Volare si Può, Sognare si Deve!

Archivio mensile: Settembre 2018

I DISTURBI DELLA MARCIA (Pillola n. 17)

Nel recente “Perché abbiamo un cervello?” (pubblicato in questo sito il 01/09/2018) si è arrivati alla conclusione che il cervello serve per muoverci. Per movimento intendiamo, in questo caso, la deambulazione, la camminata, costituita dai passi. Fare un passo sembra banale e molto semplice, quasi scontato ed automatico. In realtà, però, un passo è una attività molto complessa che coinvolge, oltre all’apparato muscolo-scheletrico anche i nervi periferici, il midollo spinale ed i centri nervosi superiori, come il cervello, il cervelletto ed il sistema vestibolare. Il non corretto funzionamento di questo sistema ad un qualunque livello oppure la non perfetta collaborazione dei singoli organi può comportare un disturbo del passo e della marcia con compromissione dell’equilibrio e quindi un aumentato rischio di cadute traumatiche.

Il Movimento è definito come lo spostamento del corpo nello spazio; si parla pertanto di Locomozione per la quale serve il movimento ritmico degli arti, camminata bipede, per poter avanzare nello spazio. Lo Spazio, l’ambiente, è vario e perciò necessitiamo della capacità di adattamento. Muovendoci dobbiamo contrastare la forza di gravità per non cadere; a questo ci servono la forza muscolare e l’equilibrio. L’Equilibrio è una “condizione per la quale un corpo (anche il corpo umano) sta fermo per un compensarsi delle azioni che su di esso si esercitano, o, anche muovendosi, conserva un suo determinato assetto” (da: Treccani). Il Passo è costituito da una serie di eventi che si susseguono, il ciclo, permettendo lo spostamento del corpo in avanti. Il ciclo del passo comprende gli eventi che intercorrono tra due appoggi successivi sul terreno dello stesso piede.

Figura: Fasi del ciclo del passo registrate tramite device Tecnobody Walker View. Tecnobody srl, 2016

 

Nei complessi meccanismi della camminata, o marcia, si individuano i seguenti parametri: la forza muscolare che serve per spostarsi e per vincere la forza di gravità, la larghezza della base d’appoggio (la distanza laterale tra i due piedi), la lunghezza del passo, la cadenza del passo (ritmo), la fluidità del movimento, l’inizio della marcia, deviazioni direzionali (oscillazioni), e l’adattabilità. Alterazioni di ognuno di questi parametri modifica le caratteristiche della marcia, può essere espressione di un malfunzionamento e può esporre la persona ad instabilità e cadute.

Per esempio, in caso di riduzione della forza muscolare ad una gamba, dovuta a un problema del muscolo stesso, ad una alterazione della trasmissione nervo-muscolo, oppure ad un ictus cerebrale, si osserva una marcia paretica (zoppia); l’aumento della larghezza del passo, come si può osservare in alterazioni delle funzioni del cervelletto oppure anche semplicemente dopo qualche bicchiere di vino di troppo, porta ad una marcia atassica; invece, la riduzione della lunghezza del passo ed il suo rallentamento possiamo notare nella malattia di Parkinson con la sua marcia ipocinetica (rallentata); ci sono ancora altri tipi come la marcia rigida, che si incontra nelle distonie, e quella discinetica (accompagnata da movimenti involontari) tipici di malattie come la Corea di Huntington, ma anche di un Parkinson scompensato oppure in sovraddosaggio. A proposito del nostro Nemigu, il rapace infingardo, un problema di movimento molto invalidante è la difficoltà di iniziare il passo, acinesia, oppure il blocco improvviso durante marcia, il freezing – congelamento – della marcia; queste ultime, a differenza dei precedenti, che sono disturbi della marcia continui o permanenti, sono disturbi episodici che portano facilmente a cadute traumatiche perché improvvisi e non prevedibili. Forme miste come la marcia pareto-spastica sono frequenti in esiti di ictus cerebrali oppure in corso di sclerosi multipla. Infine, l’aprassia della marcia è caratterizzata dall’incapacità di coordinare i movimenti necessari per camminare, e l’andatura risulta irregolare, scoordinata, molto precaria ed ad alto rischio di cadute, come si incontra in encefalopatie vascolari e nell’idrocefalo normoteso.

Le cause dei disturbi della marcia possono essere diverse. Qui solo un breve elenco: le più comuni sono le conseguenze in seguito ad un trauma, un incidente, magari anche per una frattura, che mette fuori causa un arto e quindi altera il movimento normale. Molte altre malattie possono determinare difficoltà della camminata, quali quelli vascolari (per esempio, ictus cerebrale), le infiammatorie, ma anche malattie genetiche, autoimmuni, degenerative e metaboliche. La questione si complica considerando il livello di coinvolgimento del sistema nervo-muscolo, che può presentarsi a qualsiasi punto: perifericamente interessando i nervi sensitivi periferici, il motoneurone inferiore, oppure direttamente il punto di contatto del nervo con il muscolo (placca neuromuscolare); ma il danno può esordire anche al centro del cervello (tronco, nuclei della base, talamo, cervelletto), oppure può colpire direttamente i centri di controllo superiori costituiti dalla corteccia cerebrale e le strutture sottocorticali.

Kai Paulus

 

Presentazione del romanzo di Marco Balbina “Nessuna come lei”


“Il nostro amico Marco Balbina ha pubblicato per la Nema Press il romanzo “Nessuna come lei”.
Eccovi una brevissima presentazione del romanzo fatta da Giannella Cossi.”

 

NESSUNA COME LEI

"Togli a un uomo i suoi ideali, e di lui resterà solo un mucchietto d'ossa "
Tista Muleddu

Battista (Tista) Muleddu è il protagonista di questo bel romanzo, che ricopre un arco temporale di oltre quarant'anni, dagli anni '70 ai giorni nostri, e rispecchia gli ideali, le problematiche e le illusioni tradite di una intera generazione secondo un'ottica specifica che è quella della nostra Sardegna, all'interno della più vasta platea nazionale. La narrazione è infatti ambientata tra Cagliari, Porto Torres, Alghero, descritte con tratti suggestivi e precisi.

In apertura Tista è un sessantenne benestante e disincantato, "un sopravvissuto cinico e sgraziato, come solo poteva essere un ex romantico come lui" che in una Alghero evocata nella bellezza del suo paesaggio e del centro storico vive le sue giornate tra il lavoro di imprenditore di successo e le partite a scacchi con vecchi amici "convivialisti".
Nessuna relazione sentimentale, solo incontri di reciproca soddisfazione fisica con l'amica Livia, e un'attrazione senile per Greta, la giovanissima figlia della sua colf, novella Eva che addenta una mela rossa.

Tista ha amato una sola donna, Paolina, nessuna come lei.

Lo aveva lasciato nel '78, senza diritto di replica, ed era stato sempre lui a cercarla, a voler tenere accesa la fiammella.
Paolina era stata l'unico vero amore della sua vita, e forse anche lui lo era stato per lei. La loro reciproca solitudine ne era la riprova, così amava pensare nei momenti di sconforto.
Gli aveva mandato gli auguri per il nuovo anno, esprimendo l'intenzione di venire ad Alghero per la processione del Venerdì Santo.

A questo punto la narrazione recupera in un ampio flash-back gli anni della giovinezza: siamo a Cagliari, nei primi anni '70, la squadra di calcio con Gigi Riva -Rombo di Tuono- ha appena vinto lo scudetto, portando alle stelle l'orgoglio dei sardi. A Cagliari non si parla che di calcio. Anche Emilio Lussu, il vecchio combattente, diceva che il Cagliari rappresentava tutti i sardi, come la Brigata Sassari.
Tista ha 18 anni , frequenta l'Istituto Tecnico Industriale e con gli amici condivide l'ideale di una profonda trasformazione della società, assiste allo scontro anche violento tra riformisti ed estremisti sui metodi e i tempi dell'attuazione della rivoluzione, incontra l'amore.
Paolina è bella, intelligente, forte, anche lei partecipe del suo tempo, impegnata nel movimento femminista per una radicale liberazione della donna dall'oppressione secolare. Ha un approccio razionale nei confronti della realtà, nutrito da letture di poeti e filosofi, di cui discute spesso con Tista.
Nessuna come lei: è amore.

Nella cornice dei Bastioni, i giardinetti di Piazza Repubblica, il Poetto, l'autore tratteggia magistralmente i personaggi che si muovono intorno al protagonista, in un'ottica corale che rievoca nel lettore lo spirito di un'epoca: quella dello scontro ideologico oltre che con la destra, tra la sinistra e i gruppi extraparlamentari, alcuni dei quali confluiranno nella lotta armata. Bellissimo il personaggio di Antonio Contini, compagno e amico, lucido e razionale nel suo impegno politico.

"Per i sardi la fabbrica rappresenta l'ingresso nella modernità. Solo così si potrà uscire dal passato agro-pastorale e finalmente entrare nel futuro industriale".
Ed ecco Tista, perito chimico diplomatosi a pieni voti, confrontarsi con la realtà della fabbrica, la SIR di Porto Torres.
Il suo approccio è ingenuo ed idealista: "in certi momenti di appiattimento totale, mentre pensava all'incredibile maestosità
dell'oro nero e all'ingegnosità dell'uomo nel carpirne i segreti, si sorprendeva a pensare che Dio dovesse essere un chimico provetto laureatosi a pieni voti in qualche celebre Università dell'Universo, il miglior chimico in circolazione nel cosmo, o almeno nella Via Lattea".
Pensò che i preti non avevano capito nulla, e avrebbe voluto dire all'arcivescovo: "Eminenza, venga a lavorare in fabbrica e vedrà che lascerà la tonaca e indosserà subito, per fede, una sacra tuta blu".
Una posizione di questo genere non potrà che scontrarsi con la dura realtà della vicenda paradigmatica dell'industria petrolifera in Sardegna, dalle lotte operaie alla cacciata di Rovelli, in una galleria di personaggi accuratamente descritti, che attraverso i dialoghi rimandano al dibattito ideologico di quegli anni.

Così si apre l'ultima parte del romanzo, che ci riporta ad Alghero, dove Tista si è stabilito dopo essersi licenziato dalla SIR ed essere divenuto un imprenditore di successo, cinico e disincantato.
In un libretto di poesie di vari autori sardi comprato casualmente, lo colpisce una bilingue di Francesco Masala:

"Inno nuovo contro i feudatari". Rivolto ai petrolchimici, dice: "Lavorate, lavorate, poveri dei villaggi/ per mantenere in città/ tanti cavalli da stalla/ Essi raccolgono il grano/ a voi lasciano la paglia/ lavorate, lavorate, petrolchimici operai/ faticate per il pane/ Con il Piano di Rinascita, i soldi vanno a Milano/ e a voi lasciano il catrame/...la catena di lavoro con la pancia mezzo piena/ è lavoro da catena....
Era finita un'epoca, nel suo vecchio mondo c'era un'aria di smobilitazione e disfacimento.
Si era commosso al vedere l'immensa folla ai funerali di Berlinguer, le vecchie facce di compagni, smarriti e in lacrime. Lui, in fondo, era rimasto sempre lo stesso, nonostante le apparenze. Cercava ancora l'amore e la fluidità della vita, come quando aveva vent'anni.

Aspettava l'arrivo di Paolina, dopo quarant'anni.

Ci avviamo ora all'ultima parte del romanzo, che ci riserva qualche colpo di scena: la parte finale della vicenda, che si tinge di giallo, è top-secret.

Al lettore scoprirlo.

 

LA  MIA  FAMIGLIA di g.b.


Nella frescura della sera,

sotto il portico di casa rivolto a ponente,

i miei pensieri  trovano ristoro

sul tramonto di porpora,

che scolora nell’indaco  frangiato

di  creste di  sole morente.

Colori  filtrati  tra ciglia  appena dischiuse

che assaporano  l’esistenza,

densa  di  età e di eventi …. di figli e di moglie,

madre degli stessi ,  presenze  discrete.

Sentori di cose … vicine e liete….. sono in me,

forti come pietre laviche certe come il destino,

sono la mia Famiglia … e gli  rivolgo la parola in  silenzio

e  nel  silenzio….riconosco la risposta.

Frutto  di  vita coniata nell’essere,

ora germoglio  consapevole,  pronto a fondersi

nel  crogiolo della vita che pervade.

Tutto questo  incanto trasfigura nel ricordo infantile

educato a ringraziare  il dono della vita.

Regalatami  con infinito amore

per essere  vissuta…..  e io ,  cosi lo insegno .

g.b.


 

NON COLPEVOLE, MR. PARKINSON! Criminalità e Malattia di Parkinson, di Kai Paulus

Anziano malato rincorre le infermiere nel reparto” era uno dei titoli scandalistici che si leggevano negli anni ’60 sui giornali statunitensi quando arrivò la levodopa in farmacia, creando panico e causando un enorme ritardo nella diffusione di questo importante ed efficace farmaco.

Mi ricordo, qualche anno fa, quando dei familiari accompagnati dal loro legale, si erano presentati da me chiedendo spiegazioni per l’anomalo comportamento di una persona ammalata di Parkinson, che aveva appena perso 30.000 euro al gioco d’azzardo. Per mia fortuna riuscì a dimostrare che né la malattia né la terapia potevano essere incolpati per la condotta spregiudicata del loro familiare.

 

Ancora più clamoroso è il caso successo in Belgio nel 2015 ed ora discusso sul numero di luglio della rivista scientifica Movement Disorders: un uomo di 55 anni, ammalato da 14 anni di Parkinson, è stato condannato all’ergastolo per aver assassinato due donne e per altri due tentati omicidi. La difesa argomentò che era la malattia e soprattutto la cura che avrebbero portato l’uomo a questi disdicevoli atti. La storia riempì i giornali belgi perché piuttosto a tinte forti e con connotazioni torbide. Ed i giornali ci andavano proprio a nozze. Alla fine prevalsero gli argomenti dell’accusa potendo dimostrare che il colpevole aveva un comportamento alquanto antisociale e squilibrato ben molti anni prima di ammalarsi con riferite condotte di violenze, parafilie e atteggiamenti sadomasochistici, oltre all’abuso di cocaina ed alcol. A questo punto era ovvio che la malattia neurologica non poteva entrarci niente e che l’uomo invece soffriva di problemi psichiatrici.

Quanto bizzarro possa anche sembrare questo caso, esso mette in risalto un tema molto delicato, cioè quello delle possibili responsabilità per i propri comportamenti di una persona affetta da una malattia neurologica, e quanto tale patologia possa incidere in questioni legali.

Nella letteratura scientifica internazionale vengono riportati pochi altri crimini compiuti da persone con Parkinson, e generalmente si può affermare che la percentuale di omicidi commessi da Parkinsoniani non è maggiore di quella della popolazione generale. In un caso, il delitto venne imputato all’eccessiva auto-somministrazione di farmaci dopaminergici con l’intento di migliorare il movimento, e verosimilmente compiuto durante una psicosi da sovradosaggio; in effetti, l’ammalato si era pentito e dopo l’aggiustamento della terapia non ha più mostrato atteggiamenti sospetti.

Allora se il Parkinson non c’entra, perché l’opinione pubblica era convinta del contrario? Verosimilmente perché intanto si tratta di una malattia neurologica che nasce nel cervello, e pertanto facilmente confusa con malattie psichiatriche; già queste circostanze possono animare le fantasie del pubblico. Poi, nel Parkinson, notoriamente una malattia che causa disturbi motori, si può assistere ad un cosiddetto deficit cognitivo sociale, cioè difficoltà di socializzazione dovute alle restrizioni fisiche, alle complicanze dei farmaci ed ai vari disagi che possono ostacolare l’armonica convivenza , ma, per quanto si conosce, la capacità di decisione morale resta integra. Pertanto, per commettere un omicidio non ci vuole il Parkinson, ma l’intenzione di volerlo fare.

Inoltre, come sappiamo, la malattia di Parkinson è una patologia molto complessa e la sua gestione globale molto difficile; una non adeguata terapia, sia perché non sufficiente, non tollerata, oppure eccessiva, può comportare notevoli disagi sia motori che non motori, ed alterazioni della sfera psichica, spesso accentuate dai medicinali, sono sempre in agguato.

L’argomento portato all’attenzione della comunità scientifica internazionale dall’articolo citato è molto interessante ed attuale: da un lato veniamo tranquillizzati e le Neuroscienze morali (ammetto che non conoscevo questo ramo della Neurologia) confermano che l’integrità morale di una persona non è compromessa dal Parkinson, ma gli addetti ai lavori sono avvisati che il campo, specialmente in termini di Medicina legale, è minato e necessita di ulteriori approfondimenti. Siccome abbiamo parlato recentemente in questo sito di Medicina di genere (vedi “Signora o Signor Parkinson?”), ed, a pensarci bene, tutti i casi riportati nell’articolo trattano di pazienti maschili, sarà intrigante poter studiare i possibili effetti del Parkinson e della sua terapia in termini di verosimile differente impatto sulla psiche maschile e femminile. Seguiamo i futuri sviluppi.

Comunque, Mr. Parkinson è scagionato non mostrando alcun legame con la criminalità, e quindi, almeno questa volta, il nostro Nemigu non c’entra niente.

Fonte:

Santens P, De Letter M, Lees AJ, et al. Crime and Parkinson’s: The Jury is Out. Movement Disorders Vol. 33, n.7, 2018

PERCHE’ ABBIAMO UN CERVELLO? di Kai Paulus

Nel numero di aprile 2018 della rivista scientifica DNP si trova una interessante discussione sull’utilità del movimento e di attività sportiva, oltre al risaputo beneficio nella prevenzione e rafforzamento del sistema cardiovascolare e dell’apparato muscolo-scheletrico, anche come indispensabile sostegno delle terapie farmacologiche.

Innanzitutto ci sarebbe una domanda: perché molte persone fanno sport?

La risposta è che dopo l’attività fisica ci si sente meglio; questa sensazione di benessere è relativa e diversa da persona a persona, passando da una semplice sensazione di sentirsi bene, di mente libera, di lieve euforia, di felicità, di essere in armonia con il mondo, di tollerare meglio i problemi quotidiani e di poterli mettere in secondo piano, miglioramento della concentrazione, fino ad arrivare alla riduzione dei dolori. Tutti questi effetti vengono promossi da alcune regioni del cervello, attivati grazie al movimento, che liberano delle sostanze, i neurotrasmettitori, che stimolano a loro volta dei circuiti neuro-ormonali specialmente dell’asse ipotalamo-ipofisaria. Il sistema ipotalamo-ipofisario è una centralina di comando che regola quasi tutti gli organi del nostro organismo, come illustrato nella figura.

Il movimento aumenta inoltre i livelli di endorfine, endocannabinoidi, serotonina e dopamina, tutte sostanze deputate a darci un senso di benessere. Inoltre, il movimento crea Neuroplasticità, la nostra parola magica, cioè miglioramento dei circuiti cerebrali e riparazione! Tornano in mente delle similtudini avendo parlato su questo sito e nei nostri convegni tante volte di Emozioni. In effetti, i risultati sono sovrapponibili: l’attività fisica incrementa, così come le emozioni, le sostanze del benessere, tra cui serotonina, endorfine, cannabinoidi, e dopamina, e soprattutto stimola il cervello a rigenerarsi.

Ma cosa vogliamo di più?!

Nell’articolo viene argomentato che già un movimento modesto ma costante, quali le passeggiate, comporta dei miglioramenti misurabili. Viene documentata inoltre un miglioramento delle capacità cognitive e della memoria, sia direttamente stimolando il sistema limbico, dove si trovano le emozioni e la memoria, sia indirettamente aumentando la circolazione sanguigna nel cervello portando maggiori quantità di nutrimento e di ossigeno.

Ma perché il movimento fa tutto questo?

Appare inverosimile che un’attività così banale e semplice possa comportare dei benefici quasi miracolosi. Eppure, la scienza degli ultimi anni lo sta continuamente dimostrando. A questo proposito mi viene in mente un libro di Thomas Trappenberg sul funzionamento del cervello in cui l’autore inizia a chiedersi ‘a che cosa serve il cervello’, riformulando successivamente la domanda in

Perché abbiamo un cervello?

Il cervello serve per muoverci, dà il comando, ci indica le mete; viceversa il movimento, agendo, informa il cervello sulla correttezza delle sue scelte. Da ciò dipende la nostra sopravvivenza e l’evolversi della vita; gli altri organi, cuore, fegato, reni, ecc. servono unicamente a mettere il cervello e l’apparato muscolo-scheletrico nelle condizioni di poter lavorare. Ecco perché il movimento è necessario: esegue gli ordini, attiva il sistema cardiocircolatorio, e ciò facendo informa il cervello, lo stimola, che a sua volta impara, si adatta, ed in caso di danni e malattie, ripara.

Il movimento fa bene al corpo ed alla mente. Quindi: camminiamo, passeggiamo, balliamo, rimaniamo attivi!

Fonte:

Lukowki T. Psyche und Sport: Bewegungstherapie als dritte Säule der Behandlung. DNP Der Neurologe & Psychiater 19(4), 44-52, 2018

Trappenberg TP. Fundamentals of Computational Neuroscience. Oxford University Press, 2012