche e conoscenze. L’entusiasmo di questo modesto manipolo diventò presto un gruppo numeroso, in grado di organizzare esercizi di fisioterapia guidati da Pinuccia Sanna; resta memorabile la rappresentazione teatrale “Romeo e Giulietta, quarant’anni dopo”, rivisitazione di Shakespeare scritta da Franco Enna, alla cui rappresentazione avevano partecipato attivamente molti nuovi iscritti che nel frattempo avevano aderito con grande disponibilità alla Associazione Parkinson che era ormai una realtà consolidata.

Piero era di carattere gioviale ed estroverso, un esperto elettrauto in grado di soddisfare i clienti più esigenti accompagnato sempre da un sorriso smagliante e coinvolgente, che non negava a nessuno.
Nonostante la malattia lo avesse colpito precocemente, è rimasto al suo posto fino alla pensione, e sempre sorretto da una profonda fede si è poi dedicato insieme a Graziella al volontariato presso i Salesiani nella chiesa del Latte Dolce.

Circa un mese fa, Piero ci ha lasciato, come molti altri prima di lui; oggi, dopo lunghe sofferenze, si trova oltre le stelle nella gioia della Luce Eterna.

           Franco Simula

GIORNATA NAZIONALE PARKINSON 2024

 

In occasione della “GIORNATA NAZIONALE PARKINSON 2024” promossa dalla “Fondazione LIMPE per il Parkinson Onlus” con il patrocinio della “Società Italiana Parkinson e dei Disordini del Movimento LIMPE-DISMOV

 

l’ambulatorio dei Disordini del Movimento della ASL Sassari partecipa con un evento informativo dal titolo “CORTES APERTAS”, che si svolge sabato 30 novembre dalle ore 09,30 alle ore 13,30 al Poliambulatorio ASL Sassari via Tempio 5.

 

A questa “Cortes Apertas” sono invitati le persone con un sospetto, oppure recente diagnosi, di malattia di Parkinson, che sinora non hanno avuto la possibilità di accedere all’ambulatorio dedicato della ASL Sassari.

Durante la mattinata si informeranno gli interessati ed i loro familiari sulle cause ed i fattori di rischio della malattia, e saranno illustrati i percorsi diagnostici e terapeutici utili e necessari per una corretta gestione globale della malattia di Parkinson.

A Tonino Marogna – testo di Franco Simula


A TONINO MAROGNA

          Una folla di parenti, amici e soci dell’ Associazione Parkinson ha partecipato commossa al rito funebre di Tonino Marogna, celebrato mercoledì 30 ottobre 2024 nella chiesa della Sacra Famiglia.

Sin dalla fondazione dell’Associazione, Tonino è stato una colonna portante, dimostrando passione, dedizione, impegno e generosità.

Tonino Marogna è stato una roccia polimorfa, che è andato man mano sgretolandosi solo in questi ultimi mesi, ormai aggredito da un male incurabile, mai domo pur dopo aver superato un intervento chirurgico di notevole gravità.

Da sempre innamorato della moglie Adelaide, suo  personale caregiver o come lui stesso scherzando si definiva, portatore sano di Parkinson, da sempre amico di Giuseppe Cossu col quale condivideva la passione per il calcio. Tonino fu dipendente attento al Petrolchimico di Porto Torres, dove teneva un occhio vigile alla salvaguardia del territorio dallo smaltimento delle scorie di lavorazione fino a quando,  dopo l’esperienza turritana, venne assunto al Banco di Sardegna dove in breve divenne  “la chiave” della cassaforte del Banco perché gli vennero affidate le mansioni di manutentore delle casse di sicurezza della Banca, ancora una volta come riconoscimento di dedizione e affidabilità.

Nella sua ormai non più breve storia l’Associazione Parkinson è stata ospitata in spazi diversi ma prevalentemente nelle scuole. Attualmente l’Associazione ha una sua sede propria, nella quale opera ormai da alcuni mesi e svolge le sue attività: ma lo spazio che Tonino ha vissuto, curato e frequentato più a lungo e con maggiore attenzione è stata la Casa di Via Rolando, avuta in affitto dall’Orfanotrofio. Lì ogni angolo reca la firma di Tonino, o per avere ripreso un pezzo di muro o per avere imbiancato o curato il giardinetto esterno, rifatti i serramenti, o per avere sempre, instancabilmente svolto il ruolo di custode e manutentore dei locali.

L’Associazione Parkinson è stata la passione più coinvolgente, da lui curata fin dalla fondazione originaria insieme ad Adelaide; grazie alla loro estesa rete di conoscenze sono riusciti a farci ottenere degli inaspettati benefici come ad esempio il Pullmino e svariate altre attrezzature d’ufficio.

          Grazie,Tonino, vola verso le stelle nella luce eterna

Franco Simula

Il coro Volare si Può si esibisce a Tissi


Tissi, Piazza del Comune, 27/06/2024</p

2024© Maria Vittoria Tortu

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

2024© Isabella Soriga

Che c’entra F. Kafka? testo di Romano Murineddu

Che c’entra F. Kafka?

Ho visto un bambino gattonare da solo. Avanzava, si fermava, si voltava a guardare il padre dietro di lui, e poi riprendeva senza paura. Così, diverse volte, fino ad allontanarsi tanto che molti erano in apprensione, ma non lui né il padre.

Non ho potuto resistere a questa immagine. Forse perché mi sono sentito come quel bambino oppure per la curiosità di vedere dove l’autore voleva andare a parare. Ho subito avvertito che la cosa poteva riguardarmi. In prima battuta magari come padre, perché anch’io ho un figlio che “gattona” e non è né sarà mai capace di affrontare la vita senza paura. Ma, posso essere stato io, e sarò, il padre rassicurante che gli dà la forza e la spinta per proseguire nella sua strada? Il mio deficit neurologico è compatibile con questa funzione che il destino mi ha assegnato, coinvolgendo tutto me stesso al massimo delle mie capacità?

L’autore dello scritto (Alessandro D’Avena, cura una rubrica del Corriere di lunedì) è un professore-scrittore-sceneggiatore particolarmente impegnato nell’analisi dei disagi adolescenziali e nell’esplorazione delle strade per aiutare a superarli. Normalmente non sono molto attratto da questo tipo di argomenti, perché adolescente non sono più da un bel pezzo e il mio spazio nel mondo è chiuso in un orizzonte sempre più ristretto e ingrigito da nubi minacciose, e perché sono tendenzialmente portato a cercare verità e ristoro in altri campi di interesse più concreto e pertinente. Quindi un lettore della rubrica per caso.

Lo scritto ha per titolo “kafkiano” e, facendo riferimento alla ricorrenza del centenario della morte di Franz Kafka, espone il contenuto di un libro intitolato “Conversazioni con Kafka” di Gustav Janouch. Costui, da adolescente, conobbe lo scrittore e lo ebbe come amico e mentore.

Il fatto sorprendente è che il contenuto di queste Conversazioni, citate nell’articolo, ha subito richiamato alla mente le recenti ammonizioni del nostro mentore e terapeuta che, in pubblico e in privato, non perde occasione per richiamarci al massimo impegno e alla massima saggezza nell’uso dei mezzi di cura per il nostro male: che sono di tipo farmacologico innanzitutto ma anche, e in modo rilevante, di motivazioni che toccano la sfera emotiva e il sentimento.

La lettura di Kafka ha attratto l’attenzione di adolescenti, per lo meno così era ai miei tempi, per le tinte forti, surreali e fuori dell’ordinario dei suoi scritti. La sua visione della vita votata alla rassegnazione e al cupo pessimismo sono sempre stati cibo quotidiano di cui si nutre voracemente la mente giovanile. Cibo però di certo poco appetibile ed entusiasmante per le persone sofferenti di Parkinson le quali, in misura più o meno marcata, vivono nell’angoscia di un domani che può essere tragico e che comunque sarà greve di difficoltà. Eppure, sentite un po’:

Kafka lo spiega così a Janouch che aveva definito pieno d’amore un suo racconto: «“L’amore non è nel racconto, bensì nell’oggetto della narrazione, nella gioventù”, … “Sono i giovani a essere pieni di sole e di amore. La gioventù è felice, perché possiede la facoltà di vedere la bellezza. Quando si perde questa facoltà, comincia la vecchiaia, la decadenza, l’infelicità”. “La vecchiaia esclude dunque ogni possibilità di essere felici?”. “No. È la felicità che esclude la vecchiaia: chi mantiene la facoltà di vedere la bellezza non invecchia”

Dr K. Paulus docet…

Non so e forse non è dato sapere se Kafka abbia mai conosciuto la malattia di Parkinson, ma il suo acuto modo di mettere a nudo gli affanni dell’animo umano fa quasi pensare che stia parlando di noi: che i pensieri, che ci angustiano e addebitiamo al nostro stato di malati, non sono altro che le stesse angosce che sopravvengono quando si diventa vecchi.

La mia esperienza della malattia non è più vecchia di circa 4/5 anni e vale ben poco, e non sono certo in grado di suggerire a nessuno neppure un utile consiglio di valido comportamento. Quanti possono esserlo? Eppure una piccola esperienza  – in realtà grande nella sua tragicità – l’ ho vissuta: la dolorosa perdita di un amico, ammalato di Parkinson, avvenuta nel giro di pochi anni. Non so se ciò è avvenuto per la particolare gravità con cui la malattia ha colpito o per la concomitanza di altre complicazioni: il ricordo che resterà per sempre impresso è lo sguardo spento e la postura inerte che facevano trasparire quello che già all’interno era sopravvenuto. L’isolamento, l’abbandono e la rinuncia alla vita.

L’immagine del bambino che gattona richiama riflessioni che tutti conosciamo bene. Quando mi sono aggregato e ho conosciuto i compagni di viaggio dell’Associazione mi ha subito colpito un aspetto. Cosa ci fanno tutte quelle persone che la frequentano senza averne titolo, nel senso che non hanno la fortuna di godere della malattia di Parkinson? Molti sono famigliari o accompagnatori, necessari per il sostegno fisico dei malati che ne hanno bisogno, ma molti sono solo persone, generalmente anziane, che hanno piacere e desiderio di stare insieme.

Il genitore che osserva e vigila sul bambino in pratica è quella rete invisibile che ci unisce tutti e ci impedisce di cadere o di perderci. Ci spinge a comunicare tra noi, rivolgendoci l’un l’altro col nome di battesimo, accompagnando il discorso col contatto fisico di un braccio o di una spalla per far sentire anche fisicamente la vicinanza e l’empatia che ci lega. Far sentire la propria voce è una manifestazione di vita, il presupposto per non “morire dentro”. Che non riguarda solo il Parkinson, ma l’umanità tutta.