Volare si Può, Sognare si Deve!

Archivio mensile: Agosto 2015

Invito al teatro – La Compagnia Teatro Sassari

INGRESSO LIBERO

DOMENICA 30 AGOSTO – SASSARI, PIAZZA SANTA CATERINA  ORE 21:30

COMMEDIA IN VERNACOLO SASSARESE:

GAVINO OCCHIONI (NOTO CEGU A BALLA)

SABATO 5 SETTEMBRE – SASSARI, PIAZZA SANTA CATERINA  ORE 21:30

REPLICA

MERCOLEDÌ 16 SETTEMBRE -SASSARI, PIAZZA SANTA CATERINA  ORE 21:30

AUDACE COLPO AL BANCO DI SARDEGNA

DOMENICA 20 SETTEMBRE – SASSARI LOC. CANIGA  ORE 21:30

LA GANA DI LU CUZINERI

Dopamina sì, ma per favore senza glutine!

Tutti noi siamo tenuti a fare attenzione alla nostra alimentazione ed a rispettare le raccomandazioni dei nutrizionisti e dietologi. I nemici sono in agguato e pare che il loro esercito aumenti continuamente. Recentemente si è aggiunto ai vari colesterolo, grassi animali in generale, alimenti ogm, e zuccheri in eccesso, anche il glutine. Ed il grido di allarme è molto forte, tant’è vero che l’industria alimentare si sta già adeguando proponendo sempre più prodotti “gluten-free”. Secondo diversi fonti il glutine sarebbe responsabile, oltre che di specifiche intolleranze alimentari (celiacchia), anche dell’aumento di malattie importanti, cardiologici e neurodegenerative.

Facciamo un po’ di ordine e cerchiamo inanzittutto di capire che cosa è il glutine. Il glutine è una sostanza naturale che si forma con l’unione di due proteine, gliadina e glutenina, presenti nei cereali, in presenza di acqua durante la lavorazione della farina. Il glutine è importante nella produzione di pane e pasta perché conferisce al prodotto elasticità e coesione. Cito da Wikipedia: “…la qualità e la quantità di glutine presente in una farina è un importante indice per valutarne la qualità e l’attitudine alla panificazione.” La presenza di glutine impedisce alla pasta di diventare collosa durante la cottura. Quindi il glutine è sempre stato presente nella nostra alimentazione e serve in cucina per rendere molti prodotti più appetibili e comestibili. Allora perché l’attuale isteria?

L’allarme nasce dall’osservazione del crescente numero di persone affette da celiachia, cioè persone geneticamente predisposte ad una intolleranza al glutine. Tale crescità di casi viene erroneamente attribuito esclusiavamente al consumo di glutine al quale si conferisce un effetto tossico a prescindere dalla presenza di specifiche intolleranze. Si dimentica, però, che negli ultimi anni la medicina è diventata notevolmente più sensibile al problema delle intolleranze alimentari, e con essa è migliorato l’iter diagnostico; mentre prima una persona sfortunata doveva tenersi mal di pancia, diarrea cronica ed altri fenomeni digestivi con i conseguenti problemi del malassorbimento di diverse sostanze nutritive, oggi possono essere molto meglio diagnosticate e curate. Ed è questo uno dei principali motivi dell’apparente aumento di celiacchia.

Da questa malinterpretazione nasce verosimilmente il fenomeno sociale della caccia al glutine che viene eticchettato come veleno per la nostra salute. Vero è, invece, che una alimentazione eccessiva con prodotti senza glutine in persone non celiaci può esporre a rischi di una dieta poco varia e, soprattutto, all’ingestione di addittivi, quali E471 ed altri acidi grassi saturi di scarsa qualità, che l’industria utilizza per compensare la mancante funzione del glutine. A questo riguardo bisogna segnalare che l’industria alimentare negli ultimi anni ha utilizzato sempre più glutine per rendere pane e merendine più morbide, biscotti croccanti e pasta che non scuoce. Tocca anche a noi saper scegliere e preferire ogni tanto una carotta fresca per spuntino al posto della brioche.

Se volete la mia opinione, a parte la celiachia che va gestita da specialisti gastroenterologici e nutrizionali, la presenza di glutine non presenta un rischio per la nostra salute. Certamente, come per tutti gli alimenti, vale la regola della giusta misura: lo zucchero serve, ma il consumo di eccessive quantità può causare gravi danni. Lo stesso discorso vale per gli acidi grassi, il sale, ed addirittura vale anche per alcune vitamine.

pastaQuindi, sediamoci a tavola senza paura e gustiamoci la moltitudine di eccelenti pietanze che la cucina mediterranea ci sa regalare, accompagnate magari da un buon bicchiere di vino o di birra. Dieta sana, equilibrata e senza eccessi; e soprattutto dieta serena: il momento della tavola rappresenta anche un’importante cerimonia di socializzazione e che favorisce il benessere. Non facciamoci rovinare questi bei momenti da paure non giustificate. Buon appetito!

Kai S. Paulus

Pillola nr° 2: “Non posso star ferma”

Leggendo le varie storie e poesie pubblicate sul sito della nostra Parkinson Sassari è interessante osservare con quale dettaglio, chiarezza e naturalezza, vengono descritti i tanti sintomi della malattia di Parkinson. Quasi involontariamente viene presa in rassegna la completa semeiotica clinica della malattia, e tassello dopo tassello si sta formando una autentica enciclopedia del Parkinson. Pertanto il mio compito è piuttosto facilitato e mi sento come una guida attraverso le ricchezze letterarie create da voi. Questa volta vorrei soffermarmi sulla parola ‘discinesia’, cioè i movimenti involontari, irregolari ed incontrollabili. Ce ne parla Francesco Simula in “Giulietta”, pubblicata il 19 maggio 2015 sul nostro sito e che vi invito a rileggere. Il racconto del nostro amico Francesco prende spunto evidentemente da un incontro avvenuto durante una delle prove per la commedia teatrale “Romeo e Giulietta, 40 anni dopo” del nostro applauditissimo scrittore e sceneggiatore Francesco Enna. L’incontro avviene perché il Sig. Simula si sente “attratto da questa singolare rappresentazione” …

La discinesia è il movimento involontario di diversi segmenti del corpo (braccia, gambe, ecc.), irregolare e non controllabile, che, nella malattia di Parkinson, è causato fondamentalmente da due fattori. Il primo è la durata di malattia e di terapia dopaminergica; dopo tanti anni è possibile che si manifestino questi movimenti che necessitano di specifici accorgimenti terapeutici. Il secondo, molto più frequente, anche negli stadi non avanzati della patologia, è dovuto proprio alla terapia stessa, diciamo un eccesso di farmaco, il cosiddetto effetto “picco-dose”. La levodopa (Sirio, Madopar, Sinemet, Stalevo, Duodopa) serve per integrare la dopamina (che manca a causa della malattia), riduce il tremore e ‘scioglie’ i muscoli, cioè aiuta a muoversi meglio. Quando di levodopa ce n’è troppa i muscoli lavorano troppo e si osservano questi movimenti involontari accompagnati spesso anche da tachicardia ed agitazione. In questi casi lo specialista riduce il quantitativo di farmaco per diminuire la discinesia. Una terza causa si può riscontrare in situazioni di intenso stress emotivo: pur avendo la quantità di medicina giusta compaiono i movimenti involontari. Questo può accadere in seguito ad ansia, agitazione, preoccupazioni, litigi, problemi apparentemente non risolvibili ed andrà ovviamente affrontato in altro modo. Caratteristicamente lo stress emotivo può accentuare tutti i sintomi del Parkinson.

Ci sono poi altre patologie, quali le sindromi extrapiramidali iper-cinetiche (il Parkinson viene comunemente classificato tra quelle ipo-cinetiche) come la corea di Huntington, dove le discinesie, le coree appunto, rappresentano il sintomo clinico principale. Inoltre, le discinesie dette tardive si possono osservare come effetti collaterali di farmaci psichiatrici.

Francesco è rapito dalla bellezza della nostra Giulietta attrice, ed alla rappresentazione della commedia la protagonista indiscussa è lei. Giulietta è riuscita a trasformare il suo disagio in vantaggio.

Kai S. Paulus

Accò lu Parkinson – Ecco il Parkinson di Nino Fois (aprile 2011)


A vicciaia cappa verdhi

Aisittendi la festha

V’è la sorthi chi ti sestha

Un capottu nobu nobu

E tu pàbbaru che l’obu

Finzamenta li buttoni

Perdhi da li pantaroni

E t’acciappi a curu nudu

Più cottu chi no crudu

No era chistha la sorthi

A dui passi da la morthi

Pari cottu chena bì

Aggiummai no poi ficchì

E camini a ischòscia a ischòscia

Si no andi cu’ la froscia

Andi sempri bandiendi

Caggendi e no caggendi

E si caggi a cur’ a terra

Ti n’iffasci mezza perra

Lu resthu a l’althr’iffasciadda

Hai la cappa ma’ sisthadda

Ma no ti n’importha nienti

Li casciari cu’ li denti

Sei pirdhendi arreu arreu

Eu diggu avveru meu

Chi si sighi digussì

Aggiugnendi dugna dì

Un mari fattu a l’althru

Già v’arribi a lu disasthru

E fai disaccatu mannu

Che incugna a cabbidannu

Cuipa di la maraddia

Parkinson e cussì sia

Tèniddi lu chi no perdhi

A vicciàia cappa verdhi.

(Nino Fois, 1 marzo 2011)
A vecchiaia cappa verde

Mentre spetti la festa

C’è il destino che ti taglia

Un capotto nuovo nuovo

E tu molle come l’uovo

Persino i bottoni

Perdi dai pantaloni

E ti ritrovi a chiappe nude

Più cotto che crudo

Non aspettavi questa fortuna

A due passi dalla morte

Sembri ubriaco senza bere

A momenti non ti reggi

E cammini barcollando

Se non vai con la stampella

Cammini sempre sbandando

Cadendo e non cadendo

E se cadi a cul’ a terra

Ti rovini mezza parte

Il resto all’altra caduta

Hai la cappa maltagliata

Ma non t’interessa niente

I molari con i denti

Stai perendo ben bene

Io lo dico e son convinto

Che se continui così

Aggiungendo ogni giorno

Un male dopo l’altro

Già vi arrivi al disastro

E commetti danno grande

Abbondante come un buon raccolto

Tutta colpa del malanno

Parkinson e così sia

Tieniti ciò che non perdi

A vecchiaia cappa verde.

 

 

A lu cori meiu isthràccu di Nino Fois (aprile 2011)


Abà tu puru

Ti sei posthu in piggia

A dammi prinetti e pensamenti …

E l’althri no basthàbani

Li venti chi m’àni arressu

I lu mèglio andà?! …

Già lu soggu

Chi sei vecciareddu

E poi abè gana di pasati …

… Un còipu di remmi

A arrimiggiàti già bastharìsthia

Ajò, chi si po’ fa.

Voga cun fòzza

Cu’ la prua a mari,

mi’, no è ora di tirà in terra:

dubìmmu cumbattì

l’ulthima gherra, si vi ridèsci,

un poggu a poi agguantà?

E’ di dì mannu ancora:

v’è lu sori lampendi luzi a manu piena …

no v’è una nui i’ l’aria sirena,

a l’aibbori di la sera arribi abà.

Abà ch’abemmu un poggu di pazi

La barca dammi tempu

D’assummanni,

dàgammi catinà tutti l’affanni

e vughemmu,

vughemmu a arrimiggià.
Ora anche tu

Ti sei dato da fare

A darmi preoccupazioni e inquietudine

O, forse, non bastavano

Gli altri venti che mi hanno fermato

Nel migliore andare?! …

Lo so

Sei sei vecchietto

E puoi aver voglia di riposare …

… Un colpo di remi

Per ormeggiarti basterebbe,

suvvia, che si può fare.

Voga con forza

Con la prua a mare,

bada, non è tempo di tirare a secco:

dobbiamo combattere

l’ultima guerra, se ci riesci,

puoi resistere un altro po’?

E’ giorno pieno ancora …

C’è il sole spargendo luce a piene mani …

Non v’è una nube nel ciel sereno

Giungi ora al crepuscolo vespertino.

Ora che abbiamo un po’ di quiete

Dammi il tempo

Di rimettere in ordine la barca,

lasciami svuotare tutti gli affanni e voghiamo,

voghiamo fino all’ormeggio.

 

 

 

La poesia – premessa di Nino Fois

 

La poesia, sia essa lirica, satirica, giocosa o ridanciana, ma addirittura anche epica, dice sempre la verità perché esprime i moti dell’anima di chi scrive e, se è veramente poesia, fa diventare protagonista il fruitore.

E, poiché i moti dell’anima sono molteplici, varia è l’espressione poetica anche quando nasce dalla stessa penna.

Superati i settanta anni io, che non avevo avuto alcun disturbo di salute, ho cominciato ad accusare qualche “affanno”. Ho iniziato coi dolori alle ginocchia, è sopraggiunta la fibrillazione atriale che mi ha obbligato alla terapia anticoagulante e, quindi mi sono imparentato col Parkinson per merito di una vascolopatia.

Ovviamente ho dovuto far ricorso alla scienza medica ma mi sono rivolto anche alla mia amica “Musa” la quale è intervenuta immediatamente o facendomi sdrammatizzare il mio stato di ammalato o dandomi il coraggio di reagire fino a chiedere al mio cuore stanco di resistere e continuare a vagare anche se il mare è di prua, fino a raggiungere l’ormeggio solo quando e dove il ‘Padrone’ della barca ha stabilito.

Sono nati così, questi poveri versi che mi permetto di chiamare poesie, appunto per un senso ottimistico di vedere le cose.

Ed è proprio per questo senso ottimistico che ci si sente poeti anche se non lo siamo, e sani anche se ammalati.

Quando mi chiedono: “come stai?”, rispondo, “Bene”, per non far star male l’interlocutore e me stesso poiché, se rispondessi, le cose non cambierebbero.

Nino Fois

 

Buon Ferragosto dall’Associazione Parkinson Sassari

Candelieri di G_Porcu

Veduta interna della Chiesa di S. Maria a Sassari con i 10 candelieri che partecipano alla “Faradda” del 14 agosto – fotografia di Giovanni Porcu


 


La Discesa dei candelieri (in sassarese Faradda di li candareri o solo Faradda) è una festa che si tiene a Sassari la sera precedente alla festa della Madonna Assunta (ferragosto) ed è la processione religiosa più calorosa e più sentita dalla popolazione. Tutto un intero anno di attività religiosa della città, con processioni in onore dei patroni dei vari gremi, culmina con il 14 agosto.

Consiste in una processione danzante di grandi colonne di legno, ceri simbolici, detti “candelieri” (li candareri), che si svolge lungo il Corso Vittorio Emanuele II fino a Porta Sant’Antonio e dal Corso Francesco Vico fino ad’arrivare alla chiesa di Santa Maria di Betlem.

È chiamata anche Festha manna, ovvero “Gran festa” e, secondo la tradizione, deriva da un voto fatto alla Madonna Assunta, che avrebbe salvato la città dalla peste.

Ebbe un periodo di crisi tra la fine del XIX secolo e gli inizi del Novecento, ma attualmente è seguita da circa 100.000 persone, che giungono a Sassari anche dall’estero.

La festa rientra nella Rete delle grandi macchine a spalla italiane, dal 2013 inserita nel Patrimonio orale e immateriale dell’umanità dell’UNESCO.


Clicca qui per vedere la discesa dei candelieri 2015


Pillola nr° 1: L’eccessiva salivazione

Per inaugurare questa nuova rubrica ho scelto un mio commento alla poesia del nostro amico Salvatore Faedda Lu muccaroru pubblicato il 14 giugno 2015 sul nostro sito e che vi invito a leggere, perché è difficile trovare descrizioni più appropriate per uno dei maggiori disagi del Parkinson, per di più propostaci in limba (con allegata traduzione).

Quando ero studente, mi ricordo le lezioni di Prof. Giulio Rosati, l’allora direttore della nostra Clinica Neurologica, quando ci parlava della malattia di Parkinson. Lui era bravissimo a simulare i sintomi delle varie malattie neurologiche. Anche per chi non aveva tanta voglia di studiare, quelle lezioni erano un ‘must’ per tutti e non se le perdeva nessuno. Durante una delle sue lezioni dedicate alla malattia di Parkinson, a tutti noi giovani apprendisti stupì il gesto del nostro maestro quando ad un tratto tirò fuori il fazzoletto per asciugarsi gli angoli della bocca. Ecco il Parkinson, disse. Ma come, commentammo sorpresi, non era il tremore?

La scialorrea, l’eccesso di saliva, può rappresentare uno dei primi sintomi della malattia. In realtà, non è dovuta ad una eccessiva produzione di saliva, ma all’alterazione del fisiologico riflesso di inghiottire la saliva a causa di una alterata funzione dei muscoli deputati alla deglutizione. Quindi la saliva viene prodotta normalmente, ma si accumula inducendo la necessità ad usare “lu muccaroru”.

Kai S. Paulus

Pillole sul Parkinson

Questa nuova rubrica vuole dare spazio a brevi chiarimenti, illustrazioni e spiegazioni di molte manifestazioni e sintomi della malattia e tradurre in termini semplici le espressioni mediche, magari sentite e lette da qualche parte che però non ci sono famigliari, quali scialorrea, acinesia, ipertono rigido, festinazione, discinesia, ecc.

La rubrica, come anche tutte le altre del nostro sito, è aperta a suggerimenti, commenti e domande.

ANNO NUOVO (Avventure nuove) di Salvatore Faedda

Normalmente l’ultimo giorno dell’anno veniva sempre festeggiato a casa perché così anche i nostri genitori potevano stare con noi. Dopo la loro dipartita, però, abbiamo deciso di modificare le nostre abitudini e di passare le feste in maniera diversa in qualche locale dell’isola. Per questa decisione, oltre alla voglia di cambiare, ha influito molto il limite imposto dal condominio che, oltre un certo orario, non permetteva di fare chiasso.
In coincidenza della fine del secolo scorso, insieme a tutta la compagnia, decidiamo di aspettare l’anno 2000 a “Chia”, sito bellissimo della Sardegna a pochi chilometri da Cagliari. Il posto scelto non è stato del tutto casuale perché mio cognato, che all’epoca lavorava ancora, era stato destinato a Cagliari in reperibilità, per essere prontamente disponibile a dare assistenza ai computer che, all’epoca, non erano stati elaborati in previsione del nuovo secolo.
Poiché il 31 dicembre, pur essendo l’ultimo dell’anno io e Giuseppe abbiamo lavorato sino alle prime ore del pomeriggio, decidiamo di partire per Chia verso le ore 16,00 e siccome il tempo stringeva e i chilometri da macinare erano più di 250 partiamo senza che io abbia fatto la doccia, riservandomi di sistemarmi e rilassarmi in albergo.
Al momento dell’arrivo, una volta parcheggiata l’auto, ci dirigiamo verso la reception per il ritiro delle chiavi e per sistemare i bagagli nelle stanze che ci avevano assegnato.
Appena arrivato in camera prendo possesso del bagno, mi rado con particolare attenzione e, subito dopo, mi infilo sotto la doccia, faccio scendere l’acqua, mi insapono e quando sto per risciacquarmi, ecco che manca l’acqua!!! Porca miseria dico io…e adesso come faccio????
Per fortuna avevamo con noi una bottiglia d’acqua minerale, per giunta gassata, e con quella ho ripulito le parti spumeggianti del mio corpo.
Subito dopo ci prepariamo e, con il resto della compagnia, scendiamo nella sala antistante il ristorante per un aperitivo prima del grande cenone. Ahi noi….l’aperitivo era già terminato e noi ci siamo dovuti accontentare di qualche sporadica patatina sparpagliata sul tavolo.
Alle ventuno esatte ci fanno accomodare in una grande veranda coperta. Il nostro tavolo è sistemato accanto ad una stufa a gas per esterni ed il tepore che emana ci gratifica degli spiacevoli inconvenienti precedenti.
Mentre aspettiamo l’antipasto, un ragazzo del tavolo accanto si alza, prende la stufa quasi di prepotenza e si lamenta dicendo che anche loro hanno tutto il diritto a riscaldarsi. Noi che non abbiamo voglia di bisticciare, lasciamo fare anche perché, nel frattempo, è arrivato l’antipasto. Antipasto???….ma quale antipasto!!!! due fette di prosciutto, due di salsiccia e tre olive a testa. Aspettiamo il primo che arriva dopo circa un’ora. Ne vogliamo parlare? Non ci abbiamo capito nulla; ha la forma di un diplomatico, è freddo e poco desiderabile. E così anche il primo….è andato!
Per fortuna ci rimane il secondo…naturalmente con molta calma. Il menù esposto in bellavista sulla tavola ci propone “aragosta allo specchio”. Già il nome è tutto un programma; praticamente si tratta dell’involucro dell’aragosta riempita con una gustosissima….insalata russa….tutto qui!!!
E pensare che abbiamo portato anche il “Diger” in previsione di una probabile indigestione.
Nel frattempo ci viene restituita la stufa….spenta e priva di gas! A che pro?
Intanto il tempo passa fra delusioni e malumori quando, ad un certo punto, si sente a gran voce che nel padiglione centrale del ristorante, vengono servite lenticchie con zampone e musica a go-go….ma vaffan….!!! Andiamo via un po’ delusi ma con tanta voglia di rifarci il giorno dopo.
La colazione del giorno successivo ci trova tutti d’accordo e soddisfatti (secondo me è solo fame).
Subito dopo colazione ci raggiungono due nostri amici, che vivono nei pressi di Chia, e ci portano a scoprire le meraviglie di quei luoghi.
Rientriamo per l’ora di pranzo, ci accomodiamo nel tavolo a noi riservato e attendiamo con impazienza che ci vengano serviti gli antipasti.
Nel frattempo chiacchieriamo del più e del meno, senza mai perdere di vista i camerieri che si muovono in continuazione….senza però servire.
Il tempo passa e i piatti sono sempre vuoti. Cerchiamo di scrutare i volti degli altri commensali per capire le loro reazioni ma, anche le loro espressioni sono alquanto dubbiose.
Ad un tratto si sente il gracchiare di un altoparlante e, subito dopo, una voce alquanto imbarazzata comunica che il pranzo di capodanno non sarà servito perché i NAS hanno invaso e bloccato le cucine.
Oh Dio mio…e adesso come facciamo???? Giuseppe, che deve rientrare al lavoro quella stessa sera, è disperato e comincia a girovagare per la sala pranzo; finalmente trova una scatoletta di tonno che manda giù con avidità accompagnandola con del pane che è rimasto in tavola.
Intanto nella hall, dopo lunghe proteste, i clienti vengono rimborsati dei loro soldini. A noi, invece, che dobbiamo stare lì ancora qualche giorno, ci viene assicurato un ottimo trattamento anche perché, poco più in la, avevano un altro locale adibito a cucina e che avrebbe funzionato senza l’ombra dei NAS.
Ad onor del vero, i giorni successivi allo spiacevole inconveniente, siamo stati trattati benissimo perché ci hanno fatto gustare piatti eccellenti e prelibati.
Ovviamente per noi, l’inizio dell’anno 2000 verrà sempre ricordato come l’anno degli inconvenienti più eclatanti.
Salvatore Faedda