Volare si Può, Sognare si Deve!

Archivio mensile: Luglio 2017

Il presidente dell’Associazione Parkinson Sassari invia una Lettera di protesta verso la Commissione Medica Patenti Speciali


UNA VISITA MEDICA GROTTESCA

Entrare in un ambulatorio medico dove opera una commissione medica per la revisione o la revoca delle patenti speciali (quelle attribuite ad automobilisti con particolari patologie) e uscirne come investito da una allucinazione improvvisa e violenta che ti cambia di botto la visione serena e normale del mondo è inspiegabilmente irreale.

Dopo tre ore e mezza di attesa trascorsa in una condizione di torpore per la levataccia che devi affrontare se vuoi arrivare entro il numero stabilito per quel giorno, vengo chiamato alle 11,30, col numero 54: un numero, non una persona.

Un signore (poco signore a dire il vero) in maglietta rosso-garibaldino forse un medico, ma senza un segno che lo contraddistingua come tale, tarchiato come un buttafuori da discoteca, mi accoglie sul limitare dell’ingresso, salutandomi in questo modo con tono di voce abbastanza alto (alla faccia della privacy): “Lei è molto rallentato…lei è molto rallentato”. Io, colpito da questa improvvisa aggressione che mi colloca automaticamente nella posizione di accusato in un processo che non mi aspettavo, riesco a malapena a biascicare due parole. “E allora”? In poche parole volevo sapere di che cosa ero improvvisamente accusato.

Il seviziatore, moderando leggermente il tono (forse si è reso conto di aver ecceduto un tantino) ma sempre alquanto autoritario: “Metta lì le sue cose e si sieda. Con una mano tappi un occhio e legga” In effetti la sedia era collocata di fronte a una tabella che si vede negli studi oculistici contenente una varietà di lettere dell’alfabeto sistemate con dimensioni gradualmente decrescenti. Mi sembrava di essere uno scolaretto di prima elementare che sta imparando con fatica a leggere le lettere dall’alfabeto. Terminata la laboriosa lettura (strano: in determinati contesti anche le cose semplici e banali si complicano) il seviziatore mi affida al secondo commissario (forse il presidente) che mi rivolge la domanda delle domande: sibillina, forse da decrittare: “Cosa fa con la macchina”? Oggi è proprio una giornata storta; sembra una congiura contro. Io intanto mi domando cosa faccia con la macchina oltre che guidarla per spostarmi. La mia risposta, forse ingenua, forse allucinata da quello che mi sta capitando intorno, è: “Guido” Il commissario interrogante capisce che non ho capito e allora precisa: “L’adopera per spostarsi in città…” Adesso capisco che la domanda che voleva farmi era a che cosa adoperavo la macchina. “Non l’adopero per lavoro. ma per spostarmi in città per svolgere la miriade di commissioni che la vita di tutti i giorni ti impone”. Sollecitato, preciso che talvolta mi capita di spostarmi in qualcuno dei centri vicini come Alghero, Ittiri, Porto Torres. Lui mi incalza: “Effettua anche viaggi lunghi per esempio, Cagliari”. “Non guido per viaggi lunghi, mi stanco e quindi ho deciso già da un po’ di non mettermi alla guida della macchina per spostamenti troppo lunghi; viaggio con altri alla guida”.

Nessuno scambio con me sulle mie patologie che peraltro sono tutte puntualmente diagnosticate e accompagnate dai relativi certificati degli specialisti che dichiarano in maniera documentata che sono ancora nelle condizioni di guidare una macchina in maniera affidabile.

Il presidente intanto esamina il certificato del diabetologo (che fa parte della commissione) e non ha niente da eccepire (anche perché il giudizio espresso è il risultato delle analisi di laboratorio). Mentre invece mi domanda chi ha firmato il certificato rilasciato dalla Clinica Neurologica. Io dico che è firmato dal Dott. Kai Paulus. Lui, con un ghigno tra l’ironico e il saccente, comunque certamente scorretto: “Il buon Paulus eh, eh “.

Mi fanno accomodare (si fa per dire) fuori dalla stanza e dopo un consulto interno di qualche minuto mi fanno chiamare da una segretaria, alla quale la Commissione consegna le proprie decisioni. La segretaria, con fare misterioso, forse un po’ vergognandosi, mi dice che dovrò mettermi in contatto con la Motorizzazione per effettuare una prova di guida raccomandandomi di non guidare la macchina sino a dopo l’eventuale omologazione da parte della Motorizzazione.

I componenti della Commissione (eccetto due che non hanno pronunciato una parola) hanno espresso i loro giudizi su di me rimandandomi a un giudizio terzo che sarà emesso da l’ ingegnere della motorizzazione e spero vada tutto bene.

Anche io però ho da formulare un mio giudizio su di loro: si sono rivelati aggressivi, confusionari, per niente professionali.

Bocciati su tutta la linea.


 

“L’angolo dei ricordi” di Nicoletta Onida


Ci sono ritagli della vita che abbiamo vissuto conservati in fondo ad un cassetto dove, ognuno di noi, ha raccolto nel tempo lettere, cartoline illustrate, foto e piccoli oggetti: una moneta antica appartenuta alla vecchia zia, una conchiglia rugosa raccolta durante una vacanza estiva, una penna stilografica regalo di compleanno, una piccola armonica a bocca trovata in casa dei nonni… Ogni oggetto risveglia in noi uno stato d’animo particolare: gioia, affetto, rimpianto del tempo passato. È quello il cassetto dei ricordi perché in fondo ad esso, insieme agli oggetti, ognuno ha riposto sogni, progetti e desideri di gioventù, quando, con atteggiamento fiducioso  ciascuno andava alla ricerca di qualcosa su cui costruire il proprio avvenire.

Quando si è giovani e pieni di salute, crediamo di vivere così per sempre, ma quando diventiamo vecchi e, spesso, incapaci di prenderci cura di noi stessi, ripensiamo con rimpianto al passato, alla giovinezza.

Così, talvolta, riaprendo quel cassetto, sfiorando gli oggetti con mani tremanti rispolveriamo i sogni e le speranze di un tempo lontano. Ed è proprio in quei momenti che, essendo più fragili dal punto di vista emotivo, viene da pensare che senso ha continuare a vivere. Quando, poi, si deve ricorrere al continuo aiuto degli altri ed ai farmaci che, nella maggior parte dei casi, non permettono recuperi miracolosi si viene presi dallo sconforto, dalla paura di perdere i contatti col prossimo, dal terrore dell’isolamento e, in molti casi, dalla depressione. La vecchiaia e le malattie, infatti, rendono la vita più difficile, se per giunta si deve lottare con un sistema sanitario sbagliato tutto appare più faticoso e spesso insormontabile.

Che fare, dunque? Arrendersi? O cercare attorno a noi i motivi, se ce ne sono, per andare avanti?

La giovinezza, forse, non è solo qualcosa da rimpiangere: nel lungo ciclo della vita, è un dono di cui adesso godono altri. Nei loro sorrisi, nelle loro gioie, possiamo rivivere di riflesso le nostre ed essere felici per loro. Ma anche qualora non avessimo avuto la fortuna di crescere delle altre vite, e non potessimo condividere le speranze di chi viene dopo di noi, il tempo che ci rimane ci riserba dei giorni, delle ore, dei momenti di bellezza e di serenità: momenti capaci di sorprenderci, quando giungono, come la comprensione di un amico leale o la carezza inattesa di qualcuno che ci vuole bene sinceramente.

È in quei momenti che sentiremo, nella sua pienezza, il senso della vita.


“I miei ricordi…sempre più strampalati” di Salvatore Faedda


I gelati…di ghiaccio!!!

Nella vita di ciascuno di noi c’è sempre qualcosa da ricordare, difficile da cancellare ma…divertente da raccontare.

Avevo circa 10 anni quando con i miei amici andavamo a rubare il ghiaccio. Il ghiaccio??? Come il ghiaccio??? (direte voi)!!! Si proprio il ghiaccio. La fabbrica si trovava vicino al mercato della carne e noi ci appostavamo all’ingresso dove vi era situato un canale in lamiera utile al passaggio del ghiaccio direttamente sulle motorette che poi dovevano trasportarlo ai vari acquirenti. Per noi riuscire a raccattare qualche pezzo di ghiaccio che succhiavamo alla grande, ci dava l’illusione di mangiare del gustosissimo gelato.

In uno di quei giorni dedicato alla “raccolta” del ghiaccio, mentre stavamo attenti a raccoglierne il più possibile senza farci notare dagli operatori, una grande luce esplose su tutto il prodotto provocando in noi sgomento e paura….quasi da svenimento. Di lì a poco scoprimmo che la sostanza in questione non era altro che l’ammoniaca che veniva versata sui blocchi di ghiaccio.

Quando mio padre venne a conoscenza della nostra rocambolesca avventura, me le diede di santa ragione e, se non ricordo male, da quel momento finì per noi la grande mangiata dei gelati…di ghiaccio.

Le mandorle…amare!!!

Sempre per raccontare una delle tante disavventure giovanili ricordo che verso l’età di 12 anni insieme ad alcuni amici, un bel giorno decidemmo di andare a fare una breve escursione nelle campagne di “Logulentu”. Uno di noi, molto abile a salire sugli alberi, prese subito di mira un mandorlo, vi salì con la velocità al pari di “Tarzan” e cominciò a gettare per terra un congruo numero di mandorle. A cerchio ci sedemmo tutti per terra e subito iniziammo a separare il guscio dal frutto mettendone ogni tanto qualcuna in bocca per assaporarne il gusto. Mentre eravamo intenti ad eseguire quel piacevole esercizio, all’improvviso arrivò il padrone della campagna che, con il viso e la voce abbastanza alterati, non ci consentì di scappare. Subito prese due di noi sotto braccio (me compreso) e accompagnandoci con dolorosi calci nel sedere, ci portò sulla strada principale Sassari-Sennori lasciandoci umiliati e confusi. Tutto questo per una sola manciata di mandorle…amare.

Queste poche righe che ho scritto sono servite per ricordare…ma non per cancellare i miei 10 anni.

Salvatore Faedda