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NON COLPEVOLE, MR. PARKINSON! Criminalità e Malattia di Parkinson, di Kai Paulus

Anziano malato rincorre le infermiere nel reparto” era uno dei titoli scandalistici che si leggevano negli anni ’60 sui giornali statunitensi quando arrivò la levodopa in farmacia, creando panico e causando un enorme ritardo nella diffusione di questo importante ed efficace farmaco.

Mi ricordo, qualche anno fa, quando dei familiari accompagnati dal loro legale, si erano presentati da me chiedendo spiegazioni per l’anomalo comportamento di una persona ammalata di Parkinson, che aveva appena perso 30.000 euro al gioco d’azzardo. Per mia fortuna riuscì a dimostrare che né la malattia né la terapia potevano essere incolpati per la condotta spregiudicata del loro familiare.

 

Ancora più clamoroso è il caso successo in Belgio nel 2015 ed ora discusso sul numero di luglio della rivista scientifica Movement Disorders: un uomo di 55 anni, ammalato da 14 anni di Parkinson, è stato condannato all’ergastolo per aver assassinato due donne e per altri due tentati omicidi. La difesa argomentò che era la malattia e soprattutto la cura che avrebbero portato l’uomo a questi disdicevoli atti. La storia riempì i giornali belgi perché piuttosto a tinte forti e con connotazioni torbide. Ed i giornali ci andavano proprio a nozze. Alla fine prevalsero gli argomenti dell’accusa potendo dimostrare che il colpevole aveva un comportamento alquanto antisociale e squilibrato ben molti anni prima di ammalarsi con riferite condotte di violenze, parafilie e atteggiamenti sadomasochistici, oltre all’abuso di cocaina ed alcol. A questo punto era ovvio che la malattia neurologica non poteva entrarci niente e che l’uomo invece soffriva di problemi psichiatrici.

Quanto bizzarro possa anche sembrare questo caso, esso mette in risalto un tema molto delicato, cioè quello delle possibili responsabilità per i propri comportamenti di una persona affetta da una malattia neurologica, e quanto tale patologia possa incidere in questioni legali.

Nella letteratura scientifica internazionale vengono riportati pochi altri crimini compiuti da persone con Parkinson, e generalmente si può affermare che la percentuale di omicidi commessi da Parkinsoniani non è maggiore di quella della popolazione generale. In un caso, il delitto venne imputato all’eccessiva auto-somministrazione di farmaci dopaminergici con l’intento di migliorare il movimento, e verosimilmente compiuto durante una psicosi da sovradosaggio; in effetti, l’ammalato si era pentito e dopo l’aggiustamento della terapia non ha più mostrato atteggiamenti sospetti.

Allora se il Parkinson non c’entra, perché l’opinione pubblica era convinta del contrario? Verosimilmente perché intanto si tratta di una malattia neurologica che nasce nel cervello, e pertanto facilmente confusa con malattie psichiatriche; già queste circostanze possono animare le fantasie del pubblico. Poi, nel Parkinson, notoriamente una malattia che causa disturbi motori, si può assistere ad un cosiddetto deficit cognitivo sociale, cioè difficoltà di socializzazione dovute alle restrizioni fisiche, alle complicanze dei farmaci ed ai vari disagi che possono ostacolare l’armonica convivenza , ma, per quanto si conosce, la capacità di decisione morale resta integra. Pertanto, per commettere un omicidio non ci vuole il Parkinson, ma l’intenzione di volerlo fare.

Inoltre, come sappiamo, la malattia di Parkinson è una patologia molto complessa e la sua gestione globale molto difficile; una non adeguata terapia, sia perché non sufficiente, non tollerata, oppure eccessiva, può comportare notevoli disagi sia motori che non motori, ed alterazioni della sfera psichica, spesso accentuate dai medicinali, sono sempre in agguato.

L’argomento portato all’attenzione della comunità scientifica internazionale dall’articolo citato è molto interessante ed attuale: da un lato veniamo tranquillizzati e le Neuroscienze morali (ammetto che non conoscevo questo ramo della Neurologia) confermano che l’integrità morale di una persona non è compromessa dal Parkinson, ma gli addetti ai lavori sono avvisati che il campo, specialmente in termini di Medicina legale, è minato e necessita di ulteriori approfondimenti. Siccome abbiamo parlato recentemente in questo sito di Medicina di genere (vedi “Signora o Signor Parkinson?”), ed, a pensarci bene, tutti i casi riportati nell’articolo trattano di pazienti maschili, sarà intrigante poter studiare i possibili effetti del Parkinson e della sua terapia in termini di verosimile differente impatto sulla psiche maschile e femminile. Seguiamo i futuri sviluppi.

Comunque, Mr. Parkinson è scagionato non mostrando alcun legame con la criminalità, e quindi, almeno questa volta, il nostro Nemigu non c’entra niente.

Fonte:

Santens P, De Letter M, Lees AJ, et al. Crime and Parkinson’s: The Jury is Out. Movement Disorders Vol. 33, n.7, 2018

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