Volare si Può, Sognare si Deve!

Archivio mensile: Febbraio 2017

Padre poesia di Geminiano


Un refolo di vento caldo

si infiltra nei capelli dell'uomo

che sale con fatica il viottolo acciottolato.

E' vestito di niente...

gli rimane solo una composta dignità

plasmata nel tempo;

e il gesto familiare di ravviare i capelli con la mano

denota la sua condizione paterna segnata dall'ineluttabile.

La luce fioca dei lampioni che lo rischiara in tralice

rende viva la sofferenza

che appare sul volto devastato.

Osservando con delicata sensibilità

realizzo che la sofferenza umana

aggredisce tutti con la stessa intensità... -denti dilaniati-

dilaniando l'anima.

Aspetto che mi sia vicino per offrirgli il mio aiuto morale,

mi rivolge la parola premuroso.

Non vorrebbe coinvolgermi,

ma sollecitato, risponde

visibilmente commosso.

Sono i figli che partono

per costrizione che fa male.

Ferite insanabili.

Appena attenuate dalla speranza

del loro ritorno.

Un groppo alla gola mi toglie la parola

pensando a quanti di noi si riconoscono.

 

INTERVENTO CHIRURGICO DI PROTESI ARTICOLARE NEL PARKINSON (Pillola n. 12)


(Persone affette da malattia di Parkinson possono presentare problemi ortopedici come la spondiloartrosi, scoliosi della colonna vertebrale, ernie del disco, ed artrosi delle articolazioni. Specialmente queste ultime necessitano spesso di interventi di impianto di protesi quando gli analgesici non portano a sufficiente sollievo oppure interferiscono con i farmaci anti-parkinson. Riassumo qui un recente articolo scientifico che cerca di chiarire vantaggi e svantaggi dell’intervento ortopedico-chirurgico nella persona con Parkinson)

Accanto a rigidità, tremore e rallentamento motorio, nella malattia di Parkinson si riscontra molto spesso dolore. Il dolore può essere di diversa natura, ma spesso è legato al consumo delle articolazioni: lartrosi. Il Parkinsoniano si trova frequentemente in un circolo vizioso: la rigidità muscolare ed il tremore causano una accentuazione dell’artrosi che a sua volta peggiora il dolore e le difficoltà in postura e marcia. Specialmente l’artrosi dell’anca e del ginocchio aggravano particolarmente l’instabilità posturale ed il dolore può assumere un significato importante in termini di riduzione della qualità di vita. Una volta che tutte le possibili scelte di terapia conservatoria ed antidolorifica sono state prese in considerazione, oggigiorno esiste anche per la malattia di Parkinson la possibilità della sostituzione della articolazione. L’obiettivo ragionevole dell’intervento è rappresentato dalla riduzione oppure anche la scomparsa del dolore, mentre i risultati della ripresa funzionale sono meno consistenti.

La persona con Parkinson che si sta sottoponendo ad un intervento di sostituzione di articolazione necessita di una particolare attenzione pre-, peri- e post-operatoria. Va discussa la terapia farmacologica in atto: la terapia dopaminergica non va interrotta ma adattata alle esigenze dell’intervento; molti pazienti parkinsoniani soffrono di osteoporosi, osteopenia e carenza di vitamina D, e pertanto sono indicati loro accertamenti pre-operatori. Per evitare un digiuno prolungato, sarà opportuno programmare l’intervento in prima mattinata. Le complicazioni maggiori sono date da problematiche polmonari riscontrando nel parkinsoniano spesso malattie ostruttive; si può assiste ad ipotonia e calo della pressione arteriosa a causa della perdita di sangue durante l’intervento. In generale vengono preferite le anestesie regionali, e si utilizzano cateteri intra-articolari per analgesici locali evitando eccessive dosi di oppioidi durante il periodo post-operatorio. E’ importante iniziare con la riabilitazione intensiva appena possibile; una corretta riabilitazione può prevenire contrazioni muscolari, altrimenti dolorose e dannose.

(Riassumendo: la persona affetta di malattia di Parkinson, tra i vari problemi, soffre di dolori ed instabilità posturale. In caso di marcata artrosi articolare sarà pertanto opportuno l’intervento chirurgico per evitare un ulteriore aggravarsi del quadro clinico e per recuperare autonomie posturali. L’intervento non è privo di rischi e la terapia anti-parkinson va adattata alle circostanze. I risultati non sono miracolosi, ma la riduzione dei dolori viene quasi sempre ottenuta, mentre il recupero funzionale spesso risulta meno consistente)

Kai Paulus

 

Fonte:

Schuh A, Handschu R, Schwemmer U, et al. Gelenkersatz: Auch bei Parkinson-Patienten eine Option. Fortschritte der Medizin 159, 2; 2017


 

Cammino pensandomi di G.B.


Oggi lo scorrere della vita

mi appare rifratto in uno specchio oblungo

che distorce le figure.

Cammino pensandomi

con movimenti pigri che quasi odio…

Lo sguardo acquoso si posa

sulle cose che a stento riconosco,

confuse,

nello scorrere di un quotidiano irriverente.

Ho la sgradevole sensazione

che il “rapace” voglia riprendersi la scena;

ne avverto il sinistro stridìo del verso

che pulsa nei pensieri,

insinuandosi infido,

con movenze sinuose da mustelide,

perverso e ingannatore.

“L’infingardo” sa cosa vuole

e io so cosa devo pagare

per aver ragione di questa disputa aspra

che dovrò combattere senza esclusione di colpi

in un quartiere

dove non son previsti “prigionieri”.

Ma è solo un momento…

Riacquisto peso terreno

e la “turbolenza” svilisce

lasciando posto alla rinfrancata consapevolezza.

 

Ritornato il sereno

affretto il passo

verso orizzonti più ampi.

G.B.


 

PARKINSON questo sconosciuto di Salvatore Faedda


Tante volte mi son chiesto che cosa è successo al mio corpo quando, da un giorno all’altro, mi è stato diagnosticato il morbo di Parkinson.
Con la mente ripercorro l’itinerario della mia vita lavorativa e mi convinco sempre più che, l’essere stato a contatto con sostanze chimiche possa aver causato il disastro.
Oggi, domenica 5 febbraio, mentre scrivo queste due righe, sul televisore appare Papa Giovanni Paolo II° che, della sua malattia (Parkinson), ne ha fatto un dono di Dio portando la Sua croce in tutto il mondo con dignità e…sofferenza.
In questi giorni, ringraziando il Cielo, sto assaporando la normalità della vita anche se la possibilità che possa finire da un momento all’altro, mi tiene costantemente in guardia. Se almeno riuscissi a capire con un certo anticipo ciò che mi sta succedendo, penso che sarebbe una grande conquista per mettere in secondo piano il “bastardo”.
Per capirne di più ho chiesto ai miei compagni di sventura, che frequentano  l’associazione “Volare si può, sognare si deve”, come hanno percepito questa malattia ma, ognuno, ha dato un sintomo diverso perché il morbo di Parkinson è….un disturbo libero!!!

Salvatore Faedda


 

LA SINDROME DI PISA (Pillola n. 11)

(Nella pratica clinica non è raro incontrare persone affette da malattia di Parkinson che lamentano una molto fastidiosa lateroflessione del tronco. Le terapie sotto elencate sono note e praticabili, però la novità sta nella crescente convinzione menzionata alla fine, oramai un concetto consolidato e generalmente accettato senza il quale non è possibile affrontare le sfide della moderna Medicina)

La sindrome di Pisa viene definita come una flessione laterale del tronco che si osserva caratteristicamente durante la deambulazione e che può essere ridotta a riposo oppure in posizione supina. Ciò significa che la lateroflessione è variabile in base alla posizione del corpo e non dipende da alterazioni scheletriche della colonna vertebrale (scoliosi, rotoscoliosi, ecc.). La sindrome di Pisa si presenta quindi come una deformazione posturale specialmente sul piano laterale, eventualmente associato ad una lieve inclinazione in avanti e con una rotazione.

A causa di una alterata percezione dello schema del corpo nello spazio e del controllo posturale, dovuti a disfunzioni nei nuclei della base (il sistema principalmente danneggiato nel Parkinson) associato ad un’alterata integrazione sensitivo-motoria e cognitiva, si sviluppa una asimmetrica attivazione della muscolatura paravertebrale con aumentata contrazione dal lato della flessione e di conseguenza ciò porta ad una ridotta attività muscolare controlaterale.

Le opzioni terapeutiche della sindrome di Pisa sono le seguenti:

  • Eventuale revisione della terapia dopaminergica in corso, con risultati spesso non soddisfacenti ed individuali.
  • Trattamento con tossina botulinica; il veleno, che serve per indebolire il tessuto muscolare, viene iniettato, con guida elettromiografica o ultrasonografica, nei muscoli iperattivi del lato del tronco flesso. Anche in questo caso le conclusioni non sono definitive per i pochi casi noti di miglioramento dei sintomi.
  • La riabilitazione neuromotoria, intesa come esercizi di stretching, stimolazione propriocettiva e tattile, rieducazione posturale mediante mobilizzazione attiva, e strategie di potenziamento della muscolatura paraspinale controlaterale, di equilibrio e di deambulazione.
  • La stimolazione cerebrale profonda (DBS), con la quale si possono trattare diversi sintomi parkinsonsoniani negli stadi avanzati di malattia, viene raramente anche utilizzata per migliorare la sindrome di Pisa, ma sinora con modesti risultati.
  • La chirurgia ortopedica rimane spesso l’ultima ratio: con la stabilizzazione della colonna vertebrale tramite l’impianto di guide in titanio si ottiene una correzione della flessione del tronco, però a spese di una marcata limitazione nei movimenti associato ad una importante instabilità posturale e deambulazione possibile solo con ausili.

Fin qua le prospettive per la persona con la Pisa non sono confortanti, ma questo per un semplice motivo: ci vuole una equipe multidisciplinare che comprende sia specialisti medici (neurologo, fisiatra, ortopedico) sia esperti della riabilitazione (terapisti, educatori, psicologi) per poter combinare i trattamenti farmacologici e non farmacologici integrando diverse strategie mirate al miglioramento della postura e quindi della qualità di vita della persona affetta da sindrome di Pisa.

(Sorprendentemente, la parola “equipe multidisciplinare” spaventa spesso gli amministratori della sanità pubblica, ma si può semplicemente tradurre con “buona sanità a costi ragionevoli)

Kai Paulus

 

Fonte:

Tinazzi M, Geroin C, Gandolfi M, Smania N, Tamburin S, Morgante F, Fassano A. Pisa Syndrome in Parkinson’s Disease: An integrated Approach from Pathophysiology to Management. Movement Disorders vol. 31, n. 12, 2016

PONIAMO I PALETTI AL PICCOLO PARK! Nuove Medicine all’orizzonte (Pillola n. 10)

Circa un anno fa abbiamo conosciuto la safinamide (Xadago) che dopo tanto tempo rappresentava finalmente una novità per il trattamento della malattia di Parkinson. La particolarità di questo farmaco è rappresentato dalla combinazione di un’azione sia come inibitore enzimatico (cioè blocca l’enzima monoaminoossidasi B, che invece elimina la dopamina, e aumenta pertanto la sua disponibilità) sia come modulatore glutamatergico (agendo su canali ionici dei neuroni glutamatergici bloccando così i neuroni spinosi medi coinvolti nella produzione di discinesie). L’avvento della safinamide era stato atteso come farmaco quasi miracoloso. Poi, in questi ultimi dodici mesi abbiamo dovuto ricrederci. Molti di noi hanno provato Xadago e possiamo dire che certamente non è miracoloso ma per molte persone rappresenta un utile strumento in più nella lotta contro Su Nemigu.

Ed all’orizzonte si affacciano già altre novità.

Nel 2015 è apparso negli USA una nuova formulazione di levodopa/carbidopa (per intenderci, Sinemet, Sirio, Stalevo) in capsula, IPX066. Il segreto di questo preparato sta proprio nella capsula che rende la disponibilità di farmaco più duraturo necessitando soltanto di tre, anziché delle solite quattro-sei somministrazioni giornaliere; ed anche di fronte a Stalevo uno studio comparativo avrebbe dimostrato che pazienti in terapia con IPX066 necessitavano di meno levodopa rispetto al gruppo che assumeva Stalevo.

Molto avanti sono gli studi di un nuovo inibitore enzimatico delle carbossimetiltransferasi, Opicon, che rispetto alle formulazioni attuali (Comtan, Tasmar, e contenuto anche in Stalevo) va assunto soltanto una volta al giorno; vantaggio principale è la riduzione dei blocchi motori.

In Giappone è in commercio un antagonista dei recettori dell’Adenosina A2α, Istradefyllin. Il blocco di questi recettori migliora il rallentamento motorio. Attualmente si sta lavorando ad un nuovo antagonista, Tozadenant, ed i primi risultati appaiono molto promettenti.

Mantadan è un noto farmaco antivirale, amantadina, utilizzato da decenni nel trattamento specialmente delle discinesie. Negli USA sono in corso ricerche per una formulazione a Rilascio Prolungato che consentirà un’unica somministrazione giornaliera rispetto alle due attuali.

Fin qua ciò che potremmo aspettarci per i prossimi venti mesi e che sicuramente contribuisce a migliorare le attuali strategie terapeutiche. Accanto a queste imminenti proposte farmacologiche proseguono ovviamente gli studi sulle cellule staminali e su farmaci in grado di neutralizzare l’accumulo anomalo di α-sinucleina, processo molecolare che sta alla base della malattia di Parkinson. Con queste ultime opzioni Gianni sarà sicuramente in grado di gestire suo figlio monello Park.

Kai Paulus

 

 

Fonte:

  • Reichmann H. Pharmakotherapie neurodegenerativer Erkrankungen. Neue Medikamente zur Behandlung des idiopathischen Parkinson-Syndroms. Neurologie & Psychiatrie, vol. 18(7-8), 2016

“LA MEDICINA MIGLIORE? L’influenza dell’attività fisica e della sedentarietà sulla malattia di Parkinson” (Pillola n. 9)


Recenti studi scientifici evidenziano come l’Attività Fisica abbia un effetto positivo e stimolante sui cosiddetti “Nuclei della base”, cioè quella parte del cervello che si ammala nel Parkinson. Secondo questi studi, durante l’attività aumentano i fattori di crescita neuronali (BDNF, GDNF) condizione necessaria per possibili effetti neurotrofici e di riparazione, vengono stimolati i meccanismi antiossidanti importanti per la eliminazione di tossine e residui del metabolismo cellulare, aumenta la sintesi di dopamina e l’attività dei trasportatori della dopamina e quindi incide direttamente sulla causa principale dei disturbi fisici cioè la carenza di dopamina, ed infine l’attività fisica diminuisce la eccessiva stimolazione glutamatergica, un importante sistema neuronale, alterato nel Parkinson e che sta alla base di alcune manifestazioni cliniche di difficile gestione farmacologica, quali le fluttuazioni e le discinesie. Gli autori sottolineano anche un altro fattore molto importante: la malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa, cioè comporta la graduale morte di cellule neuronali; invece, l’esercizio fisico contribuisce a ridurre l’apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata.

D’altra parte, la Sedentarietà può favorire l’insorgenza di una sindrome metabolica che, come noto, include diverse importanti malattie quali infiammazioni sistemiche e stress ossidativo dovuti a diabete, obesità, dislipidemia, e che può predisporre per malattie cardiovascolari, diabete mellito, insufficienza renale, ed anche per il Parkinson.
Quindi, la parola d’ordine per tutti è: Muoversi!

Ma questo lo sapevamo già. La novità è che, da un lato, la sedentarietà possa rappresentare uno dei tanti fattori che predispongono per la malattia di Parkinson e che possono peggiorarla durante il corso della malattia, e dall’altro lato, la confortante notizia scientificamente appurata che l’attività fisica protegge dal Parkinson come da tante altre malattie e che aiuta a combattere su nemigu.

Per attività fisica si intende il movimento in generale, come le passeggiate, il ballo, la fisioterapia (e qui in particolare la ginnastica, la musicoterapia, ed il training di antiche arti marziali giapponesi come Tai Chi e Q Gong), ma anche una vita quotidiana attiva, partecipata e dove anche il divertimento non deve mancare (vita familiare, amici, interessi, hobby, giardinaggio, ballo, teatro).

Come disse qualcuno: meditate, gente, meditate…

Kai Paulus

Fonti:
– LaHue SC, Comella CL, Tanner CM. The best Medicine? The Influence of Physical Activity and Inactivity on Parkinson’s Disease. Movement Disorders, vol. 31, n. 10, 2016
– Paillard T, Rolland Y, de Souto Barretto P. Protective effects of physical exercise in Alzheimer’s disease and Parkinson’s disease: a narrative review. Journal of Clinical Neurology, vol. 11, 2015


Fine della guerra, piccoli ricordi di Salvatore Faedda


Siamo nel 1946 e finalmente la guerra è finita! Anche se i miei ricordi sono un po’ vaghi, qualcosa è rimasto nella mente.
A Sassari le bombe avevano devastato parte della ferrovia lasciando intatto il resto della città.
All’epoca, chi era riuscito a conservare dei soldini poteva andare avanti ma chi non aveva niente come noi, doveva vivere alla giornata. Intanto la popolazione usciva sempre più spesso dai rifugi e per fronteggiare le prime difficoltà usufruiva di ciò che i nostri alleati americani distribuivano (sigarette, cioccolata, formaggini, latte in polvere e latte condensato); ho ancora un vago sapore di quel latte che, in quel tempo, deliziava il mio palato. I più bisognosi potevano beneficiare anche di coperte, vestiario, scarpe e tutto ciò che serviva al funzionamento della casa. Il ricordo più vivo che ho delle scarpe è che erano dotate di bollette, non quelle da pagare, ma chiodi che servivano a proteggere le suole delle scarpe.
Anche il comune di Sassari aveva messo a disposizione un tesserino che dava diritto ad un pasto caldo, preparato nei locali delle “Monache Cappuccine”.
La ripresa della scuola fu piuttosto difficile perché l’ignoranza la faceva da padrona soprattutto sui giovani che vivevano lontani dalla città. Era stata istituita anche la scuola notturna che consentiva, a chi di giorno lavorava, di poter acquisire quei pochi elementi per poter uscire dall’ignoranza totale.
Le insegnanti che si prestavano a quel tipo di lezioni, lo facevano più che volentieri perché consentiva loro di accumulare punteggio per l’assunzione definitiva.
Ricordo che per poter aiutare un’insegnante di nostra conoscenza, io e mio padre, con un altro gruppo di adulti già in possesso della licenza elementare, avevamo formato una classe di V^ e seguivamo le lezioni con grande interesse, anche se sotto forma di ripasso.
Al momento degli esami i componenti la commissione ci fecero i complimenti senza capire che il livello raggiunto era frutto di una piccola strategia da noi organizzata a fin di bene.
Intanto gli artigiani iniziavano ad assumere apprendisti e, se anche questi non venivano pagati…beh…che dire, è il solito ritornello che va ancora di moda.

Salvatore Faedda


 

La vigilia di Natale di Salvatore Faedda


Era la vigilia di Natale di tanti anni fa ed io, poco più che dodicenne, lavoravo in un negozio di mobili in Via Rosello. Verso le ore 19,00 un signore distinto entrò nel negozio per acquistare delle brandine chiudibili con relativi materassi, a patto che la consegna venisse effettuata quella sera stessa.
Ahimè!!! Avevo già capito tutto perché quella consegna a domicilio avrei dovuto farla io.
Rassegnato per l’incombenza affidatami, caricai le brandine sulla testa e mi incamminai per via Grazia Deledda presso la residenza dell’acquirente.
A stento raggiunsi l’ultimo palazzo, suonai il campanello e, passando tra due ali di persone in festa, scaricai le brandine in camera da letto.
A 60 anni di distanza sono in grado di ricordare ed eventualmente suonare quella musica che, in quella determinata situazione, aveva arrecato tanta tristezza nel mio cuore.
Erano circa le 22,00 quando ripresi la via del ritorno passando per il ponte di Rosello. La strada era bagnata, non dalla pioggia, ma dalle mie lacrime che scendevano copiose a causa della rabbia e dell’umiliazione subita in una giornata così importante…!!! Praticamente mi sentivo misero nella miseria più misera.

Salvatore Faedda