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Archivio mensile: Luglio 2015

Il Divertimento come fonte di Dopamina parte II

 IL DIVERTIMENTO COME FONTE DI DOPAMINA parte II

Strategie di riabilitazione non convenzionale nella malattia di Parkinson

di Kai S. Paulus 

(seguito di Il Divertimento come fonte di Dopamina)

Ciò che segue è probabilmente il capitolo più noioso dei quattro, però serve per introdurre il decorso naturale del Parkinson senza terapia, e quindi il significato delle terapie farmacologica e non farmacologica. 

La Malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa cronica e progressiva che colpisce principalmente una piccola rete di cellule nervose al centro del cervello, le vie dopaminergiche nigrostriatali deputate alla selezione e modulazione della corretta sequenza di movimenti; successivamente vengono alterati diversi circuiti neuronali che portano ad un quadro clinico caratterizzato inizialmente da sintomi motori quali tremore, rigidità, instabilità posturale, rallentamento motorio, e che durante la malattia possono trovarsi variamente associati a sintomi non motori, soprattutto dolori, insonnia, fatica, ansia e depressione, fino a problematiche psichiatriche costituite da turbe del controllo degli impulsi, allucinazioni e psicosi. Questi sintomi possono presentarsi in varie combinazioni ed a severità crescenti con la durata di malattia. I sintomi che caratteristicamente causano maggiori disagi nella Malattia di Parkinson sono quelli motori, per i quali con l’avanzare della malattia saranno necessari presidi per la postura e per la deambulazione in quanto l’ammalato non sarà più in grado di spostarsi autonomamente esponendosi sempre di più a rischi di cadute.

Per la malattia di Parkinson attualmente non esiste ancora una cura risolutiva e guarigione; per questo, l’obiettivo principale della neurologia è di gestire la patologia e l’ammalato, di alleviare i disagi, di conservare le autonomie individuali, e di cercare vie per modificare il corso della patologia per prevenire quadri clinici complessi e difficili. Il Parkinson viene tradizionalmente curato con trattamenti farmacologici; essendo essa una patologia a deplezione di dopamina, la principale cura è costituita dalla terapia sostitutiva somministrando il precursore della dopamina, la levodopa. Oltre alla levodopa ci sono altri farmaci che agiscono similmente alla dopamina, i cosiddetti dopaminoagonisti, e sostanze che aiutano a risparmiare dopamina, gli inibitori enzimatici delle MAO e COMT. Per gli stadi più avanzati di malattia, quando l’assunzione orale dei farmaci diventa difficile, ci sono le pompe di infusione di farmaco per via sottocutanea (apomorfina) oppure tramite PEG (duodopa); per casi complicati e selezionati si presta la stimolazione cerebrale profonda (DBS, deep brain stimulation). Paradossalmente, molti farmaci, e soprattutto la levodopa, possono provocare loro stessi un peggioramento della malattia, e pertanto con il corretto utilizzo dei farmaci da parte degli specialisti si possono evitare le complicazioni farmacologiche e conservare discrete qualità di vita.

Ma la sola terapia farmacologica e chirurgica non è sufficiente per gestire la malattia di Parkinson. Di fondamentale importanza è la riabilitazione neuromotoria; con gli esercizi si cerca di migliorare la postura, i cambi posturali e la deambulazione, e si rieducano gli automatismi motori, alterati a causa della malattia. Spesso le persone hanno difficoltà nei comuni atti quotidiani ed allora può essere d’aiuto la terapia occupazionale. Importante diventa il supporto psicologico per l’ammalato che a causa del rallentamento motorio e della crescente disabilità rischia di perdere il suo ruolo familiare e sociale, ma essenziale è il sostegno psicologico anche per il familiare che si trova davanti un carico assistenziale continuamente in aumento. Proprio per aiutare il parkinsoniano a riconquistarsi il suo ruolo nella vita quotidiana, possono diventare determinanti la ginnastica di gruppo dove ci si sprona a vicenda, e la teatro terapia, recentemente inserita nelle linee guida del Ministero della Sanità per le cure della malattia di Parkinson, nella quale l’ammalato torna ad essere protagonista ritrovando stimoli e responsabilità. Significativi sono, a questo proposito, i risultati della ricerca di Nicola Modugno e collaboratori (2010) che hanno osservato in un gruppo di pazienti parkinsoniani coinvolti in un laboratorio teatrale per tre anni un miglioramento di punteggio nelle scale di valutazione motorie e non motorie, e la non necessità di aumenti di terapie, rispetto ad un gruppo parkinsoniano in trattamento riabilitativo tradizionale. Questi approcci terapeutici possiedono in aggiunta il vantaggio di poter offrire agli interessati il divertimento, elemento fondamentale nelle terapie complementari, stando insieme ad altre persone con gli stessi problemi, si sdrammatizza, e si ride, il che conferisce una enorme carica psicologica ed emotiva e che supporta i progressi del lavoro fisico.

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Fino a qui lo stato dell’arte della terapia del Parkinson. Nel prossimo capitolo cercheremo di capire che cosa succede nel nostro cervello quando ci divertiamo, quando balliamo, recitiamo “Romeo e Giulietta: 40 anni dopo” oppure quando ascoltiamo musica.

(segue con Il Divertimento come fonte di Dopamina parte III)

27 giugno 2015 di Piero Faedda

Per chi non mi conosce, mi presento, Piero Faedda faccio parte dell’Associazione Parkinson come socio fondatore ed economo nel direttivo. Sono molto contento di far parte di questa Associazione, anche se ahimè  anche io faccio parte di questa grande famiglia di parkinsoniani da qualque anno. Quest’anno è stato molto importante per l’Associazione,  perché abbiamo realizzato tanto in base al programma: vedi la fisioterapia e teatroterapia, abbiamo fatto, in prospettiva per il prossimo anno, un piccolo assaggio di balloterapia e sono sicuro che ci divertiremo tanto. Poi, cosa molto importante per tutti noi pazienti, parenti e medico, la grande soddisfazione di aver organizzato la GIORNATA SASSARESE, NAZIONALE e per finire la MONDIALE. Pensate, tutto questo senza avere uno “straccio” di sede, per questo , dobbiamo ringraziare tutti noi ad iniziare dal Dott. kai Paulus e finire con l’ultimo tesserato, perché in queste “GIORNATE”, abbiamo ricevuto tanto dagli ospiti invitati dal Dott. Kai pero’ anche noi con le nostre domande penso che siamo stati bravi, rinfresco a parte, perchè li i mondiali siamo stati noi.
Un saluto a tutti arrivederci a settembre, ciao ciao. HOPS, scusate, tanto ho iniziato scrivendo 27 giugno 2015, non ricordo bene cosa è sucesso, ho guardato il nostro sito ed ho trovato delle bellissime foto. Di nuovo ciao ciao a settembre.

Un Viaggio…(fuori dal normale) di Salvatore Faedda

Quando una nostra amica ci ha chiesto di accompagnarla nel nord Italia per una visita particolare, io e mia moglie non abbiamo avuto alcuna esitazione per via dell’amicizia che ci lega. Per noi l’amicizia è una cosa seria che non ha bisogno di chiedersi né perché né per come, per cui ci siamo subito buttati a capofitto per vedere cosa fare.

Per prima cosa abbiamo cercato di far coincidere il giorno della visita con il volo aereo di andata e ritorno (questa è la prima difficoltà che noi isolani incontriamo e che ci fa sentire esclusi dall’Italia).
Il caso ha voluto che a circa 100 km dall’Istituto oncologico europeo, vivono alcuni nostri amici ai quali ci siamo rivolti per avere assistenza e ospitalità. (Dicono che noi sardi siamo ospitali per antonomasia ma vi assicuro che i nostri amici di Oleggio sono i migliori della terra).
Come abbiamo telefonato ai nostri amici Fusè-Paracchini (scrivo nomi e cognomi perché tutti sappiano ciò che hanno fatto) si sono prodigati per far si che il nostro impegno andasse in porto.
La sera prima della visita programmata, Giuseppe e Tina sono venuti a prenderci all’aeroporto di Orio al Serio di Bergamo, affrontando un viaggio di circa 200 km (andata e ritorno) in un orario abbastanza insolito.
Dopo una serie di saluti con cartelloni particolari, abbracci e baci, ci portano a casa loro dove ci attendono Angela, Luciana e consorte, Marco e Vera, cane e gatti…tutti ansiosi di conoscere la nuova ospite.
Il giorno successivo, dopo una levataccia doverosa, ci mettiamo in viaggio alla volta di Milano e con alla guida il nostro amico Giuseppe che, per arrivare puntuali all’appuntamento allo I.E.O., guida la macchina al limite della norma.
Dopo aver parcheggiato ci presentiamo all’ingresso principale e la nostra amica Jole fa vedere i documenti alla persona addetta all’accettazione che l’accoglie con un grande sorriso. Con un sistema automatico di numeri, l’addetta alla reception consegna i numeri relativi ai suoi appuntamenti con le indicazioni di locazione.
Tutta un’altra realtà!!! Io che ho diverse patologie, ho potuto valutare le differenze tra i nostri ospedali e quello dove ci troviamo. Da noi, quando vai a fare delle visite, solitamente le macchinette elimina code non funzionano e quindi ti vedi costretto a chiedere “chi è l’ultimo” e ricordare quello che arriva dopo.

Sono un grande osservatore e seguo tutto ciò che mi circonda per cui sarei anche in grado di farvi conoscere tante disavventure che mi sono capitate ma, oggi, il problema che ci interessa sono le visite che la nostra amica deve affrontare. Mentre aspettiamo, con qualche piccolo stratagemma cerco di distrarla per smorzare l’ansia che si fa sempre più tangibile.
Dopo un’intera mattinata fra visite e pause, finalmente lei e Anna escono dall’ultima visita con il viso sorridente e rilassato. Subito la tempestiamo di baci e abbracci con qualche lacrima di gioia. Io, poi, che in questo periodo viaggio con le lacrime in tasca, mi allontano con la scusa del bagno per lavare il viso e riportarlo alla normalità.
Mentre usciamo per riprendere la via del ritorno, nonostante la contentezza per le buone notizie avute, davanti ai miei occhi c’è un susseguirsi di persone che, con una radiografia in mano, aspettano il loro turno con gli occhi spenti, fissi su un tabellone che riporta il tempo d’attesa prima della sentenza finale.
Durante il viaggio Giuseppe si mette in contatto con Tina per preparare il pranzo all’ora giusta d’arrivo.
La distanza è tanta perciò, inevitabilmente, mi soffermo a riflettere sulla sfortuna che può capitare a ciascuno di noi e, allo stesso tempo, penso alla grande disponibilità dei nostri amici di Oleggio ai quali va tutto il nostro affetto. Ora siamo qui che aspettiamo con impazienza l’esito degli esami di Giuseppe per poterli avere con noi al grande evento della “Cavalcata Sarda”.

Salvatore Faedda